mercoledì 21 dicembre 2022
Le cooperative distribuiscono in modo più equo il valore tra i portatori d’interesse e lo conservano nello spazio (per il territorio) e nel tempo (per le generazioni future)
Il valore della cooperazione all'epoca delle crisi globali
COMMENTA E CONDIVIDI

Le crisi sempre più gravi (finanziaria, energetica, pandemica, di pace) che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo sono figlie di una visione economica angusta e di corto termine che si interroga solo sul come creare valore economico non facendosi altre quattro domande fondamentali. Il valore creato resiste nel tempo? È un valore che resta sui territori? La sua distribuzione tra i portatori d’interesse (azionisti, lavoratori, fornitori, comunità locali) riduce o amplifica le diseguaglianze? Il processo che crea il valore economico alimenta o distrugge altri valori come il senso civico e la sostenibilità sociale ed ambientale? La mancata attenzione a queste quattro domande ha finito per produrre un capitalismo rapace dove il valore creato si concentra in pochissime mani, fugge nei paradisi fiscali e attraverso le crisi finanziarie si brucia nel tempo.

Forme di governance più illuminate come quella cooperativa ci aiutano a raggiungere l’obiettivo più lungimirante. Il modello bancario cooperativo ad esempio trasforma l’utile in patrimonio condiviso a disposizione della comunità locale attraverso le generazioni e ha il vincolo di finanziare in prevalenza col credito investimenti del territorio. La forma cooperativa contiene in sé due perle: l’arte della cooperazione e la sua governance. Alle scuole elementari abbiamo imparato quattro operazioni (addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione) ma non ci è stata insegnata la quinta che è forse quella più importante e anche più redditizia, quella della «cooperazione». Se uno più uno fa al massimo due, uno “con” uno fa più di due, perché attiva il principio della superadditività oltre a produrre qualità di relazioni e capitale sociale che sono un valore per noi e per la società. Le evidenze empiriche nelle scienze sociali, nella teoria dei giochi e nell’economia comportamentale dimostrano infatti come quando l’incontro tra fiducia e meritevolezza di fiducia (trust e trustworthiness) funziona si genera superadditività, ovvero ciò che si realizza è superiore alla somma di quanto due persone avrebbero realizzato lavorando isolatamente. Cooperare non è affatto facile e il valore sociale della cooperazione dipende dall’effetto che la stessa produce sul benessere dei terzi e della società.

La difficoltà deriva dal fatto che fidarsi significa mettersi nelle mani di un altro senza protezioni legali ed è un po’ come l’atto del trapezista del circo che si lancia dalla sua altalena nel vuoto aspettando che il suo collega di esercizio che si dondola più in basso lo afferri con le proprie mani. La chiave del successo della cooperazione sta dunque proprio nella meritevolezza di fiducia di questo secondo trapezista, che spinge il primo a correre il rischio buttandosi nel vuoto. Ancora le evidenze empiriche sperimentali dimostrano che la chiave per generare meritevolezza di fiducia sta nello scambio di doni (un’idea che è valsa a George Akerlof il Nobel per l’Economia) ovvero nel fare qualcosa in più di quanto gli altri si aspettano da noi generando gratitudine e reciprocità. La virtù cooperativa per poter prosperare si avvale e si è avvalsa storicamente (con una grande tradizione nel nostro Paese) di una forma di governance cooperativa che si distingue da quella dell’impresa che sceglie la forma della società per azioni. La differenza fondamentale sta nel fatto che nella prima si sceglie un rapporto di forza diverso tra i portatori d’interesse il cui benessere è influenzato dall’attività dell’impresa (lavoratori, fornitori, comunità locali, azionisti). Se nella società per azioni il dominus è l’azionista le cooperative possono invece essere di lavoro, di consumo, di credito (e oggi sociali e di comunità) e hanno in comune la caratteristica di distribuire in modo più equo il valore tra i portatori d’interesse e di conservarne il valore nello spazio (per il territorio) e nel tempo (per le generazioni future) ma anche e soprattutto di un processo di decisione e creazione di valore partecipato che è anch’esso di per sè un (faticoso) valore. Per questo motivo oggi la cooperazione è uno strumento fondamentale di riduzione di diseguaglianza ex ante (nel momento in cui il valore è generato) e per la valorizzazione e il riscatto dei nostri territori. Non a caso due delle forme più interessanti nelle quali la nuova cooperazione s’incarna confermando la generatività e la creatività della sua ispirazione d’origine sono quelle dei workers buyout (i lavoratori di imprese fallite che acquistano in forma cooperativa la propria impresa), delle cooperative di comunità (con le quali i cittadini di piccoli centri si associano per generare valore condiviso per il loro territorio e combattere lo spopolamento delle aree interne), delle cooperative comunità energetiche e della gestione cooperativa delle nuove piattaforme di rete che altrimenti rischiano di diventare nuovi luoghi di sfruttamento e di estrazione di valore di lavoro a cottimo.

I dati della valutazione d’impatto di Confcooperative, la centrale cooperativa principale del Paese assieme a Lega Coop, sottolineano la vitalità e la forza del nostro sistema cooperativo. Parliamo nel primo caso di 16.698 imprese con più di 3 milioni di soci e 529mila addetti ,che hanno prodotto nel 2021 un fatturato di 69 miliardi. I settori principali della cooperazione sono quello agricolo-alimentare, della pesca, della cultura, del sociale, delle mutue assicurative e del credito. Le banche di credito cooperativo in particolare giocano un ruolo fondamentale nel Paese con il vincolo di investimento sui territori in cui operano e un’attenzione maggiore del resto del sistema verso le piccole e medie imprese e le imprese artigiane. L’altra grande centrale cooperativa (Legacoop) operando negli stessi settori (con un focus maggiore sulla distribuzione e minore sul credito) ha più di 10.000 imprese aderenti, più di 450mila addetti e di 7 milioni di soci. Il ruolo delle centrali cooperative è fondamentale e per essere generativo deve concentrarsi su tre obiettivi. Il primo è la vigilanza, per evitare che il fenomeno delle false cooperative costruite ad hoc per sfruttare vantaggi fiscali intacchi la reputazione di questa preziosa forma d’organizzazione d’impresa. Il secondo è la formazione continua e il terzo la capacità di tessere reti di relazioni tra le cooperative socie. Il pilastro del civile alimentato dalla storia della nostra cooperazione è la vera ricchezza del nostro Paese tramandata e consolidata nel tempo. È ciò che garantisce che la nostra democrazia non si deteriori.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: