mercoledì 19 febbraio 2025
Nel 2024 gli investimenti pubblicitari in questo settore hanno raggiunto 352 milioni di euro, registrando un incremento del 9% rispetto all’anno precedente
Francesca Caon, ceo di Caon Pr

Francesca Caon, ceo di Caon Pr - Archivio

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Dopo il caso Ferragni-Balocco, l’influencer marketing sta entrando in una nuova fase, quella del “pluralismo digitale”. Se nel 2023 la regina degli influencer dominava nelle campagne Instagram dei settori beauty e fashion, lo scenario attuale si presenta più frammentato. In Italia il comparto e la professione non mostrano segni di rallentamento. L’ultima ricerca dell’Upa-Utenti Pubblicità Associati, che riunisce le più importanti aziende industriali, commerciali e di servizi che investono in pubblicità e in comunicazione, stima infatti che, nel 2024, gli investimenti pubblicitari in questo settore abbiano raggiunto 352 milioni di euro, registrando un incremento del 9% rispetto all’anno precedente. Anche il Rapporto I-Com 2024 certifica che l’Italia è al terzo posto in Europa per numero di influencer, dopo la Spagna e il Regno Unito. Il Belpaese conta 82 influencer ogni 100mila abitanti, per un giro di affari di quattro miliardi di euro. Il social al top è Instagram, seguito da TikTok e YouTube.

Per quanto riguarda i compensi, su Instagram un influencer con 10mila-50mila follower può guadagnare tra 350 e 1.000 euro per singolo post, mentre chi ha fino a 300mila follower può percepire tra 1.000 e 5.000 euro (fonte: Listino dei compensi degli influencer 2024 pubblicato da DeRev).

Kabi Lame mantiene la prima posizione con oltre 82 milioni di follower, seguito da Fabrizio Romano, giornalista esperto di calciomercato che raggiunge i 32 milioni. Chiara Ferragni è terza, ma ha perso un milione di follower su Instagram e 100mila follower su TikTok. Le sue interazioni su queste piattaforme hanno subìto un calo rispettivamente di 50 milioni (-69%) e 12 milioni (-72%) e anche l’engagement non se la passa meglio, passando dal 3,2% all’1% su Instagram (-69%) e dal 2,7% allo 0,73 per cento su TikTok (fonte: dati forniti da Arcadia, società di comunicazione specializzata in monitoraggio delle dinamiche online).

«Il pandoro gate ha segnato uno spartiacque tra una prima e una seconda era dell’influencer marketing - spiega Francesca Caon, ceo di Caon Public Relations -. Dopo il monopolio Ferragni, il settore si sta democratizzando sempre di più, dando spazio a nuovi protagonisti come i micro e i nano influencer, su cui i brand stanno puntando molto. I micro e i nano influencer consentono infatti di raggiungere specifiche nicchie di mercato, creando un coinvolgimento più autentico rispetto ai vip».

Questa nuova fase all’insegna del “pluralismo digitale” solleva anche alcuni interrogativi sul ruolo e sul futuro dell’informazione di qualità in un contesto dominato dalla velocità e dall’immediatezza dei contenuti.

«Ci troviamo di fronte a due distinte categorie professionali tra loro antitetiche - continua la ceo - i creator, capaci di costruire relazioni autentiche con i follower - e i giornalisti, custodi della verifica e della capacità di raccontare ogni notizia da prospettive multiple. Mentre l’influencer si muove con agilità tra viralità e autenticità percepita, l’editoria deve puntare su qualità e autorevolezza. In questo nuovo contesto, i nuovi paradigmi saranno la credibilità dell’informazione e la capacità di distinguersi dagli altri media. Il giornalismo che, per la prima volta nella storia, si è trovato di fronte a una moltiplicazione dei canali di comunicazione prima impensabile e a un aumento del numero di influencer, deve differenziarsi dai social puntando sull’approfondimento e, perché no, qualche volta anche sull’emozione».

Sarà lo sviluppo di una sinergia positiva tra giornalisti e influencer a garantire quella trasparenza dei contenuti in grado di far riconoscere agli utenti la comunicazione commerciale da quella non commerciale.

«I professionisti delle pubbliche relazioni, che ricoprono un ruolo fondamentale nella gestione della reputazione dei brand, saranno il motore di questa integrazione - conclude Caon - creando una comunicazione integrata che possa unire la credibilità del giornalismo con l'immediatezza e l'engagement degli influencer. Attraverso strategie mirate, i pr possono aiutare i brand a navigare in questo panorama complesso e a garantire che i messaggi siano recepiti in modo efficace e autentico dal pubblico».

Impatto a misura d'ambiente

Uno studio ha rilevato che l'impatto di carbonio delle pubblicazioni digitali di un influencer con tre milioni di follower tra le diverse piattaforme è di 1.072 tonnellate di anidride carbonica all'anno, l'equivalente di 481 viaggi andata e ritorno tra Parigi e New York. Da questo problema è nato uno strumento gratuito e open source per aiutare influencer e brand a misurare gli impatti delle proprie campagne sui social e comprendere come ridurli per una fruizione più consapevole e rispettosa dell'ambiente.
Si chiama - viene spiegato in una nota - Carbon Footprint Calculator ed è stato rilasciato in tutta Europa, Italia compresa, da Kolsquare, azienda francese specializzata in Influencer Marketing e B Corp certificata, per promuovere attivamente la riduzione delle emissioni degli operatori del settore. Il calcolatore, sviluppato con la piattaforma di verifica dell'impronta di carbonio Sami, è a disposizione tanto dei creator quanto dei brand o delle agenzie che intendono contribuire a divulgare messaggi positivi, anche attraverso azioni tangibili. «Il nostro settore si basa sulla crescita e sulla scalabilità, quindi è ancora più importante crescere in modo responsabile. Non si può migliorare ciò che non si può misurare: ecco perché quantificare l'impatto delle nostre azioni è il primo passo per capire da dove provengono le emissioni e cosa si può fare per ridurle», afferma Quentin Bordage, ceo e fondatore di Kolsquare.

«Sul piano degli influencer e dei marchi che ricorrono a collaborazioni, gli aspetti più impattanti - viene sottolineato - sono la creazione contenuti, gli eventi e la spedizione di prodotti, in omaggio e non. La misurazione delle emissioni delle campagne di influencer marketing, infatti, prende in considerazione: i mezzi di trasporto scelti per gli spostamenti, la frequenza e la distanza degli stessi; le scelte alimentari condivise con il pubblico durante un'attività, quali le materie prime impiegate, le lavorazioni e la quantità di scarti; produzione, consegna e imballaggio dei prodotti; le apparecchiature elettroniche utilizzate per la produzione dei contenuti. Anche la lunghezza dei video, la loro definizione e la quantità delle interazioni, visualizzazioni incluse, contribuiscono all'impronta di carbonio complessiva di una campagna».

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