venerdì 24 novembre 2017
La ricetta degli esperti del Fondo monetario per rianimare l'economia nipponica guarda al modello scandinavo. E chiede ai papà di fare meno straordinari
Una famiglia giapponese in metropolitana (via Flickr https://flic.kr/p/5Uzprj)

Una famiglia giapponese in metropolitana (via Flickr https://flic.kr/p/5Uzprj)

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Per rianimare l’economia giapponese gli esperti del Fondo monetario chiedono aiuto alle donne. La richiesta è particolare e solo apparentemente contraddittoria: cercate lavori a tempo pieno e fate più figli. Da anni il Giappone è un osservato speciale tra le economie più avanzate: è un Paese anziano, con più di un quarto della popolazione sopra i 65 anni, un tasso di natalità tra i più bassi al mondo (1,4 figli per donna), una disoccupazione quasi inesistente (2,8%), una crescita che resta debole nonostante pesanti stimoli monetari, una spesa pubblica che ha prodotto uno dei debiti più alti al mondo (il 250% del Pil), mentre consumi, salari e inflazione faticano a prendere il passo che dovrebbero avere in un’economia in salute. Un Paese dove non si sta male, insomma, e che la politica economica iper-keynesiana del primo ministro Shinzo Abe ha contribuito a risollevare, ma che invecchia rapidamente, perde mezzo milione di abitanti all’anno e non brilla per dinamismo: tutte condizioni che non lasciano presagire un futuro radioso.

Due limiti evidenti alle potenzialità di crescita del Giappone sono rappresentati dall’età della popolazione e dalla difficoltà delle imprese a reperire manodopera. Criticità che secondo uno studio curato da tre economisti del Fondo monetario internazionale, Naoko Miake, Kalpana Kochar e Yuko Kinoshita, potrebbero essere rimosse proprio aiutando le donne a lavorare di più e a diventare anche madri. I due obiettivi sono solo in apparenza in contrasto, e per capirlo, dice la ricerca, è sufficiente guardare al modello sociale scandinavo. In realtà le cose non sono così semplici. Le tradizioni sono difficili da intaccare e in Giappone da sempre sono gli uomini ad avere la certezza di un’occupazione a vita, mentre più della metà delle donne che lavora lo fa con contratti part-time o a termine, per potersi prendere cura dei figli, degli anziani, della casa. Cosa che riduce l’offerta di manodopera e frena gli aumenti nelle retribuzioni. Le donne con impieghi a tempo pieno, inoltre, difficilmente diventano anche madri, considerati i ritmi di lavoro "giapponesi", con l’abitudine a fare molte ore di straordinario anche non pagato.

La strada indicata degli economisti del Fmi guarda al Nord Europa e comporta soprattutto un cambio culturale. L’invito è a rimuovere gli ostacoli fiscali che disincentivano il lavoro a tempo pieno delle mogli, a cambiare la cultura aziendale e le norme sociali che frenano l’occupazione femminile, a investire nelle strutture pubbliche per la cura dei figli. Resta un ultimo aspetto, che riguarda gli uomini: perché la ricetta possa funzionare, cioè perché le donne possano essere allo stesso tempo madri e lavoratrici, i padri devono mettere limiti agli straordinari e incominciare a stare di più con la famiglia. Se gli uomini passano più tempo a casa, notano gli esperti, aumentano anche le possibilità che le coppie abbiano un secondo figlio. Non vale solo per il Giappone.

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