giovedì 26 aprile 2018
Figlio di Gaetano, capostipite della famiglia industriale veneta, è stato anche presidente di Confindustria. Aveva 80 e lascia quattro figli.
Pietro Marzotto con la moglie Anna in una foto del 2012 (Fotogramma)

Pietro Marzotto con la moglie Anna in una foto del 2012 (Fotogramma)

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Per Pietro Marzotto il modello veneto non esisteva più; anche questa Regione , con la crisi, si era omologata al basso. E lui, il conte imprenditore, uno dei pionieri del riscatto economico e sociale delle sui corregionali, insieme, ben s’intende, agli altri 6 fratelli, se ne rammaricava profondamente. Citava, come esempio negativo, le banche territoriali, col loro declino. E ammetteva di non essere pago della ripresa, che sta riportando il Veneto ed il Nordest ai livelli pre-crisi. Oggi è morto, all’età di 80 anni, in ospedale a Portogruaro. Lascia quattro figli: Marina, Umberto, Pier Leone e Italia.

Era figlio del capostipite, il conte Gaetano. Valdagno era la sua terra. E in questa cittadina dell’alto Vicentino tutto parla dei Marzotto. In questi stabilimenti Pietro vi lavorò come semplice operaio; qui a Valdagno ma anche Mortara. Solo nel 1971 s’impone ai vertici dell’impero tessile. Prima Ad, poi vicepresidente esecutivo. Già nell’80 eccolo a capo della società "Consortium" creata dagli imprenditori privati per salvare le aziende decotte. Solo un anno e mezzo di gestione: quando entra in contrasto con Enrico Cuccia, lui lascia. È stato anche vicepresidente di Confindustria.

Quattro anni fa conquistò le cronache autosospendendosi dall’Ordine dei Cavalieri del Lavoro, per protesta contro la mancata revoca del cavalierato a Silvio Berlusconi dopo la condanna per frode fiscale. Ha trasformato in una multinazionale il gruppo Marzotto, arrivando a 11mila dipendenti. La quotazione in Borsa è di 13 anni fa, ma un anno prima, nel 2004, Marzotto, emarginato, cedette le sue quote e si ritirò a Caorle.

Oggi tutti gli riconoscono – a cominciare dal presidente della Regione, Luca Zaia – di essere stato uno dei capitani d’industria più illuminati, anche sul piano sociale, del rispetto dei diritti dei lavoratori. «Della vita, di come sono vissuto, sono contento – ha dichiarato in una recente intervista nella sua tenuta di campagna, vicino al mare –. Mi diverte ancora andare a caccia, voglio andarci ogni domenica. Nella botte, in valle, all’alba ad aspettare col fucile in mano il volo delle anatre selvatiche. Qui sono venuti a cacciare anche Hemingway, che qualche volta tradiva gli amici Franchetti per stare con noi, e il re di Spagna che non mancava mai. Adesso arriva l’amico Maurizio Sella che è pronipote di Quintino Sella. Non me ne frega niente di morire, ma mi seccherebbe rimanere il resto della mia vita in poltrona».

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