mercoledì 3 settembre 2014
I primi dati della sperimentazione in 12 città evidenziano i limiti strutturali e di implementazione della misura. Requisiti troppo stringenti, molti falsi e poche domande i nodi principali.
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Era una sperimentazione. E dunque come tale doveva servire proprio a testare i meccanismi del nuovo strumento di contrasto alla povertà. Fatta questa premessa, c’è evidentemente molto da sistemare per far funzionare il "Sostegno per l’inclusione attiva", di cui la "nuova Social card" più ricca, sperimentata in 12 capoluoghi con un finanziamento di 50 milioni di euro, rappresentava il primo embrione.I primi risultati, a un anno dall’avvio della sperimentazione, sono stati pubblicati sul sito del ministero del Lavoro, con l’avvertenza che mancano ancora i dati di Roma, partita più tardi a causa delle elezioni amministrative. Finora sono state assegnate poco più del 70% delle card a disposizione. Sui 9.623 nuclei considerati beneficiari "potenziali", pari al numero massimo di card assegnabili, nelle 11 città sono state ritenute idonee 6.899 domande (su 17.484 presentate) e quindi altrettante famiglie hanno già ricevuto o stanno per ricevere il sostegno economico. Ogni nucleo, per un totale di 26.863 persone in condizione di povertà, riceve in media 334 euro mensili, cifra variabile in base alla composizione e alla residenza. Come detto mancano ancora i dati di Roma, dove sono arrivate 8.266 domande, delle quali 6.818 sono state inviate all’Inps per i controlli.I dati evidenziano comunque che la card non è riuscita a coprire neppure il bacino assai limitato individuato per questa prima sperimentazione, come testimonia il fatto che dei 38,2 milioni andati a Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Torino, Venezia e Verona 7,8 milioni resteranno inutilizzati. Con solo Catania, Palermo e Torino che esauriranno subito il budget disponibile. I nodi, già evidenziati dai Comuni, riguardano innanzitutto i requisiti (Isee inferiore a 3.000 euro, patrimonio inferiore a 8.000, tutti i componenti disoccupati ma con almeno un’occupazione nei 6 mesi precedenti la domanda, ecc.) considerati troppo stringenti.Poi sono intervenuti i timori degli stessi Comuni di ricevere troppe richieste, con il risultato di trovarsi al contrario con meno domande di quelle potenzialmente ricevibili. Da notare poi che oltre la metà delle domande, 10mila, non ha passato il vaglio dei controlli perché conteneva dichiarazioni false, con punte dell’80% a Catania e Firenze. «Evidentemente – nota il ministero – le possibili conseguenze penali non sono sufficienti a contenere il fenomeno delle dichiarazioni mendaci» e controlli stringenti sono sicuramente necessari.Secondo il monitoraggio, però, più che i requisiti stringenti ha pesato «il relativamente basso numero di domande, legato alla scarsa conoscenza delle misure disponibili, allo stigma, ecc.». Insomma, c’è ancora parecchio da mettere a punto, sperando che con la prossima legge di stabilità si dia il via a un intervento più consistente.
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