sabato 15 maggio 2021
Il nuovo ceo: «Elettrificazione e difesa dell’italianità: così proteggeremo l’occupazione Cinque anni di piani già garantiti: Stellantis non chiede volumi ma qualità per tornare profittevoli»
Jean-Philippe Imparato con la nuova Giulia GTA

Jean-Philippe Imparato con la nuova Giulia GTA

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Quartier generale a Mirafiori, base produttiva a Cassino, ufficio ad Arese, pista prove a Balocco. E Pomigliano come fabbrica strategica per la Tonale, il modello del rilancio. Jean-Philippe Imparato, l’uomo che Stellantis da pochi mesi ha messo a capo del marchio più problematico del Gruppo, non ha solo un cognome italiano da portare in dote ad Alfa Romeo. Dopo aver contribuito al rilancio di Peugeot dal 2016, e una brillante carriera tra Europa, America Latina e Cina, la sua nuova sfida è rianimare attraverso l’elettrificazione un brand che ha storia, valori (e motori) tradizionali lontani da questa svolta. E un futuro tutto da costruire.

«La prima cosa che ho fatto arrivando da Parigi - spiega il manager francese - è stata visitare il museo Alfa Romeo di Arese, per ripercorrere la storia. Tra i cimeli ho trovato la prima domanda di impiego firmata da un certo Enzo Ferrari, e questo mi ha fatto capire molte cose. Quindi le fabbriche, Cassino e Pomigliano: sono rimasto impressionato dal livello tecnologico di questi impianti, fra i più avanzati d’Europa. La cosa che mi ha sorpreso di più però, è la riconoscibilità del marchio: Alfa Romeo è conosciuta in tutto il mondo. È notissima in Europa, e in America grazie al lavoro di Marchionne, ma lo è anche in Cina. Per questo motivo non è in discussione la nostra presenza negli Stati Uniti, un grande mercato dove il biglietto d’ingresso costa tantissimo. Se vuoi essere globale e premium devi esserci. L’Alfa c’è e ci rimarrà, anche se dovremo migliorare l’approccio. La Cina è un discorso diverso, ma anche lì ci sono tutti i presupporti per giocare un ruolo importante».

Quanto conta ancora l’italianità di un marchio come Alfa in un contesto industriale globalizzato come quello dell’automobile e in particolare nel Gruppo Stellantis che ha 14 marchi diversi?

Conta moltissimo, e lo so da 50 anni quando mio nonno emigrò in Francia da Gaeta. Mio padre guidava una Alfetta, mia mamma un’Alfa Sud, la mia prima auto è stata una Giulia 1300. E per questo quando Carlos Tavares mi ha affidato il brand, ho deciso che andava gestito da Torino e non da Parigi. Far parte di un Gruppo così internazionale permette di prendere il meglio da ogni fonte, ma l’anima di Alfa resta fortemente italiana, come il 90% delle persone che ci lavorano: i francesi qui sono solo due, e uno sono io».

Cosa risponde ai timori occupazionali che i sindacati continuano a esprimere?

Con la forza di una strategia precisa. Sarà incentrata sull’elettrificazione: entro il 2030 bisogna abbassare le emissioni di CO2 del 60% e se non sei profondamente elettrificato, sei fuori. E noi avremo tanti modelli a bassissime emissioni. Le nuove piattaforme elettriche di Stellantis promettono molto bene, potremo avere autonomie superiori a 700 km. Alfa interpreterà questo tema a modo suo, in linea con i propri valori. Abbiamo bisogno di stabilità, di un management che non cambi strategia tutti i giorni. Stiamo puntando a un programma di 10 anni, di cui 5 già chiusi e finanziati. Per questo il futuro di Alfa è molto sereno e protetto: se manteniamo alto il livello costruttivo e la performance economica, Stellantis continuerà a investire sullo sviluppo di un marchio che ritiene fondamentale anche per la sua unicità. Alfa ha 350 club di appassionati nel mondo e una notorietà senza pari: questa è una vera tribù e un patrimonio da difendere. 'Storia e futuro' deve diventare la nostra parola d’ordine.

Solo 62.000 vetture immatricolate nel 2020: che ruolo può avere Alfa nella galassia del Gruppo, partendo dal nono posto su 14 marchi?

Il problema di Alfa Romeo non è assolutamente quello dei volumi, ma di mantenere la qualità del prodotto. Il numero delle vetture che riusciremo a vendere non è mai stato un argomento di discussione quando abbiamo iniziato a pianificare il futuro. In questi giorni stiamo lanciando la nuova Giulia GTA, la nostra supersportiva: ne faremo 500 pezzi, nemmeno uno di più. Dobbiamo difendere la qualità, non la quantità. Per questo anche sugli altri modelli non faremo 'chilometri zero', e non ci interessa avere un business non sano.

Il nuovo Suv Tonale è stato presentato a Ginevra nel 2019, ma lo stiamo ancora aspettando. Perchè?

Non si lancia un modello fondamentale per il nostro futuro se non sei certo che sia un prodotto perfetto: coniugare l’anima sportiva e tradizionale di Alfa con l’elettrificazione comporta uno sforzo ancora più grande. La Tonale sarà anche ibrida Plug-In, sfruttando la migliore tecnologia del Gruppo: per questo abbiamo spostato il debutto nelle concessionarie alla prima settimana di giugno dell’anno prossimo.

Alfa Romeo sta pagando anche i forti investimenti in Formula 1 con ritorni economici discutibili. Per quanto ancora sarà sostenibile una presenza del genere?

Per il momento questa non è una nostra priorità. Ci stiamo concentrando al cento per cento sul piano prodotto, sulla squadra e sullo sviluppo. E a programmare nuovi modelli che producano valore. Allo sport penseremo poi.

A proposito di modelli: l’ultimo lancio, la Stelvio, è del 2017. Al momento Alfa vive su due soli modelli, e sembra davvero troppo poco…

È vero. Ma su questa base stiamo lavorando: lanceremo un numero di nuove vetture sufficienti per garantire la sostenibilità del marchio, ma non voglio fare proclami o svelare nomi. Di certo avremo un nuovo modello ogni anno, senza svendere le nostre macchine e proteggendo il valore residuo. Con Tavares al comando non è ipotizzabile lavorare senza fare profitti. E Alfa diventerà profittevole per giustificare il suo ruolo in Stellantis.

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