mercoledì 12 ottobre 2022
La ricerca del Crcc evidenzia il nesso tra presenza di Bcc vicine ed erogazioni a imprese e famiglie
Anche nell'era digitale la prossimità sostiene le Pmi
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Le banche di credito cooperativo (Bcc), che si qualificano come banche di comunità con finalità mutualistiche, continuano a giocare un ruolo fondamentale nel sostegno all’economia reale. Tanto che il documento della Santa Sede Oeconomicae et pecuniariae quaestiones le descrive come un 'esempio virtuoso'. Ciò è importante in particolare quando l’economia è fortemente caratterizzata dalla presenza di piccole e medie imprese (Pmi), come nel caso italiano. Arrivate in Italia a fine ’800 grazie a Leone Wollemborg, casse rurali e banche cooperative si sono poi diffuse in tutto il paese. L’enciclica Rerum Novarum di Papa Leone XIII ha avuto un ruolo cruciale nella diffusione di questo modello bancario, sollecitando i cattolici all’azione sociale e a forme di tipo solidaristico per vincere la solitudine e l’emarginazione dei più poveri. Da quel momento, infatti, le allora casse rurali cattoliche iniziarono a diffondersi capillarmente ovunque in Italia: i piccoli imprenditori, gli artigiani, i contadini fondavano banche del territorio, divenendone soci. Una tradizione che arriva fino ai giorni nostri. Lo conferma il significativo numero di sportelli del credito cooperativo: 4155, pari al 19,5% delle filiali bancarie attive in Italia. Risulta pertanto interessante verificare quanto la presenza di banche di credito cooperativo favorisca l’accesso al credito da parte delle imprese, specie di piccole dimensioni, anche in questa fase di rapida digitalizzazione e crescente diffusione di algoritmi per valutare l’erogazione di finanziamenti (credit scoring). Diversi studiosi si sono interrogati sugli effetti che la trasformazione digitale sta avendo sul credito di relazione. Allen Berger, importante accademico americano, ha messo in dubbio la validità del paradigma convenzionale (da lui stesso teorizzato in uno studio condotto con Gregory Udell), ossia la capacità delle banche con forti relazioni con il territorio di essere in grado di utilizzare nelle loro decisioni di finanziamento anche le cosiddette informazioni soft ottenute tramite la vicinanza con gli imprenditori, fattore che le rende meglio informate sulle loro attività. I primi risultati di un’analisi che sta conducendo il Centro di ricerca sul credito cooperativo dell’Università Cattolica mettono in evidenza l’importanza della prossimità, anche in un contesto di trasformazione digitale acuito dalla pandemia. Un aspetto a maggior ragione di particolare rilevanza per un’economia, come quella italiana, fortemente caratterizzata dalla presenza di micro e piccole imprese che ne connotano il tessuto produttivo: del resto, secondo i dati Istat, il 99% delle imprese non finanziarie sono qualificate come Pmi. Se da un lato, la dimensione piccola o media implica necessariamente un rapporto d’elezione con il territorio, dall’altro, essa comporta difficoltà e nell’accesso al credi-to. Alle Pmi è infatti solitamente preclusa la possibilità di accedere al mercato dei capitali.

È pertanto interessante capire le opportunità che si generano, per effetto della prossimità, in termini di accesso al credito bancario. Con riferimento agli anni tra il 2012 e il 2019, impiegando moderni software di geolocalizzazione, è stato possibile collocare su una cartina dell’Italia tutte le sedi legali delle imprese e gli sportelli bancari attivi nel periodo di analisi. In tal modo, si è potuto verificare quale sia l’effetto sull’accesso al credito della presenza di filiali del credito cooperativo in un raggio di chilometri compreso tra 1 e 5. L’analisi empirica rileva come le imprese situate in prossimità di una filiale Bcc presentano maggiori possibilità di ricevere prestiti bancari. Un primo risultato che conferma il ruolo ancora strategico, per l’intero sistema economico italiano, della vicinanza geografica e del presidio del territorio da parte di una banca. Tutto ciò è ancor più confermato nei comuni dove sono presenti solo sportelli del credito cooperativo, nei quali addirittura l’effetto della prossimità diventa molto più rilevante. Al contrario, al crescere della competizione bancaria (vale a dire all’aumentare del numero di filiali non cooperative), l’effetto tende a essere meno forte. Altri due aspetti emersi dalla ricerca vale la pena sottolineare. In primo luogo, si rileva una maggiore erogazione di credito a lungo termine per le imprese in prossimità a filiali di Bcc, determinando così un effetto positivo sulla stabilità aziendale. In secondo luogo, l’incremento di credito bancario non comporta un aumento del livello di indebitamento complessivo delle imprese. La possibilità di usufruire di credito bancario nel lungo termine, infatti, permette alle imprese di ricorrere in maniera minore ad altre forme di finanziamento. Dato che le Pmi difficilmente accedono al mercato dei capitali tramite, ad esempio, emissione di obbligazioni, per loro l’alternativa al credito bancario è la cosiddetta informal finance che comprende, tra gli altri, i debiti commerciali e i finanziamenti dei soci. Si tratta di una tipologia di debito di minore qualità poiché il creditore (l’attore dell’informal finance) non ha possibilità di monitorare il debitore (l’impresa), attività tipica invece della banca. Questa modifica della natura del credito comporta un effetto positivo per la stabilità del sistema economico poiché migliora la qualità dell’indebitamento dell’impresa. Lo sviluppo di un sistema economico, sia esso fatto di grandi o piccole imprese, richiede necessariamente di essere sostenuto sul fronte finanziario. Ciò però risulta ancora più veritiero e complesso nel caso italiano che si caratterizza appunto per la presenza di numerose imprese di piccole dimensioni. Sorprende quindi che nonostante la forte attenzione dedicata al mondo delle Pmi, vi sia una scarsità di studi scientifici che prendano in esame le modalità di finanziamento più adeguate per soddisfare le esigenze di questi interlocutori. I risultati empirici della ricerca condotta dal Centro di ricerca sul credito cooperativo intendono contribuire a colmare questa carenza, evidenziando l’importanza ancora rilevante della prossimità bancaria.

*Preside Facoltà Scienze bancarie finanziarie e assicurative, Direttore Centro di ricerca credito cooperativo, Università Cattolica **CUNEF *** Assegnista Facoltà Scienze bancarie finanziarie e assicurative, Crcc, Università Cattolica

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