sabato 22 febbraio 2020
Il Regno Unito è il più avanti nei test su questo combustibile a impatto zero al posto del metano. L'Italia fa test sulla rete, con Snam, e sui componenti per caldaie, con la padovana Sit
Un serbatoio di idrogeno della Nasa al Kennedy Space Center

Un serbatoio di idrogeno della Nasa al Kennedy Space Center - Stuart Rankin via Flickr

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Circa un terzo delle emissioni di gas serra dell’Unione Europea è legato al riscaldamento degli edifici. Il percorso verso la decarbonizzazione dell’Europa non può che passare anche dalla riduzione della CO2 degli impianti che scaldano le nostre abitazioni, in più dell’80% dei casi alimentati con combustibili fossili. Una delle più interessanti alternative al metano è l’idrogeno, gas a impatto zero. Per produrlo si usano processi di elettrolisi inversa che possono essere alimentati da energie rinnovabili, mentre ciò che viene immesso in atmosfera dalla sua combustione è semplice vapore acqueo. L’auto alimentata a idrogeno, per quanto rara, è già realtà. Per le caldaie ci stiamo arrivando.

Le sperimentazioni sul riscaldamento a idrogeno

In diversi Paesi europei si stanno portando avanti ricerche e sperimentazioni sul potenziale dell’idrogeno. Il Regno Unito è particolarmente avanti. Nel 2018 il governo britannico ha incaricato un gruppo di imprese, riunite nel consorzio Hy4Heat, di valutare se è tecnicamente possibile, sicuro e conveniente sostituire il metano con l’idrogeno per il riscaldamento degli edifici. Se le valutazioni daranno risultati soddisfacenti si potrà passare alle prime sperimentazioni nelle città.

In questo progetto è coinvolta anche un’azienda italiana, la padovana Sit, società quotata sul segmento Mta di Borsa Italiana che si occupa di componenti per il controllo, la regolazione e la sicurezza delle caldaie domestiche e di contatori di nuova generazione. «Il progetto Hy4Heat ci coinvolge su due fronti – spiega Federico de Stefani, figlio di uno dei fondatori, primo azionista e presidente esecutivo di Sit –. Da un lato la realizzazione di contatori per la rete per il trasporto e la distribuzione dell’idrogeno, dall’altro la collaborazione con Worcester Bosch nella realizzazione di caldaie capaci di funzionare con idrogeno al 100%». I prototipi di queste caldaie saranno presentati nelle prossime settimane, il governo inglese si aspetta i primi campioni funzionanti entro il 2021.

I prototipi di caldaie a idrogeno di Worcester Bosch con componenti Sit

I prototipi di caldaie a idrogeno di Worcester Bosch con componenti Sit - Worcester Bosch

Le sfide del riscaldamento a idrogeno

È una sfida tecnica non da poco. Ci sono due tipi di problemi. «Rispetto al gas naturale, l’idrogeno è molto leggero e tende a scomparire nell’ambiente. È più complesso riuscire a contenerlo sia nella distribuzione che nel consumo evitando dispersioni costose, pericolose e poco rispettose dell’ambiente – spiega de Stefani –. Le connessioni della valvola del gas devono essere particolarmente resistenti. Il secondo tema è che l’idrogeno ha determinate caratteristiche che lo rendono più pericoloso del gas metano».

L’alimentazione a idrogeno al 100% è la frontiera. Esistono già sistemi domestici per il riscaldamento e la produzione di elettricità alimentati a idrogeno che producono direttamente il gas attraverso “celle di fusione”. Una di queste è Hydro, della pisana E.Hy, in commercio dal 2018. «Anche noi produciamo celle a combustibile, ma riteniamo che appoggiarsi alla rete sia più funzionale » dice De Stefani.

Il costo di aggiornamento della rete

Già oggi la maggioranza delle caldaie installate sarebbe in grado di funzionare bruciando una miscela di gas naturale e idrogeno. A Contursi Terme, nel salernitano, Snam da quasi un anno sta conducendo un esperimento unico in Europa: ha iniziato a immettere nella rete del gas naturale una miscela di idrogeno al 5%, quota raddoppiata al 10% dallo scorso dicembre. Questa miscela alimenta un pastificio e un’azienda di imbottigliamento. Secondo studi di settore anche miscele con idrogeno attorno al 20% sarebbero sostenibili da gran parte dell’attuale infrastrattura di trasporto e distribuzione europea.

Aggiornare la rete per renderla capace di trasportare idrogeno al 100% al posto del gas naturale è il passo successivo. «Alcune delle reti più moderne sarebbero potenzialmente già pronte. Altre più vecchie andrebbero rifatte da capo, in alcuni casi si sta ragionando sulla creazione di una rete parallela» conclude De Stefani.

Gli interventi sulla rete di trasporto e distribuzione sono la parte più rilevante dei costi che dovrebbero sostenere i governi per fare il passaggio dal metano all’idrogeno. Il costo della materia prima, che oggi è più alto di quello del gas naturale tra elettrolizzatori per generare e idrogeno ed elettricità per alimentarli, ha enormi margini di discesa. I fondi del Piano Verde della nuova Commissione europea possono dare un contributo decisivo a questo epocale passaggio ecologico.

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