giovedì 14 gennaio 2021
Sette economisti propongono di tagliare i passivi degli Stati vincolando però le risorse a investimenti sulla transizione ecologica. Altrimenti rischiamo la deflazione
L'economista Laurence Scialom

L'economista Laurence Scialom

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Cancellare una parte del debito pubblico lievitato in Europa durante la crisi sanitaria, in modo da rilanciare in fretta investimenti per rendere le società europee più sostenibili, resilienti, ecologiche e solidali. L’idea non è più tabù nel dibattito continentale, a giudicare dalle proposte simili in questo senso presentate in diversi Paesi europei da economisti di primo piano.
«Siamo in una situazione senza precedenti e ciò giustifica la nostra proposta d’annullare una parte del debito pubblico degli Stati Ue detenuto dalla Banca centrale europea», ci dice Laurence Scialom, specialista di macroeconomia all’Università Paris-Nanterre, che ha appena pubblicato su Le Monde un appello firmato assieme ad altri 6 economisti transalpini, fra cui il gesuita Gaël Giraud, già capoeconomista dell’Agenzia francese di sviluppo.

Scialom spiega: «Come mai prima, cresce in Europa il rischio di deflazione. Se tutti gli attori economici, pubblici e privati, cercassero di rimborsare i propri debiti, ci sarebbero tutti gli ingredienti per una deflazione da debito, il che sarebbe estremamente grave. Infatti, sappiamo lottare contro l’inflazione, ma non contro una deflazione massiccia». Dietro al ragionamento degli economisti francesi, c’è poi un altro movente fondamentale: «Se prendiamo sul serio quello che ci dice la scienza, abbiamo solo 20 anni per attuare la conversione ecologica delle nostre economie. Ciò richiederà investimenti di prim’ordine. Se perdiamo quest’appuntamento, non ci saranno più possibilità di recupero. Sarà troppo tardi. Oggi, la questione centrale è l’etica verso le future generazioni. Con la sfida ecologica, siamo di fronte a un bene comune mondiale e sarebbe assurdo rilanciare gelosie come quelle viste in Europa nell’opposizione fra i cosiddetti Paesi frugali e gli altri».

Scialom è convinta che la misura non scompaginerebbe gli equilibri del sistema finanziario: »La cancellazione riguarderebbe unicamente la Bce e non i portafogli finanziari, dunque non comporterebbe perdite per i risparmiatori che detengono titoli. Ciò è possibile perché le banche centrali sono i soli attori i cui passivi non sono dei debiti. Si tratterebbe dunque di una mossa della Bce in nome di un migliore avvenire per tutti gli europei. L’immobilismo, al contrario, significherebbe prendere rischi mortali». Un altro punto del piano è decisivo: «Non si tratta di ridurre il livello d’indebitamento dei Paesi, perché l’equivalente del debito cancellato dovrebbe essere investito per la transizione ecologica». Nel piatto in questione, sottolineano i 7 economisti francesi, ci sono i 2.320 miliardi di euro (dato aggiornato al maggio 2020) di debiti acquistati dal 2015 dalla Bce agli Stati europei.

Ma questa manovra su scala europea sarebbe davvero senza rischi? «La principale opposizione ragionevole a questa proposta riguarda l’inflazione – ammette Scialom –. Oggi, speriamo tutti che possa imporsi un’inflazione moderata. Al di là di un certo livello d’inflazione, si hanno certamente effetti distorsivi. Per questo, non proponiamo di annullare tutto il debito di colpo. La Bce potrebbe farlo progressivamente e in modo contrattuale con gli Stati, annullando il debito fin quando l’inflazione resta sotto un certo livello auspicabile. Per l’Europa, su scala mondiale, sarebbe pure un modo per rafforzare il proprio ruolo guida sulle questioni ambientali».

La proposta avanzata in Francia non è affatto isolata, iscrivendosi fra l’altro in quella corrente emergente del pensiero economico che giudica ormai doveroso integrare pienamente le sfide ecologiche in ogni politica macroeconomica, senza confidare nella sola presunta capacità dei mercati di penalizzare e "far pagare" i comportamenti ecologici non virtuosi. Sul Financial Times, Mark Dowding, ai vertici del gestore di portafogli londinese BlueBay (detenuto oggi dalla Royal Bank of Canada), ha appena ricordato che ««è giunta l’ora di pensare alla cancellazione del debito», citando in primis il caso del debito detenuto dalla Bce. In Italia, si tratta di un’idea appena rilanciata in modo molto argomentato dagli economisti Leonardo Becchetti e Pasquale Scaramozzino, dell’Università di Roma Tor Vergata, che propongono anch’essi una cancellazione progressiva del debito, in modo da superare i timori più diffusi, come quelli di ricadute negative per la Bce, o quelli legati alla tentazione degli Stati di assumere in futuro comportamenti finanziari lassisti.
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