Edificato vicino alla più antica centrale idromeccanica, l’impianto idroelettrico di Crespi fu inaugurato il 25 luglio 1909, nel giorno dedicato a San Cristoforo, protettore delle acque - LaWhite / Walter Carrera
Non c’è il campanile, sono le ciminiere a riempire il cielo e le turbine a muovere le acque del fiume Adda. La centrale idroelettrica del villaggio operaio di Crespi d’Adda è la più piccola tra quelle create sul medio corso del fiume lombardo. Ma è, sicuramente, tra le più affascinanti, con le decorazioni in stile tardo Liberty lombardo, la presenza del parquet originale, il pannello di controllo e la testa delle turbine del 1909 che la rendono un gioiello di archeologia industriale del secolo scorso.
Ma investire nella più antica fonte rinnovabile oggi conviene ancora? I dati di Terna, società che gestisce la rete di trasmissione nazionale italiana dell’energia elettrica, sembrano dire di sì: quest’anno il peso della produzione di energia idroelettrica in Italia è aumentato, andando a coprire già tra gennaio a settembre di quest’anno il 39,4% del nostro fabbisogno energetico (contro il 28,2% dello stesso periodo dell’anno nel 2022 e il 32,6% nel 2023, ndr).
Edificato vicino alla più antica centrale idromeccanica, l’impianto idroelettrico di Crespi fu inaugurato il 25 luglio 1909, nel giorno dedicato a San Cristoforo, protettore delle acque. Inizialmente era dotato di tre turbine Kaplan, con asse verticale e completamente immerse nell’acqua per permettere la rotazione orizzontale: girando, si produceva energia meccanica che, grazie al generatore, era possibile convertire in energia elettrica per alimentare tutto il cotonificio e far lavorare gli operai giorno e notte, con turni che erano ben lontani delle 8 ore sindacali odierne. Dopo il 2009 la centrale idroelettrica cadde in disuso; ma oggi è tornata a funzionare, grazie alla società Adda Energi, del Gruppo Iniziative Bresciane Spa, che nel 2015 l’ha acquistata e ristrutturata, reinstallando una potenza di 2282 KW e permettendo a visitatori, curiosi e appassionati, di accedere alla parte storica dell’edificio. Ultimo dettaglio, oggi, essendo un impianto di potenza, le turbine vengono azionate nel momento in cui vi è abbondanza di acqua, ossia quando da Lecco arriva un flusso di portata maggiore di 120 metri cubi al secondo.
Dopo il 2009 la centrale idroelettrica cadde in disuso; ma oggi è tornata a funzionare, grazie alla società Adda Energi, del Gruppo Iniziative Bresciane Spa, che nel 2015 l’ha acquistata e ristrutturata, reinstallando una potenza di 2282 KW e permettendo a visitatori, curiosi e appassionati, di accedere alla parte storica dell’edificio - LaWhite / Walter Carrera
La centrale idroelettrica a Crespi d’Adda non è l’unica parte a essere visitabile: a fianco si trova lo storico villaggio operaio, sorto nel 1876 per volontà dell’imprenditore Cristoforo Benigno Crespi. La vicinanza con il naviglio Martesana e il fiume Adda per oltre cent’anni permisero di far funzionare l’opificio, generare energia idroelettrica, trasportare materie prime e prodotti finiti al di fuori della provincia di Bergamo verso le Alpi, ma anche verso il polo industriale di Milano.
Fu uno dei primissimi tentativi di creare un villaggio operaio, autarchico e dedito al profitto, attraverso una sorta di benessere biologico creato fittiziamente per gli operai che lavoravano alle dipendenze della famiglia Crespi, nell’omonimo cotonificio. Come? Costruendo cinquantacinque casette per gli operai, pressoché uguali tra loro, a meno di cinque minuti a piedi dal cotonificio, così da non avere ritardi sul lavoro. Accompagnati da guide turistiche professionali, oggi ci si può immergere nell’atmosfera che si respirava un tempo al villaggio, ideato dai Crespi per soddisfare alcuni dei bisogni primari degli operai, tenendoli, di fatto, lontani dai primissimi ed embrionali moti di rivolta e lotta operaia.
LaWhite / Marlin Dedaj
Con 33mila visitatori lo scorso anno, Crespi d’Adda è stato il secondo sito italiano industriale più visitato. Il presidente dell'associazione Crespi d'Adda, Giorgio Ravasio: «La nostra sfida è continuare con strategie di promozione e comunicazione del territorio»
Dalle ville dei dirigenti alla chiesa, dalla scuola elementare al teatro, dai bagni pubblici al cimitero, si può passeggiare fino al lavatoio per le donne che così non erano costrette a scendere fino al fiume per lavare e a fianco si vede il bar del dopolavoro, dove, allora, soli gli uomini potevano bere qualche bicchiere per distrarsi dai faticosissimi ritmi di lavoro, a cui, però, erano sottoposte anche le donne. Infine, le case posizionate più in alto che sovrastano ancora oggi l’intero complesso erano quelle del medico e del prete, le due figure più autorevoli del villaggio operaio. Inserito nel 1995 nella lista dell’Unesco è diventato il secondo sito industriale più visitato in Italia, dopo il museo Ferrari di Maranello e prima del museo storico Alfa Romeo ad Arese, del museo Lavazza a Torino e dell’Archivio Storico Olivetti a Ivrea. Nel 2023 hanno visitato il villaggio operaio Crespi d’Adda oltre 33mila visitatori: un numero ricavato esclusivamente dalle visite guidate promosse dall’associazione Crespi d’Adda in collaborazione con il comune di Capriate San Gervasio senza tenere conto degli appassionati, esperti, studiosi e curiosi arrivati in totale autonomia.
Un altro scorcio del villaggio di Crespi d'Adda - LaWhite / Walter Carrera
Questo numero calcolato al ribasso è frutto di un lungo percorso, iniziato negli anni 90 del secolo scorso, con un gruppo di giovani amici che quasi per scherzo da una cabina telefonica si ritrovò a chiamare gli uffici di Parigi dell’Unesco per candidare proprio il piccolo villaggio operaio. Tra loro c’era anche Giorgio Ravasio, attuale presidente dell’associazione Crespi d’Adda, e tra gli artefici di questo “risveglio” culturale, dopo la fine delle attività produttive. Quello di Crespi d’Adda si può ritenere un esempio virtuoso di gestione culturale, rigenerazione economica e progettualità che trova forma anche nel festival della letteratura del lavoro, che dal 2017 propone un cartellone di eventi e incontri con autorevoli ospiti per raccontare e vivere il mondo del lavoro nelle sue molteplici sfaccettature, tra passato, presente e futuro.
LaWhite / Walter Carrera
Oggi Crespi rappresenta anche un modello di lavoro concreto che coinvolge in maniera diretta o indotta circa un centinaio persone: sei persone assunte, venticinque guide professioniste e quasi sessanta collaboratori per lo più studenti del territorio coinvolti in laboratori e visite a centrale, fabbrica e museo. «La nostra sfida – ha spiegato Ravasio – è continuare a mettere in campo, strategie di promozione e comunicazione del territorio capaci di generare valore per tutta la comunità ed essere luogo sempre più attrattivo per visitatori, anche stranieri, e soprattutto per i giovani che saranno i futuri custodi di questo inestimabile patrimonio storico, architettonico, culturale e ambientale».
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