martedì 21 novembre 2023
La quota ceduta è salita al 25%, con lo Stato detiene adesso il 39,2% del capitale. La vendita è un passo verso la privatizzazione ma non scalda la Borsa
La vendita di Mps va oltre le attese, il Tesoro incassa 920 milioni di euro

Ansa

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L'operazione Mps è andata meglio del previsto con il Tesoro che ha collocato ieri sul mercato una quota del 25%, scendendo in un colpo solo dal 64,2% al 39,2% del capitale. Le azioni dell'istituto senese, un tempo ripudiate dal mercato, sono andate a ruba, al punto che il Mef, dopo aver registrato una domanda cinque volte superiore all'offerta, è stato costretto ad aumentare il quantitativo messo in vendita, inizialmente pari al 20% del capitale.

C'è grande soddisfazione al Tesoro e tra i suoi advisor per il collocamento delle azioni Mps. Un'operazione che, viene fatto notare da fonti vicine al dossier, "toglie il grosso dell'overhang (il peso sulle quotazioni legato al timore di vendite in Borsa, ndr), faciliterà eventuali operazioni di M&A" e rappresenta "un segnale positivo" in direzione di Bruxelles.

Avvio negativo a Piazza Affari per il titolo, che è stato sospeso alla partenza delle contrattazioni e si è subito allineato al prezzo del collocamento del Mef, ovvero 2,92 euro per azione, perdendo circa il 5%.

L'operazione, strutturata attraverso una procedura accelerata di raccolta ordini, è stata affidata a un consorzio costituito da Bank of America, Jefferies e Ubs "con l'obiettivo - si legge in una nota del Mef - di promuovere il collocamento delle suddette azioni presso investitori qualificati in Italia e investitori istituzionali esteri" e "rappresenta la prima fase del più ampio processo che porterà il Mef a valorizzare pienamente la banca, nell'interesse della stessa e di tutti gli stakeholders, nel contesto del solido quadro patrimoniale e reddituale" dell'istituto "e delle sue prospettive di ulteriore sviluppo".

La fame di azioni ha permesso al Tesoro di ridurre dal 6% al 4,9% lo sconto sulle quotazioni di Borsa a cui i titoli sono stati offerti. Rispetto a una guidance di 2,89 euro ad azione, le azioni sono state collocate a 2,92 euro permettendo al Mef di incassare 920 milioni, con una plusvalenza del 46% rispetto ai 2 euro a cui, un anno fa, ha sottoscritto l'aumento da 2,5 miliardi. Il Tesoro perde così il controllo di diritto del Monte nel cui azionariato cresce il peso degli investitori istituzionali e dei grandi fondi, aumentando flottante, liquidità e appetibilità del titolo.

La vendita rappresenta anche un segnale forte all'indirizzo di Bruxelles sulla determinazione del Tesoro a rispettare l'impegno a privatizzare Siena entro la fine del 2024, termine entro il quale dovrebbe scadere la proroga concessa dall'Ue per dismettere la quota. Ma potrebbe anche servire da arma negoziale nel caso in cui il Mef avesse bisogno di più tempo per trovare un partner, considerato che al momento i candidati più quotati - Banco Bpm, Bper e Unicredit - sembrano tutti, per una ragione o per l'altra, non volersi accasare a Siena.

La mossa del Tesoro cavalca un momento felice per il Monte, reduce da 9 mesi chiusi con 929 milioni di utili, grazie al lavoro di ristrutturazione dell'amministratore delegato Luigi Lovaglio. Il rilancio si è tradotto in una cavalcata in Borsa che ha preso slancio nelle ultime sedute. Dalla pubblicazione della trimestrale, lo scorso 8 novembre, il titolo è salito del 18,5%, in scia ai riconoscimenti del mercato per i progressi della banca, prima con il rialzo del rating da parte di Fitch e poi con la promozione di alcuni broker. Un treno che il Mef ha ritenuto opportuno non lasciarsi scappare, mettendo in vendita una quota ben più consistente di quella, compresa tra il 5 e il 15%, che il mercato si aspettava, agevolato anche dal rialzo dell'outlook di Moody's sull'Italia.

Nel 2018 il Tesoro spese 5,4 miliardi di euro nell’operazione per prendere il controllo della banca, tra aumento di capitale da 3,9 miliardi e 1,5 miliardi in “ristori” a chi aveva comprato obbligazioni subordinate. Lo Stato ha partecipato, per la sua quota, anche all’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro, che ha ottenuto anche il sostegno delle Fondazioni. Oggi Mps si può però considerare una banca risanata: punta a chiudere il 2023 con oltre un miliardo di euro di utile, anche grazie ai margini resi possibili dall'aumento dei tassi Bce.

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