giovedì 16 maggio 2024
Ai Durum Days a Foggia allarme per la produzione al Sud, che rischia un anno orribile. Gli agricoltori dicono che gli incassi sono troppo bassi, i mugnai si difendono. E la Turchia ci sorpassa
Coltivazione di grano duro in Italia

Coltivazione di grano duro in Italia - Coldiretti

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Il direttore del Crea cerealicoltura Nicola Pecchioni parla di «calo produttivo concentrato al Sud» e il responsabile della sede di Foggia, Pasquale De Vita, che vede i campi ingiallire, tira le somme di un annus horribilis: «È stato l’inverno più caldo della storia, poche piogge, un’accelerazione mai vista nella pianta. Al Nord, se le precipitazioni di questi giorni non compromettono la qualità, la situazione è buona, ma al Sud le rese sono crollate» dice il ricercatore.

Ecco i numeri che il pubblico del Durum Days, l’assise di settore più importante, si aspetta: le “solite” cinque tonnellate a ettaro al Nord e 2,74 nelle isole. A trascinare nel baratro le statistiche è la Sicilia, dove si potrebbe perdere intorno al 70% del raccolto. Non sta meglio il resto del Mezzogiorno, fermo a 2,83.

L’auditorium della Camera di Commercio di Foggia, questa mattina, era molto carico: ad ogni numero sulla campagna dei vernini, dal loggione, partiva la contestazione del popolo dei trattori. Sono volate parole grosse. «Industriali pescecani» è stato il massimo del fair play, quando si è discusso di Granaio Italia e della necessità di un telerilevamento (su cui ha molto insistito la Cia) per sapere quanto grano duro venga realmente coltivato nel Paese. Alle accuse di affamare i produttori italiani con prezzi troppo bassi, hanno replicato i mugnai: «Siamo tutti sulla stessa barca, la Turchia ci ha superato per esportazioni di pasta, insomma qui ci stanno fregando il mercato della pasta, che loro producono usando anche il tenero… Ci hanno già rubato tutto il mercato africano. Smettiamola di criminalizzare le importazioni» ha detto Vincenzo Martinelli di Italmopa.

Una spiga di grano

Una spiga di grano - Coldiretti

Ma non è bastato. Ed è intervenuto uno dei maggiori industriali della pasta, Vincenzo Divella, con tre argomenti salva-grano. Primo: «L’Ue imponga alla Turchia di non esportare pasta mista duro-tenero». Secondo: «La ricerca non punti in alto ma si applichi su migliorie che servono ai piccoli agricoltori». Terzo: «Chi fa il prezzo del grano e ci specula sono gli stoccatori, non l’industria, quindi l’agricoltore si associ e si doti di strutture di stoccaggio, evitando che il grano passi per troppe mani».

Il 2023 ha lasciato il segno, malgrado l’industria abbia fatto quotare anche grano mercantile pur di poter ritirare la produzione dello scorso anno, il cui peso specifico era stato stroncato dalle piogge primaverili. Una buona volontà che non basta, evidentemente, quando la produzione scende a 3,4 milioni di tonnellate (-10%), altro record negativo, e i mercati globali, come ha spiegato Carlotta De Pasquale di Arete agrifood, continuano ad essere condizionati dalle esportazioni turche e russe. «Aggiungiamoci pure – ha detto l’esperta – che si arriva a questa fase senza stock e quindi incapaci di far fronte a eventuali problemi, qualora calasse la produzione canadese o fossero imposto un blocco delle esportazioni di grano alla Russia. Allora ci sarebbero forti volatilità rialziste».

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