
Reuters
Confermata solo pochi giorni fa, la decisione di bloccare la vendita di iPhone 16 nell’immenso arcipelago indonesiano rischia di portare alla deriva anche i rapporti fra Giacarta e Washington. La motivazione ufficiale già espressa lo scorso ottobre e ora ribadita è che l’azienda californiana non rispetterebbe la legge che impone agli investitori di produrre localmente almeno il 40 per cento dei componenti a tutela di occupazione e output.
Una limitazione che Apple ha prima cercato di aggirare proponendo nel giro di pochi mesi investimenti di 10 e successivamente di 100 milioni di dollari fino ad arrivare il 7 gennaio a porre sul piatto della trattativa un miliardo di dollari nella costruzione sull’isola di Batam di una sede produttiva di Air Tag in grado di garantire il 65% della produzione globale di questo sistema di tracciamento per gli smartphone di ultima generazione.
Il ministro per gli Investimenti, Rosan Roeslan, non ha chiarito se l’accordo sia già stato stilato oppure sia ancora al solo livello di proposta. Da parte sua il ministro dell’Industria, Agus Gomiwang, ha voluto precisare che «AirTag non è un componente o una parte degli apparecchi ma un accessorio» e in generale il governo sembra propenso a puntare verso ulteriori negoziati. Questione di tattica, forse, dato che una certa resistenza verso potenziali investitori è servita finora a intascare alcuni risultati. I rischi e benefici del tiro alla fune, tuttavia vanno nel caso di Apple attentamente valutati.
Davanti all’appeal di bassi costi del personale e operativi e la vicinanza di buona a parte delle materie prime necessarie, la realtà indonesiana non è ancora in grado di proporre elevati numeri di maestranze preparate e inoltre la condizioni economiche e occupazionali rendono per ora e anche nel medio periodo difficile disporre di un mercato locale che esca dalle quote di nicchia. Apple copre al momento poco più dell’1% del mercato indonesiano degli smartphone che lo scorso anno ha visto una crescita prossima al 25% e con una proiezione di valore di 12 miliardi di dollari nel 2029.
L’Indonesia conta 280 milioni di abitanti e punta – ancor più con il recente ingresso a pieno titolo tra i Brics – a ricavarsi una posizione di primo piano fra i grandi dell’Asia, ma parte da una situazione poco competitiva a confronto con altri partner o rivali regionali e la necessità di attrarre investimenti e iniziative produttive di tecnologia avanzata.