venerdì 20 dicembre 2013
Il viceministro dell’Economia boccia il segretario del Pd su lavoro e art. 18. «Voleva cambiare verso all’Italia, fa il verso ai liberisti sbagliando».
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Il piano lavoro di Matteo Renzi? «Mi sembra l’ultima cosa da fare: il Paese è come un’auto rimasta completamente a secco. Serve la benzina per farla ripartire. Cambiare l’olio per lubrificare i rapporti è inutile, se non dannoso». Stefano Fassina non ha paura di bocciare le proposte del neosegretario del suo partito. Il viceministro dell’Economia difende la legge di Stabilità – «abbiamo fatto il massimo con i vincoli esistenti» – e "giura" che «le famiglie pagheranno meno imposte sulla prima casa». Poi chiama alla battaglia: «Dobbiamo far cambiare rotta all’Europa, altrimenti finiremo come il Titanic».Viceministro, quindi sbaglia Renzi sul contratto unico per i neoassunti senza protezione dell’articolo 18 per i primi 2-3 anni?Il lavoro si crea con politiche macroeconomiche di sostegno alla domanda aggregata, favorendo investimenti e consumi interni. È deprimente il ritorno dell’ossessione sull’articolo 18 e sulle regole dopo i conclamati fallimenti della ricetta neoliberista. I rottamatori dovrebbero rottamare anche i falliti paradigmi culturali ancora cari agli interessi più forti.Eppure il premier Letta ha accolto con favore l’idea. Ma allora il Pd dove sta?Spero che ci sia modo di discutere di questa proposta nel partito e nei gruppi parlamentari. Non so se è cambiato il partito, certo è cambiata la leadership. Ma Renzi voleva cambiare verso all’Italia, in questo caso mi sembra invece che continui nel verso neoliberista degli ultimi 25 anni. Ripeto: mi sembra inutile, se non dannoso parlare di mercato del lavoro ora e farlo ancora nel solco della precarizzazione e della competizione sui costi.Costi che avete ridotto poco con la legge di Stabilità. Sono scontenti tutti: le imprese, i sindacati, i Comuni, le famiglie...Si sono create aspettative troppo alte. E invece avevamo spazi di manovra ridottissimi, vincoli di bilancio stringenti. Certo che avremmo voluto fare di più. Ma io rivendico i risultati positivi. Oggi ci si lamenta che si è ridotta poco la pressione fiscale, dimenticando che finora è sempre aumentata. Prima le tasse crescevano, ora abbiamo una riduzione di 3 miliardi sul cuneo fiscale tra imprese e lavoratori, un allentamento dell’imposizione sulla prima casa per le famiglie, incentivi per le ristrutturazioni, misure per la patrimonializzazione delle imprese, credito garantito per le Pmi. E ancora, abbiamo salvaguardato altri 17mila esodati, aumentato il fondo per le borse di studio, adottato misure per i precari della giustizia e gli specializzandi in medicina... Insomma, l’inversione è netta, anche se non ancora sufficiente.Le famiglie con figli però sono preoccupate: temono di pagare molto di più sulla casa.Su questo mi sento di tranquillizzare: L’aliquota standard dell’Imu era il 4 per mille, quella della Tasi sarà l’1 per mille, con un tetto massimo al 2,5 per mille. È vero che per l’Imu erano previste detrazioni specifiche per i figli a carico, ma i Comuni ora avranno a disposizione 500 milioni per le detrazioni. Saranno loro a scegliere chi far pagare di più o meno, se puntare sui bassi redditi o sul numero di figli. Ma sono sicuro: si pagherà meno di prima sull’abitazione principale.Non è arrivato quello choc positivo che tutti attendevano e ciò non favorirà la ripresa.Nessun governo europeo, qualunque sia la sua maggioranza, è oggi in grado di operare uno choc positivo. I vincoli sono troppo stringenti. Per questo dobbiamo portare a Bruxelles l’epicentro del conflitto. È lì che va data battaglia per cambiare profondamente la politica economica europea. Siamo sulla rotta del Titanic e l’iceberg è vicino. Il semestre di presidenza italiana va giocato su una nuova agenda per l’Europa...Proclami, ma in concreto?È la battaglia decisiva per il nostro futuro. Occorrono nuove regole per l’accesso al credito, una politica monetaria contro la deflazione, lo scorporo degli investimenti dai vincoli del patto di stabilità e un coordinamento delle politiche economiche che corregga gli squilibri dei Paesi che hanno forti surplus della bilancia commerciale. In una parola: la fine dell’Europa mercantilistica.Sì, ma noi alla fine contiamo poco in Europa...Avremo la presidenza dell’Unione a luglio, allora ci giocheremo tutto. Pronti a puntare i piedi e anche ad adottare un "Piano B"?Che cosa significa: uscire dall’Europa o cos’altro?Per ora non voglio dire di più per motivi di responsabilità istituzionale.A proposito di spesa, il commissario Cottarelli si lamenta: «Io taglio, ma poi i risparmi vanno a finanziare altre spese...».Spese importanti, non certo futili come la cassa integrazione in deroga o il fondo per i non autosufficienti. Prima di criticare è meglio entrare nel merito: sono scelte politiche.Ci sarà un rimpasto di governo?Bisognerebbe chiedere al premier. C’è stato un cambio decisivo nel partito più importante della coalizione. Qualche cambiamento sarebbe legittimo.
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