venerdì 27 luglio 2018
È la stima dell'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche. Sono stati gli istituti più utilizzati nell'ultimo decennio per rispondere alla domanda di occupazione discontinua
Dieci milioni di ore al mese per voucher e lavoro intermittente
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La domanda di voucher e lavoro intermittente è pari a dieci milioni di ore al mese. È la stima dell'Inapp (Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche) contenuta nello studio sul Ricorso al lavoro accessorio e domanda di lavoro discontinuo. Secondo il rapporto, il lavoro intermittente (a chiamata) e il lavoro accessorio (retribuito attraverso i cosiddetti voucher) sono
stati gli istituti più utilizzati nell'ultimo decennio per rispondere alla domanda di lavoro discontinuo. Tali forme di lavoro hanno subìto nel corso degli anni numerosi interventi che ne hanno modificato il livello di estensione e regolamentato l'obbligo di tracciabilità, generando repentine reazioni della domanda di lavoro nell'utilizzo dell'uno o dell'altro strumento. Lo studio Inapp esamina appunto l'andamento di questa domanda dal 2011 a oggi.

«Quanto avvenuto dopo l'introduzione della tracciabilità dei voucher nell'ottobre del 2016 - spiega Stefano Sacchi, presidente dell'Inapp - quando è aumentato l'utilizzo del lavoro a chiamata che pure prevede criteri di utilizzo stringenti e la tracciabilità sin dal 2012, porta a ritenere che esista una domanda di lavoro discontinuo per così dire genuina, cioè motivata da esigenze di carattere organizzativo-produttivo anziché dalla volontà di utilizzare strumenti legali per occultare lavoro sommerso». Da quanto emerso dall'elaborazione sia prima della riforma del 2012, che limita l'utilizzo del lavoro a chiamata e al contempo liberalizza l'uso dei voucher, sia dopo l'abolizione di questi ultimi, vi è una base di domanda di lavoro discontinuo stimabile in almeno dieci milioni di ore al mese.

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