mercoledì 31 gennaio 2024
Secondo notizie d'agenzia non in tutti i casi i ragazzi sarebbero stati sottoposti al percorso psicologico preventivo. Ma 12 società scientifiche motivano l'uso dei farmaci: prevengono il suicidio
L'ingresso dell'ospedale Careggi

L'ingresso dell'ospedale Careggi - Ansa

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Tutti i percorsi per la cosiddetta “affermazione di genere”, la terapia cioè indispensabile per accertare che il disagio avvertito da un/una adolescente a proposito della sua identità di genere, debba essere considerato disforia o incongruenza, non possono fare a meno di un lungo e accurato accompagnamento psicologico. Lo richiede la legge e lo impone la deontologia professionale degli esperti – psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, endocrinologi, ecc – che si occupano di questo delicatissimo versante.

Per questo desta molta sorpresa la notizia diffusa poco fa dall’agenzia Ansa secondo cui “non in tutti i casi di disforia di genere pediatrici trattati all'ospedale Careggi di Firenze sarebbe stato effettuato il percorso preliminare indicato di psicoterapia prima della somministrazione del farmaco triptorelina”. Secondo l’Ansa si tratterebbe dei primi dati relativi all'audit effettuato dal team di esperti del ministero della Salute nell'ospedale fiorentino il 24 e 25 gennaio scorsi. Gravissimo, se davvero fosse così. Ma alcuni esperti da noi raggiunti hanno definito "quasi impossibile un comportamento simile, anche alla luce della grande attenzione che esiste per la sofferenza di questi giovanissimi". In ogni caso la complessità del problema e l’estrema varietà dei casi impongono la sospensione del giudizio, almeno finché le risultanze non saranno definitive e motivate.

E di quanta confusione ci sia a proposito di disforia, psicoterapia e farmaci eventualmente utilizzati per accompagnare le situazioni più problematiche – che esistono e, come abbiano documentato, riguarderebbero nel 75% dei casi adolescenti tra i 12 e 15 anni - lo attesta anche la nota congiunta diffusa da 12 società scientifiche. La triptorelina – si legge nel testo - è un bloccante transitorio e reversibile della pubertà, è un farmaco salva-vita nei giovanissimi transgender e gender diverse, prescritto solo dopo attenta valutazione multiprofessionale, il cui scopo non è né castrare chimicamente e definitivamente, né modificare orientamento e identità sessuale, ma dare tempo ai giovani sofferenti e alle famiglie di fare scelte ponderate e mature, impedendo stigma sociale, autolesionismi e suicidi”. Adolescenti transgender e gender diverse (Tgd) – si chiarisce ancora – sono coloro che hanno un'identità di genere non conforme al sesso assegnato alla nascita. «Le persone adolescenti transgender – spiegano gli esperti - possono provare una intensa sofferenza causa della loro incongruenza di genere, sia psicologica che fisica Per ridurre un disagio psicologico e fisico, oltre a guadagnare tempo e dare la possibilità all'adolescente stesso di esplorare ulteriormente il proprio percorso di affermazione di genere, è stato proposto da alcuni anni l'uso di farmaci come gli analoghi del GnRH (GnRHa) – appunto la triptorelina, ndr - che hanno lo scopo di sospendere temporaneamente la progressione delle modificazioni puberali e sono impiegati da molto tempo nella terapia della pubertà precoce».

La prescrizione del GnRHa, triptorelina, avviene secondo quanto già previsto dalla Determina AIFA n. 21756/2019 del 25 febbraio 2019 che prevede che la prescrizione avvenga solo dopo attenta valutazione multiprofessionale, con il contributo di una équipe multidisciplinare e specialistica, composta da neuropsichiatri dell'infanzia e dell'adolescenza, psicologi dell'età evolutiva, bioeticisti ed endocrinologici.- si legge ancora nella nota.

«L'assenso fornito dall'adolescente e il consenso informato fornito dai genitori o da altri tutori secondo le normative attuali inerenti ai soggetti minorenni è richiesto dalla Determina Aifa, pertanto i genitori sono sempre parte attiva del processo decisionale relativamente alla terapia» aggiunge la nota, firmata dall'Associazione Culturale Pediatri (ACP), Associazione Italiana della Tiroide (AIT), Associazione Medici Endocrinologi (AME), Osservatorio Italiano di Identità di Genere (ONIG), Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (SIAMS), Società Italiana di Diabetologia (SID), Società Italiana di Endocrinologia (SIE), Società Italiana di Pediatria Endocrinologia e Diabetologia (SIEDP), Società Italiana Genere identità e Salute (SIGIS), Società Italiana di Medicina dell'Adolescenza (SIMA), Società Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza (SINPIA-sezione di Psichiatria), Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS).

«Purtroppo, in questi ultimi mesi stiamo assistendo alla diffusione di informazioni errate dal punto di vista scientifico e fuorvianti su tale importantissima e serissima problematica, con l'utilizzo di un linguaggio inappropriato che nulla ha a che vedere con la reale funzione di questo tipo di terapia che non ha certo lo scopo di far cambiare sesso ai bambini - proseguono le società scientifiche - ma ha il serissimo scopo di evitare conseguenze negative sul benessere psicologico e fisico sia a breve che a lungo termine di una popolazione particolarmente fragile e vulnerabile. Infatti, dai dati della letteratura scientifica si evince che fino al 40% dei giovani TGD tenta il suicidio e che la terapia con triptorelina riduce del 70% questa possibilità. La terapia con triptorelina è indicata proprio nei casi in cui il rischio per la salute psicofisica dell'adolescente è significativo».

Sul caso era arrivato nei giorni scorsi anche un appello di 80 femministe e aderenti all’Arcilesbica in cui si chiedeva lo stop all’utilizzo dei farmaci per gli adolescenti nei casi di disforia di genere: “Come femministe e persone lgbt, osserviamo che le attuali polemiche sull’operato dell’Ospedale Careggi di Firenze dove si somministrano i bloccanti della pubertà anche a minori di undici anni, che si affacciano all’adolescenza e non hanno esperienza della sessualità né piena consapevolezza della distinzione tra fantasia e realtà, propongono con forza la necessità di aprire un serio dibattito su queste pratiche mediche i cui effetti nocivi sulla salute a medio e lungo termine sono per ora sconosciuti. Nel dichiarare la nostra contrarietà all’utilizzo di farmaci che intervengono sull’equilibrio psico fisico dei bambini – si leggeva nel testo - chiediamo al ministero della Salute, all’Aifa, al Comitato Etico nazionale, di procedere a un controllo puntuale su tutte le strutture che operano in questo campo; è inoltre necessaria una stringente verifica dell’attuazione degli attuali protocolli, che sembrano esser stati violati, così come risulta da diversi articoli apparsi sulla stampa, e non smentiti”. In conclusione, si ricordava quanto sta “avvenendo in diversi Paesi europei, che hanno fermato la somministrazione, e messo in discussione il semplice consenso affermativo dei minori”. Da qui la richiesta di vietare la somministrazione dei farmaci bloccanti “anche in una logica di cautela e tutela dei minori”.

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