mercoledì 4 maggio 2022
Il Paese è stato il primo ad avere una legge quadro, nel 2011, e l'unico ad avere un piano a lungo termine. Le imprese sociali attualmente sono 43mila e danno lavoro a 2,3 milioni di persone
In Spagna ci sono 43mila imprese sociali

In Spagna ci sono 43mila imprese sociali

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Più che per le sue spiagge sull’Atlantico, il piccolo comune di Arteixo, 32mila abitanti a 15 km da La Coruña, è noto per il suo poligono industriale che ospita Inditex, il gigante tessile a livello globale. Nell’Avenida del Balneario 51 ha aperto di recente l’ultimo negozio di Arroupa, abiti in galiziano, il punto vendita numero 99 di quelli promossi da Caritas in tutta la Spagna con la rete 'Moda Re', per il riciclaggio di stock eccedenti e abbigliamento di seconda mano. Creata nel 2015 come impresa senza fini di lucro, Arroupa si dedica al riutilizzo tessile, allo sviluppo dell’economia circolare, all’inserimento sociale delle persone a rischio di esclusione e da’ lavoro a 1.500 persone. I 3,5 milioni di euro destinati da Inditex al progetto di Caritas solo nell’ultimo triennio hanno contribuito all’installazione di 1.800 container di raccolta e al recupero di oltre 48.000 tonnellate di abiti, con la consegna di 1,8 milioni di unità alle rivendite solidali. Ed è solo uno degli innumerevoli esempi di buone pratiche nella regione a nord ovest della Spagna. «Tutta l’attività collegata ai residui è un’opportunità e avrà uno sviluppo importante nell’economia civile», assicura Celso Gándara, presidente del Foro per l’economia sociale galiziana (Foesgal).

«Come Arroupa, ci sono aziende che da Santiago di Compostela si sono estese ad altre città della Galizia, come Coregal, per la raccolta differenziata, o cooperative molto interessanti, come ai mercati generali a Santiago. E, fra i centri speciali per l’impiego di persone con disabilità, c’è Trameve, che si occupa di rottamazione sostenibile e ricambi auto». Con la Confederazione spagnola delle imprese per l’economia sociale (Cepes), il Foro ha accolto con grande soddisfazione la nomina di Santiago di Compostela a capitale dell’economia sociale 2022, sfruttando il richiamo dell’Anno Xacobeo, che porterà nella terra dell’apostolo milioni di pellegrini. Un riconoscimento fortemente voluto dalla ministra per il Lavoro Yolanda Diaz, non solo perché gallega di nascita. Ma anche perché è la prima politica in Spagna ad aver ri- cevuto la delega all’Economia sociale, assieme all’incarico di seconda vicepremier. Alla conferenza internazionale organizzata con la Cepes a metà marzo a Madrid, per il 10º anniversario dell’approvazione della legge quadro in materia, la Diaz ha inoltre annunciato che l’economia civile sarà una grande priorità della presidenza spagnola della Ue, nel secondo semestre del 2023. «È un’economia cooperativa, resiliente, solidale, e ha dimostrato in tutte le crisi di essere profondamente efficace per mettere al centro le persone e un lavoro degno», ha evidenziato rimarcando come questo significhi creare condizioni di giustizia sociale e per la pace nel continente scosso dalla guerra in Ucraina. «La legge quadro 5/2011 per l’economia sociale, pioniera in Europa, fu approvata all’unanimità dal Parlamento spagnolo», ricorda ad Avvenire Juan Antonio Pedreño, presidente di Cepes e del Social Economy Europe. «Quel consenso in un decennio ci ha permesso di avanzare verso una politica di Stato, e oggi il nostro è anche l’unico Paese della Ue con una strategia nazionale 2022-2027 per lo sviluppo del settore, che è una delle nove leve politiche dell’Agenda 2030». Secondo l’ultimo rapporto 'Imprese rilevanti dell’economia sociale', sono 43.192 quelle censite dalla Confederazione spagnola a livello nazionale. «È un vasto ecosistema, caratterizzato dalla trasversalità, che priorizza la sostenibilità, il radicamento sul territorio, l’economia verde e la coesione sociale, e include le aree emergenti più innovative», osserva Pedreño. Sono cooperative, centri speciali di impiego, società lavorative, imprese di inserzione, mutue, associazioni e fondazioni per l’inserimento dei diversamente capacitati, conzorzi di pescatori e gruppi imprenditoriali, che in totale generano oltre 2,3 milioni di impieghi diretti e indiretti, il 12,5% degli occupati. E il cui fatturato equivale a circa 12 miliardi di euro, pari al 10% al Pil.

«È un contributo rilevante, se comparato al 12,5% del Pil prodotto dal turismo», rileva ancora il presidente di Cepes. «Dimostra che un’altra maniera di crescere è possibile: inclusiva e sostenibile, con un modello di governance democratica, legato alla creazione di lavoro di qua-lità, alle pari opportunità, alla coesione sociale e allo sviluppo dei territori, senza pericolo di delocalizzazioni ». La Corporación Mondragón, ad esempio, primo gruppo industriale basco e decimo in Spagna, riferimento mondiale del lavoro in cooperativa, a fine 2020 impiegava 82.156 persone, il numero più alto fra le realtà industriali della penisola. La Fundación Once, cui appartiene la compagnia Ilunion – con un fatturato vicino a un miliardo di euro – impiega ai call center del servizio di attenzione ai cittadini della regione di Madrid ragazzi non vedenti. Ilunion è leader globale per l’impiego di persone diversamente capacitate: 14.800, pari al 40% dell’organico complessivo di 38.500 lavoratori. È un esempio, seguito da sempre più imprese, di come la tecnologia al servizio della diversità sia funzionale a un modello di business che non guarda solo a massimizzare i profitti, ma li rinveste per il bene comune. Per settori economici, è quello agroalimentare a convogliare in Spagna il maggior numero di aziende di iniziativa sociale (52,7%), seguito da servizi (37,1%), industria (7,6%), costruzioni (2,2%) e mutisettoriale (0,9%). «La crisi derivata dalla pandemia, e ora aggravata dal conflitto in Ucraina hanno avuto senza dubbio un impatto negativo. Ma proprio per la loro natura cooperativa sono riuscite ad avere un ruolo motore nella ripresa, a mantenere attività e livelli occupazionali, dimostrando maggiore resilienza», assicura la direttrice generale di Lavoro, economia sociale e responsabilità sociale delle imprese, Maravilla Espín. Si tratta ora, aggiunge, non solo di dare maggiore visibilità e impulso a questo ecosistema, renderlo più competitivo, potenziarne la partecipazione nelle politiche pubbliche, ma anche di favorirne l’accesso ai finanziamenti, a parità di condizioni con il resto delle imprese. «Per questo l’economia sociale è una priorità dei fondi strutturali del NextGenerationEu per la ripresa, che vede la Spagna di nuovo all’avanguardia in Europa con un Piano integrale specifico di economia sociale e di economia delle Cure (Perte). Riguarda la creazione di reti di collaborazione per promuovere imprese e cooperative per l’inserimento lavorativo di categorie più svantaggiate », rimarca il presidente di Cepes, Juan Antonio Pedreño. «È uno strumento fondamentale per una crescita in scala del settore, che può incrementare il contributo al Pil nazionale di un ulteriore 1%», assicura.

Le sfide raccolte nei progetti, finanziati per circa 900 milioni di euro dal Pnrr iberico, fino a 1,5 miliardi con i fondi propri del settore privato, vanno dalla modernizzazione del comparto agroalimentare allo sviluppo dell’economia circolare e di quella delle Cure; al recupero delle imprese, perché siano più competitive e innovative, e perché i giovani possano considerare l’economia collaborativa un’opportunità solida su cui costruire il proprio futuro. L’effervescenza si riflette nelle iniziative promosse da regioni come Murcia, le Baleari, Navarra, il Paese Basco, la Catalogna e, appunto, la Galizia, che guida la crescita delle cooperative di impresa sociale. «Il fatto che dieci anni fa sia stata la prima autonomia in Spagna a recepire la normativa nazionale, tenendo conto delle particolarità del territorio per oltre il 90% rurale, ha consentito di introdurre le cooperative giovanili per la popolazione fra i 16 e i 29 anni», annota Maria Jesús Lorenzana, assessore al Lavoro e all’Uguaglianza. Fra il 2007 e il 2020 il peso delle iniziative galleghe nell’insieme dello Stato è passato dal 2,9% al 7,3%. Segno che – rileva l’assessore – le politiche pubbliche stanno funzionando, ma anche del coinvolgimento degli agenti territoriali, a cominciare dal Foro galiziano Foesgal. Che ora celebra la scelta di Santiago di Compostela come capitale dell’economia civile come un incentivo in più a recarsi nella città dell’Apostolo, per la celebrazione dell’Anno Santo giubilare.

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