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Già prima della pandemia un bambino o un ragazzo su cinque presentava un disturbo neuropsichico. Di questi solo poco meno di un terzo è riuscito ad accedere a un servizio territoriale di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’ adolescenza. Dopo l’emergenza Covid i numeri sono cresciuti vertiginosamente e oggi si rende più che mai necessario trovare soluzioni tempestive ed efficaci. Una risposta è il progetto SafeTeen , avviato a Milano nel 2024, che rappresenta un’innovativa iniziativa di presa in carico personalizzata per adolescenti con problematiche psichiatriche severe e le loro famiglie. Il progetto ha preso vita grazie al contributo dell’associazione “C’è Da Fare ETS” di Paolo Kessisoglu e Silvia Rocchi, che ha permesso di raccogliere i fondi necessari per l’avvio dell’ambulatorio nell’ambito del Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze del Grande Ospedale Metropolitano Niguarda.
Da questa esperienza è nato il libro Adolescenza 3.0. Interpretare la crisi, curare il disagio degli psicologi e psicoterapeuti Cecilia Ferrari e Gianluca Marchesini (Franco Angeli, 224 pp. 28 euro). Una guida puntuale e di facile comprensione per mamme e papà alle prese con le fatiche e la rabbia di figli che non riconoscono più. Ma una guida completa e utile anche per gli addetti ai lavori.
Come aiutare i ragazzi che vivono il disagio, la sofferenza, il desiderio di isolarsi, di tagliarsi e purtroppo a volte anche di suicidarsi? Marchesini osserva che i genitori di oggi sono nati in un mondo più semplice di quello attuale e si trovano ad affrontare continui cambiamenti con una velocità rapidissima subendo un bombardamento costante di informazioni spesso discordanti: «I genitori della Generazione X sembrano fare fatica a identificare, utilizzare e trasmettere ai figli la giusta distanza nella relazione perché la misura da loro appresa non è più un’unità riconosciuta dal sistema sociale attuale». Ferrari riflette: «Cresciamo dei figli sicuramente più sensibili ed emotivamente capaci che in passato, ma come effetto collaterale li rendiamo così fragili da essere a volte senza pelle di fronte alle frustrazioni e incapaci di sentire, rispettare, avere un po’ di sano timore, perché no, dei rapporti verticali. Che nella vita esistono, servono, proteggono, contengono. Li amiamo e ci rispecchiamo in loro talmente tanto da non renderli poi in grado di disconfermare le nostre aspettative nella fase della vita in cui dovranno farlo, cioè durante l’adolescenza, quando i figli per statuto e come parte del processo evolutivo devono poter deludere le aspettative genitoriali».
La durata dell’adolescenza tende a protrarsi sempre di più, come fa notare Marchesini: «Oggi, mediamente, in Italia un giovane si rende economicamente indipendente tra i 32 e i 35 anni. Questo certo non significa che l’adolescenza termini a trent’anni; significa però che il tempo della dipendenza dalla famiglia si è dilatato e con esso si è spostata in avanti l’urgenza di diventare grandi che i nostri nonni avvertivano già prima di compiere la maggiore età».
Ferrari riconosce come la “stanchezza” sia un filo rosso che accomuna gli adolescenti di oggi. I ragazzi dicono alla psicoterapeuta di sentirsi incredibilmente stanchi. «Si tratta di una stanchezza difficile da definire e che non riguarda il corpo, o almeno di certo non lo riguarda in prima battuta – spiega Ferrari -. Questa stanchezza è spesso scambiata per pigrizia o lazzaronaggine, tanto che ciò che gli adolescenti si sentono rispondere dagli adulti intorno a loro è: “Ma come fai a essere stanco alla tua età”. Forse ce ne siamo dimenticati, o forse ci spaventa il fatto che questo ragazzo cui siamo così affezionati stia affrontando sfide faticose». Ciò vuol dire che mentre è assorbito dalla scuola, dagli amici, dalle uscite, dalle relazioni sentimentali, dallo sport e dalla musica, l’adolescente affronta impegnativi compiti evolutivi. Deve fare i conti con un corpo che cambia e il passaggio all’età adulta, con tutte le conseguenze che ciò comporta. In questo cammino si possono incontrare difficoltà che si traducono spesso in sintomi quali ad esempio attacchi di panico, disturbi del comportamento alimentare, agiti autolesivi, insonnia e abuso di sostanze. Sintomi che non vanno sottovalutati e a cui occorre prestare attenzione, cercando di comprenderli e tradurli.
Nella maggior parte dei casi i ragazzi escono da questo periodo turbolento autonomamente acquisendo maturità e consapevolezza di sé. Quando questo non accade è necessario l’intervento di uno specialista. «Ci sono alcuni accorgimenti che possono rendere la “traversata” meno burrascosa – aggiunge Marchesini -. È importante creare con i figli un clima di dialogo sereno e di reciproco ascolto, basato sulla fiducia e sul rispetto. L’ascolto dovrebbe essere curioso e interessato a ciò che è importante per il ragazzo prima e più che per il genitore: chiedere ad esempio a un figlio come funzioni il videogioco cui è appassionato o di farci ascoltare la sua musica lo fa sentire oggetto di reale interesse, diversamente dal chiedere, come spesso facciamo: “Come è andata a scuola?”».
Valorizzare i punti di forza, essere pazienti e flessibili sono requisiti indispensabili perché i cambiamenti dell’adolescenza richiedono tempo e adattamento.
Il lavoro degli autori racconta, attraverso le testimonianze di tanti ragazzi, le problematiche più comuni incontrate nel trattamento dei disturbi psicologici adolescenziali. Particolare attenzione è dedicata all’approccio multidisciplinare necessario per affrontare i casi di psicopatologia grave. Ritiro sociale, aggressività, dipendenze: vengono affrontati tutti gli aspetti problematici legati all’adolescenza con uno sguardo amorevole e denso di speranza.