mercoledì 18 gennaio 2023
La newsletter pubblicitaria di Patagonia, azienda ceduta dal fondatore a un'organizzazione non profit per combattere il cambiamento climatico, informa sui danni ambientali dovuti al neoprene
La concorrenza leale, lezione americana
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Immaginate di ricevere una newsletter da parte di una marca di abbigliamento tecnico. Sono quelli che vestono il vostro tempo libero durante una passeggiata in montagna, o l’arrampicata nei fine settimana delle persone più audaci, una cavalcata sulle onde durante una sessione di surf o una tranquilla pagaiata sulla tavola da sup, come succede al sottoscritto. Ora, dicevo, immaginate di far parte della loro clientela e di ricevere la loro newsletter periodica, quella che presenta le novità, con tutti i link verso i negozi digitali e analogici. Sì, proprio quella, quella che si porta dietro le offerte promozionali, le nuove aperture, gli inviti al cambio di stagione e tutte le altre amenità che il marketing elettronico reclama all’interno dei suoi manuali per la scrittura «a risposta diretta» (sic!), ahimè è così che viene chiamata in gergo. È da quando esiste Internet che un certo tipo di scrittura viene usata come le reti nella pesca a strascico, ma chissà se qualcuno di questi manuali ha immaginato una newsletter come quella che ho ricevuto io qualche giorno fa e che m’invitava a comprare anche i prodotti della concorrenza.

Scrivo pubblicità da un po’ di tempo, mi occupo prevalentemente di comunicazione digitale e sono particolarmente emozionato all’idea di essere su queste pagine a commentare oggetti di comunica[zione che abbiamo messo sotto le insegne della «pubblicità civile», e iniziare raccontandovi questa semplice newsletter è davvero di buon auspicio per gli altri pezzi che mi troverò a firmare nelle prossime settimane. Anche se, credo di non sbagliarmi, non sarò impegnato a commentare solo esempi virtuosi. Ma torniamo all’oggetto del contendere: «Ci interessa cosa indossi, non da chi lo compri». Così iniziava la newsletter pubblicitaria e continuava informandomi sulle dannosità ambientali dovute al neoprene utilizzato nelle mie mute da allenamento e sulla necessità di passare a un nuovo materiale, la bio-gomma Yulex, per evitare di apportare ulteriori danni ecologici agli ecosistemi marini. «Ti siamo grati, a patto che la tua muta sia priva di Neoprene» e dopo avermi mostrato alcuni dei loro prodotti, chiudono con l’inventario dei marchi della concorrenza che producono mute utilizzando lo stesso tipo di fibra. Arrivano tempi nuovi per un mercato che avrà sempre più bisogno di creare alleanze anche concorrenziali, per vincere le sfide che le crisi di ogni ordine e grado ci stanno mettendo di fronte. Grazie Patagonia.

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