martedì 1 luglio 2025
Sette mesi trascorsi accanto alla figlia nel reparto per la cura delle cerebrolesioni. È la lettera di un padre che ringrazia medici e infermieri de “La Nostra Famiglia” di Bosisio Parini
“Dal coma a un futuro dignitoso. La nostra Cate ha vinto”
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La Nostra Famiglia di Bosisio Parini - 28 sedi in Italia, più di 23mila bambini accolti, 2.345 operatori - ha presentato il suo Bilancio di Missione, che fotografa un anno di attività, dati e risultati ma soprattutto, al di là dei numeri, racconta quell’arte della cura e del bene che accompagna bambini, ragazzi, giovani adulti e famiglie segnate dalla disabilità e dalle difficoltà dello sviluppo. In particolare, sono stati 3.813 i piccoli e i giovani ricoverati presso le Unità Operative Cliniche per malattie neurologiche e neuromotorie, per disturbi cognitivi o neuropsicologici, per disturbi emozionali o psicosi infantili, oppure perché hanno perso funzioni e competenze in seguito a traumi cerebrali o a patologie del sistema nervoso centrale. Per quanto riguarda la ricerca scientifica nel 2024 sono stati realizzati 160 progetti, i cui risultati sono stati oggetto di 149 pubblicazioni su riviste indicizzate, con una partecipazione dell’Irccs Eugenio Medea – sezione scientifica dell’Associazione - alle maggiori reti nazionali e internazionali.

Ma al di là dei numeri la missione della Nostra Famiglia trova riscontro nei questionari proposti ai genitori, che registrano un elevato grado di soddisfazione circa i servizi offerti (96%) e l’accoglienza ricevuta (97%), e che prende vita nelle parole di un padre, la cui figlia è stata ricoverata nell’Unità Operativa Clinica di riabilitazione per le cerebrolesioni acquisite di Bosisio Parini (Lc). Qui sotto la lettera che il padre ha indirizzato a Sandra Strazzer, responsabile dell'unità operativa per le cerebrolesioni acquisite.

Carissima dott.ssa Strazzer,

dopo sette lunghissimi mesi nostra figlia tornerà a casa e noi potremo finalmente riunire la nostra famiglia… quella “piccola”. Abbiamo passato un pezzo di vita a Bosisio; forse, per deformazione professionale, ci viene spontaneo fare un bilancio. Sui progressi medici di nostra figlia, non le dico niente che non sappia già. Vi abbiamo consegnato, nel lontano dicembre, una ragazza appena uscita dal coma, che non parlava, non mangiava, muoveva a malapena un braccio e una gamba, con un po’ di tubi attaccati. Ci riportiamo a casa “la nostra Cate”, con il suo bastone e la sua carrozza; traballante, ma connessa, consapevoli di avere davanti a noi un cammino ancora impegnativo, lungo e in salita, ma carichi di speranza per un futuro dignitoso.

Scriviamo a Lei per due ragioni: la prima è perché è “il capo”. Chi guida la barca, ha la responsabilità ma anche il diritto di sapere cosa ne pensano i passeggeri; la seconda è perché vogliamo dire grazie a tutti! Medici, infermieri, Oss, riabilitatori, personale tutto che circola per il reparto. Siamo certi che dimenticheremmo qualcuno, mentre siamo sicuri che Lei troverà il modo di condividere questi nostri pensieri con la sua squadra. Potremmo raccontarle centinaia di episodi per cui vi siete presi cura della cosa più preziosa per un genitore, un figlio.

Fin dal primo momento in cui siamo arrivati, stravolti, spaesati, terribilmente preoccupati per il presente e il futuro, a pezzi insomma, tutti hanno chiamato nostra figlia per nome! Non è mai stata la paziente tutta rotta della stanza 8, ma per tutti, da subito, è stata la Cate! Potrei dirle di una delle prime notti in cui Cate si stava svegliando e voleva strapparsi tutti i fili e i tubi che aveva attaccato e come Gabri e Cristian siano venuti almeno cinquanta volte a controllarla, senza mai fare una piega. Sapevano cosa e come farlo. Al mattino, dopo la notte in bianco per tutti, ricordo di aver chiamato la mamma e di averle raccontato la notte terribile dicendole: “stanotte gli infermieri si sono guadagnati la pagnotta con tua figlia”. In realtà mi ci è voluto poco per capire che non era solo un discorso di “pagnotta”, ma c’era qualcos’altro: umanità, dedizione, comprensione del dolore del malato e di chi gli sta vicino, Cura insomma, ma con la C maiuscola, con Umanità, con Cuore.

Mi è rimasta impressa la delicatezza con cui Mari si occupava della sua igiene, con carezze, avendo ben presente che aveva fra le mani una persona che soffriva. La determinazione di Ester, di Sara e di Riccardo ed Elena poi nell’insistere per “metterla in piedi” fra mille difficoltà. La capacità di Veronica, Maria ed Elisa di entrare in sintonia con una giovane. Insomma, potremmo scriverci un libro, chissà, magari un giorno.

Capisco ora le responsabilità del capo di far funzionare una squadra così complessa e di mantenere uno standard di eccellenza. Non si stanchi mai, dottoressa, di cercare il meglio e di tenere alto il morale della sua squadra; sono dei professionisti, lei lo sa, ma qui non ci sono in ballo le professionalità, c’è di mezzo il cuore, l’anima. Immagino che come noi, anche tutti voi dovrete affrontare grandi sfide, l’evoluzione del mondo sanitario, la tecnologia, i costi, ecc... Non crogiolatevi mai se siete il top, ma cercate sempre di migliorare! I vostri malati, e le famiglie, ne hanno bisogno. Le famiglie dei malati sono una risorsa, cercate il modo di prendervene cura. Le degenze lunghe impongono alle famiglie di stare divise per tanto tempo, in un momento terribile; e questo non va bene, inventatevi qualcosa.

Mi consenta un pensiero particolare alla dott.ssa Locatelli, che fra i tanti medici con specializzazioni che non sapevo neanche esistessero, è stata per noi “il nostro Doc”. Sempre presente, sul pezzo, preparata e disponibile. Non se la faccia scappare! È facile fare i complimenti quando trovi qualcuno che ti dà belle notizie, farli a qualcuno che ti deve dare delle notizie che a volte sono coltellate significa averli proprio meritati.

Chiudo, rubando una bella frase che abbiamo imparato ad ascoltare il mercoledì, verso le 18.15, “Glorifichiamo il Signore con le nostre vite”. Mi auguro, da padre, che la mia amata figlia possa fare suo questo insegnamento e che, nella sua fragilità, possa onorare chi l’ha aiutata con tanto amore. Grazie.

Il papà di una bimba ricoverata a Bosisio Parini

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