
Cosa sta succedendo all’adozione internazionale in Europa? Il primo Paese a decretarne lo stop è stata l’Olanda nello scorso maggio. Nell’impossibilità di frenare le numerose irregolarità verificatesi negli ultimi anni, il governo dell’Aja ha deciso di bloccare l’arrivo di minori stranieri. Adesso è la volta della Svizzera, ma anche Francia, Belgio e Norvegia stanno pensando a misure simili.
Per quanto riguarda il Paese elvetico l'allarme è stato lanciato da “Famiglie per l'Accoglienza”, presente anche in Svizzera dal 1989. Nei giorni scorsi il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) ha deciso di elaborare, al più tardi entro la fine del 2026, un progetto di legge per vietare le adozioni internazionali. Il provvedimento sarà poi posto in consultazione. I motivi? Le misure di tutela previste dalla Convenzione dell’Aja sarebbero ormai inadeguate per proteggere i bambini dal rischio di abusi. “Oggi sappiamo che le dimensioni del fenomeno sono scioccanti”, ha affermato il consigliere federale Beat Jans nel corso di una conferenza stampa a Berna e “simili irregolarità non devono più ripetersi”.
Nei mesi scorsi il governo aveva incaricato un gruppo di esperti indipendenti di verificare se e in quale misura una revisione del diritto in materia di adozioni internazionali potesse impedire gli abusi. Sono state fatte diverse valutazioni ma alla fine ha prevalso il partito del risparmio. La riforma delle norme relative all’adozione avrebbe richiesto un impegno, in termini di controlli e di nuove regole da approvare, considerato troppo gravoso rispetto al basso numero di adozioni portate a termine in Svizzera. Lo scorso anno sono state una trentina.
Conclusione, se le norme attuali non sono in grado di tutelare i bambini dal rischio di abusi, meglio vietare l’adozione. E i bambini rimangano pure dove sono, senza famiglia, senza futuro, senza la possibilità di crescere in modo dignitoso in qualche orfanotrofio africano o asiatico. Decisamente negativa la reazione di Famiglie per l’accoglienza: “Crescere in una famiglia è un diritto fondamentale, per ogni bambino”. E il rischio abusi? “Deploriamo fortemente le irregolarità e gli abusi che sono stati rilevati. Lo Stato e le diverse associazioni si devono prodigare per impedirli. Ma siamo sicuri che siano altre vie per raggiungere lo scopo. Tutelare i diritti e i doveri di ciascuno è il compito di una civiltà matura: vietare le adozioni internazionali rappresenta una resa, non certo una scelta di civiltà”.
“L’esistenza di molti bambini senza famiglia rende l’adozione, sostenuta e tutelata giuridicamente, una via concreta per quell’amore paterno e materno di cui il bambino ha bisogno per il suo pieno sviluppo. Adottare è, in questo senso, un invito al coraggio e alla generosità per tutta la società. Ed è un bene, ne siamo certi. Anzitutto per il bambino che è accolto, poiché crescere in una famiglia è un suo diritto fondamentale. Poi per la famiglia che accoglie e per la società intera, poiché la famiglia che adotta è un esempio di amore gratuito e testimonia la possibilità di una accoglienza del diverso fondamentale per la costruzione del Bene comune. Ecco perché, a nostro giudizio – conclude la nota di Famiglie per l’accoglienza - è interesse di tutti difendere l’istituto dell’adozione e continuare a testimoniare la bellezza e la positività di quell’esperienza".
Anche Orietta Lucchini, presidente di Mani per l'infanzia, associazione ticinese che opera come intermediario per le adozioni internazionali, ascoltata dal sito Ticinonline, ha definito “precipitosa la decisione presa senza aver fatto nessun altro tentativo di adattare, migliorare quelle che sono le misure della Convenzione dell'Aia”.
In questi anni abbiamo spesso sottolineato le difficoltà che si registrano anche in Italia per quanto riguarda l’adozione internazionale, dal problema dei costi a carico delle famiglie ai lunghi tempi di attesa imposti alle coppie che fanno domanda di adozione, alle lungaggini dei tribunali per i minorenni, alle carenze dei servizi sociali. Ma se queste garanzie sono servite ad evitare le irregolarità e gli abusi che si sarebbero verificati in Svizzera e negli altri Paesi che stanno pensando di bloccare gli arrivi dei bambini senza famiglia, evviva il nostro Paese, evviva la tanto vituperata legge 184 del 1983, evidentemente saggia e prudente se da noi, salvo qualche caso isolato, non si sono mai verificati quei “fenomeni scioccanti” lamentati dal deputato elvetico.