venerdì 18 ottobre 2019
Il governo ha chiesto ad Edf di studiare la possibilità di realizzare sei nuovi reattori
Il cantiere della centrale nucleare di Flamanville

Il cantiere della centrale nucleare di Flamanville

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Negli stessi anni del probabile boom delle rinnovabili in Asia, la Francia continuerà invece ad investire massicciamente in una fonte controversa come il nucleare? Nelle ultime ore, l’interrogativo ha preso un nuovo spessore, alla luce di una missiva governativa, rivelata dal quotidiano Le Monde, dalla quale si evince un posizionamento preventivo dell’esecutivo verso la futura costruzione di 6 reattori di ultima generazione Epr, nonostante lo scandalo dell’esplosione dei costi di quello ancora in cantiere a Flamanville, in Normandia: un’opera che doveva essere consegnata nel 2012 e che secondo le ultime notizie, invece, non sarà in funzione prima del 2023, per un costo previsto di 12,4 miliardi di euro, contro i 3,5 miliardi iniziali. Firmata da Bruno Le Maire e da Elisabeth Borne, rispettivamente ministri dell’Economia e della Transizione ecologica, la lettera del 12 settembre chiede a Jean-Bernard Lévy, numero uno del colosso pubblico Edf, di poter «rispondere all’esecuzione di un programma di costruzione di tre coppie di reattori su tre siti distinti». Nonostante la costruzione di nuove centrali nucleari resti ufficialmente una questione ancora incerta su cui dovrà esprimersi il presidente Emmanuel Macron, i due ministri specificano già la tempistica del nuovo programma di rinnovo del nucleare civile: 18 mesi fra la costruzione dei due reattori in ciascun sito, con intervalli di 4 anni fra le coppie delle tre diverse centrali. Il ministero della Transizione ecologica ha reagito assicurando che la lettera rappresenta solo «un’ipotesi di lavoro », nella scia di una recente riunione governativa. Ma le rivelazioni del Monde suscitano già l’indignazione delle associazioni che denunciano da tempo le derive a ripetizione del settore nucleare in Francia, fra difetti di costruzione resi noti con grande ritardo ed esplosione dei costi dei cantieri. Si è detta 'molto sorpresa' dalla lettera persino una deputata in vista della maggioranza presidenziale, Barbara Pompili, al timone della commissione Sviluppo sostenibile dell’Assemblea Nazionale.

In effetti, l’Eliseo ha ufficialmente rimandato al 2021, ovvero agli sgoccioli della legislatura, la consegna del rapporto con il quale Edf dovrà provare la propria capacità di rispettare in futuro, in caso di nuovi reattori, i tempi dei cantieri e la spesa prevista. Lo scandalo di Flamanville non è l’unico ad offuscare i reattori Epr di terza generazione made in France. Una situazione analoga viene vissuta da oltre un decennio in Finlandia, dove il cantiere nell’isola di Olkiluoto si è anch’esso trasformato in un incubo. Per il momento, gli unici due reattori Epr già in servizio hanno appena cominciato a produrre elettricità in Cina, presso la centrale di Taishan, a un centinaio di chilometri da Hong Kong. I difensori del settore nucleare francese continuano a sottolineare le emissioni molto ridotte di gas serra che rendono la filiera teoricamente virtuosa nella lotta contro il cambiamento climatico, nella scia dell’Accordo di Parigi. Del resto, la Francia ha previsto per legge di raggiungere la parità di produzione fra rinnovabili e nucleare solo nel 2035. Ma intanto, alla luce delle forti difficoltà d’esportazione dell’Epr (soprattutto dopo la catastrofe di Fukushima del 2011 che ha alterato l’appetibilità internazionale delle centrali nucleari), molti osservatori temono che l’orientamento francese sia soprattutto condizionato dalla necessità di «salvare» un settore industriale nazionale da decenni al centro d’investimenti colossali.

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