Tfs, una Manovra più attenta in attesa della Consulta

Si sta muovendo qualcosa sulla questione del Trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici. La Corte costituzionale ha fissato un'udienza per il 10 febbraio 2026
November 4, 2025
Tfs, una Manovra più attenta in attesa della Consulta
Palazzo della Consulta/ WEB
Si sta muovendo qualcosa sulla questione Tfs-Trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici. Nella Manovra – ha annunciato la premier Giorgia Meloni - c'è «il fondo per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego: la competenza è del ministro Paolo Zangrillo, la priorità per il governo è il rinnovo degli enti locali. E accorciamo i tempi per ottenere il Tfs nel pubblico impiego come da sentenza della Corte costituzionale». Proprio la Consulta ha fissato per il 10 febbraio 2026, alle ore 9.30, l’udienza pubblica in cui saranno discussi due ricorsi riguardanti la dilazione del pagamento del Tfs, che viene pagato a distanza di anni dalla cessazione del rapporto di lavoro. I giudizi, iscritti ai registri ordinanze n. 55/2025 (Tar Marche) e n. 61/2025 (Tar Lazio), traggono origine da ricorsi promossi e difesi dall’avvocato Pietro Frisani, capo dello Staff legale di Rimborso.eu, e rappresentano un passaggio decisivo in una battaglia che da anni mira a ristabilire equità e giustizia per i lavoratori pubblici. I ritardi sul pagamento del Tfs pesano soprattutto sui lavoratori, che si vedono negare somme maturate dopo una vita di servizio. Con un tasso d’inflazione dell’8% nel 2023 e del 5% nel 2024, un dipendente con un Tfs lordo di 200mila euro subisce una perdita di circa 26mila euro di potere d’acquisto, oltre agli interessi maturati. A rendere il quadro ancora più critico è il comportamento dell’Inps, che dopo aver istituito la possibilità di chiedere un’anticipazione del Tfs agli iscritti alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, nell’aprile 2024 ha bloccato le nuove domande e a giugno ha chiuso definitivamente la procedura per gli iscritti al Fondo Credito.
 Le origini della questione
Nella spasmodica ricerca di fondi utili alla finanza pubblica, il nostro legislatore da anni ha cominciato a varare norme che ritardano il pagamento del Tfs. Da un termine iniziale di 30 giorni si è passati a tre mesi e via via sempre di più, sino ad arrivare a oggi con un termine di dilazione che può superare i tre anni. Se si considera che il Tfs costituisce una voce di salario differita e che anzi sono denari trattenuti dal datore di lavoro nel corso del rapporto, si intuisce chiaramente l'illegittimità della norma.
Il Tar delle Marche, con ordinanza del 12 febbraio 2025, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della normativa che impone la dilazione del pagamento del Tfs, accogliendo le censure sollevate da un dirigente della Polizia di Stato in quiescenza dal 2022, difeso da Frisani. Analogo rinvio è giunto dal Tar del Lazio, a conferma di un contenzioso sempre più diffuso che coinvolge l’Inps e la Presidenza del Consiglio dei ministri. Entrambi i giudizi contestano la violazione dei principi costituzionali di uguaglianza, ragionevolezza e tutela del lavoro, nonché degli articoli 6 e 1 del Protocollo addizionale alla Cedu, in quanto lo Stato trattiene per anni somme di spettanza dei lavoratori senza riconoscere alcuna rivalutazione o interessi compensativi.
 «Siamo pienamente soddisfatti – spiega Frisani – che la Corte costituzionale abbia fissato l’udienza per il 10 febbraio 2026 su due nostri ricorsi, perché rappresentano un passaggio fondamentale per ristabilire un principio di equità e di giustizia atteso da anni. È sempre più probabile che la Corte dichiari esaurita la propria pazienza di fronte all’inerzia del legislatore, riconoscendo finalmente l’illegittimità della dilazione e il diritto dei lavoratori a ottenere rivalutazione e interessi sulle somme percepite in ritardo. Non si tratta di una concessione, ma di un diritto pieno e dovuto: quei fondi sono frutto del lavoro e degli anni di servizio dei dipendenti pubblici, e devono essere restituiti per intero. L’udienza del 10 febbraio 2026 segna dunque una tappa fondamentale nella battaglia per il riconoscimento dei diritti economici dei lavoratori pubblici. Dopo anni di silenzi e promesse mancate, la Consulta è chiamata a pronunciarsi su una norma che incide direttamente sulla vita di migliaia di famiglie italiane, e che potrebbe finalmente essere dichiarata illegittima, aprendo la strada alla rivalutazione integrale dei Tfs percepiti in ritardo. La Corte costituzionale si è già pronunciata sul tema con le sentenze n. 159/2019 e n. 130/2023, richiamando più volte il legislatore a intervenire per modificare una disciplina ritenuta “irragionevole e iniqua"».

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