venerdì 15 dicembre 2023
L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha sanzionato l'azienda dolciaria e le due società che gestiscono i diritti dell'influencer complessivamente per 1,5 milioni di euro
Chiara Ferragni

Chiara Ferragni - Ansa

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Quanto c’è di reale nelle campagne pubblicitarie che coinvolgono aziende e personaggi famosi per presunte iniziative benefiche? Senza voler necessariamente generalizzare, purtroppo, a volte, nulla. Sembra dimostrarlo, una volta di più, la maxi-multa decisa dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che ha sanzionato le società Fenice e TBS Crew, che gestiscono i marchi e i diritti relativi alla personalità e all'identità personale di Chiara Ferragni, rispettivamente per 400mila euro e per 675mila euro, e Balocco Industria Dolciaria per 420mila euro. Si parla, nel merito, di pratica commerciale scorretta: le società coinvolte “hanno fatto intendere ai consumatori che acquistando il pandoro "griffato" Ferragni avrebbero contribuito a una donazione all'Ospedale Regina Margherita di Torino. La donazione, di 50mila euro, era stata invece già effettuata dalla sola Balocco mesi prima. Le società riconducibili a Chiara Ferragni hanno incassato dall'iniziativa oltre 1 milione di euro".

L’operazione dei pandori griffati Ferragni, stando agli atti acquisiti dall’Antitrust, è stata insomma essenzialmente una operazione di marketing condotta da Balocco con l’obiettivo di tentare di riposizionare (“svecchiare”) sul mercato il Pandoro Balocco dandone una immagine diversa. Inoltre, la donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino, pubblicizzata come associata alle vendite del suddetto Pandoro, non ha avuto alcun rapporto con le vendite stesse. Dagli atti risulta anche che Balocco non avrebbe voluto inserire nel comunicato di lancio dell’iniziativa il riferimento alla donazione come legata alle vendite del prodotto; anzi, in una mail interna “il [omissis]* scrive: “Mi verrebbe da rispondere [al team Ferragni]: In realtà le vendite servono per pagare il vs cachet esorbitante”. Le società riconducibili a Chiara Ferragni hanno infatti incassato dall’iniziativa oltre 1 milione di euro, denaro con cui evidentemente Balocco si attendeva adeguata pubblicità all’iniziativa grazie ai post dell’influencer diretti ai suoi 30 milioni di follower.

A livello puramente commerciale, peraltro, l’operazione “Pandoro Pink Christmas” è stata un fiasco totale, segno di quanto non necessariamente avere tutti quei follower si traduca poi in vendite reali per i prodotti pubblicizzati. La Balocco, anzi, è andata addirittura in perdita, e ha mandato al macero molti pandori rimasti invenduti e che erano stati proposti mediamente a 9,37 euro a confezione invece del prezzo di 3,68 euro del Pandoro Balocco tradizionale, “il 254,62% in più rispetto al Pandoro tradizionale, uguale per ingredienti e soltanto con una confezione di miglior fattura”, sottolinea l’Antitrust negli atti. Tra l’altro, se la donazione fosse stata legata alle vendite del Pandoro, non avendo la campagna prodotto alcun margine, la donazione stessa sarebbe stata a rischio. Il punto, però, è l’aver fatto credere ai consumatori che avrebbero contribuito alla donazione con l’acquisto, circostanza non vera. Di più: secondo l’Antitrust, nei suoi post e nelle storie sui suoi canali social si è lasciato intendere che “la Signora Ferragni partecipava direttamente alla donazione, circostanze risultate non rispondenti al vero, nonostante le sue società avessero incassato oltre 1 milione di euro”.

Per l’Autorità, questa pratica ha limitato considerevolmente la libertà di scelta dei consumatori facendo leva sulla loro sensibilità verso iniziative benefiche, in particolare quelle in aiuto di bambini affetti da gravi malattie, “violando il dovere di diligenza professionale ai sensi dell’articolo 20 del Codice del Consumo e integrando una pratica commerciale scorretta, connotata da elementi di ingannevolezza ai sensi degli articoli 21 e 22 del Codice del Consumo”. "Dal momento che ritengo ingiusta la decisione adottata nei miei confronti, la impugnerò nelle sedi competenti", ha detto da parte sua Chiara Ferragni, che parla di un'operazione "in cui tutto è stato fatto in totale buona fede". E la stessa Balocco sottolinea che sta studiando un ricorso.

Con questo nuovo provvedimento, l’Autorità dimostra ancora una volta una certa attenzione nei confronti di un mondo, quello degli influencer, le cui pratiche commerciali e pubblicitarie non sempre sono chiarissime. Lo scorso mese la stessa Auturità ha annunciato di aver aperto un’istruttoria sull’influencer Asia Valente e su Meta: il sospetto è che i suoi post fossero di natura promozionale, nonostante questo non venisse dichiarato. Il caso Ferragni-Balocco sembra inoltre dimostrare quanto labile, anche a livello commerciale, sia per le aziende il potenziale derivante dal reclutamento di personaggi pieni di follower ma che, alla prova dei fatti, non sempre sembrano valere tutto quello che costano.

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