Perché la Cina vuole navigare nell'Artico in disgelo

Lo scioglimento dei ghiacci potrebbe rendere possibili transiti più brevi tra Asia ed Europa: oggi si inaugura la China-Europe Arctic Express che fa risparmiare 12 giorni di navigazione
September 18, 2025
Perché la Cina vuole navigare nell'Artico in disgelo
Quando la Venta Maersk, una nave di proprietà della danese AP Møller-Maersk, salpò nel 2018 da Vladivostok, nell’estremo oriente della Russia, verso San Pietroburgo, quel viaggio fu accolto e descritto come il primo possibile indizio di ciò che sarebbe potuto accadere in futuro. Fu la prima nave portacontainer a dirigersi verso l’Europa dall’Asia attraverso la rotta del mare del Nord, attraverso l’Artico, anziché il Canale di Suez. Sul Financial Times si ipotizzò già 7 anni fa che, con l’aumento delle temperature artiche e la riduzione della copertura di ghiaccio marino, il risparmio di tempo e costi avrebbe reso tali viaggi una routine. Oggi quella previsione diventa realtà con la compagnia di navigazione cinese Haijie Shipping Company che inaugura il nuovo collegamento di navi portacontainer tra l’Estremo Oriente e il Vecchio Continente.
Sarà la nave portacontainer Istanbul Bridge, 25 anni e battente bandiera liberiana, a intraprendere questa traversata della durata di 18 giorni dal grande porto di Ningbo-Zhoushan, in Cina, per arrivare a Felixstowe, nel Regno Unito, passando per i porti europei di Rotterdam, Amburgo e Danzica, accompagnata da una scorta di navi rompighiaccio.
Diciotto giorni in mare, anziché i 25 necessari a far arrivare merci in Europa, utilizzando la linea ferroviaria che collega la Cina al Vecchio Continente; 18 giorni contro i 40 di navigazione via mare se si utilizza il Canale di Suez e gli oltre 50 giorni se si guarda alle navi cargo che circumnavigano il Capo di Buona Speranza in Africa per raggiungere i nostri porti. Il vantaggio economico è evidente in questi numeri: la nuova rotta tra i ghiacci offre un’alternativa altamente efficiente, soprattutto per le aziende di e-commerce transfrontaliere che danno priorità alla velocità nella consegna delle loro merci, anche in vista del Natale.
Come riporta la testata giornalistica Politico.eu, l’obiettivo non è un viaggio una tantum – come è già stato fatto in precedenza – ma stabilire un servizio regolare attraverso la rotta russa del Mare del Nord che colleghi diversi porti in Asia e in Europa.
Al di là dei vantaggi economici, innegabili, in termini di risparmio su giorni di navigazione e i conseguenti costi a carico delle compagnie di navigazione, come si è arrivati a questa nuova rotta? Secondo Malte Humpert, ricercatore senior e fondatore dell’Arctic Institute, un think tank con sede a Washington che studia la sicurezza artica, «il quadro generale è che l’Artico si sta aprendo» a causa dello scioglimento dei ghiacci e dell’accelerazione dei cambiamenti climatici, documentata dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici.
L’Artico è la prima regione in cui il cambiamento climatico sta modificando la mappa geopolitica: peraltro «il periodo con la minore copertura di ghiaccio marino – l’estate nell’emisfero settentrionale – è quello in cui si verificano i maggiori flussi di merci dall’Asia verso l’Europa e il Nord America, prima di Natale» ha osservato Daniel Richards, direttore della società di consulenza londinese Maritime Strategies International.

La rotta collegherà il porto di Ningbo-Zhoushan con il più grande porto container del Regno Unito, Felixstowe, con partenze per Rotterdam nei Paesi Bassi, Amburgo in Germania e Danzica in Polonia

Se non ci fossero stati questi cambiamenti climatici, secondo Humpert, «la Russia non produrrebbe petrolio e gas nell’Artico. La Cina non invierebbe navi portacontainer attraverso l’Artico». Va detto che «la maggior parte del commercio globale passa attraverso il Canale di Suez, il Mediterraneo e Singapore. Ma il tragitto nell’Artico è più breve del 40% e presenta molta meno incertezza geopolitica. Motivo per cui potrebbe potenzialmente diventare una rotta commerciale alternativa. La domanda è: sta davvero accadendo? E con quale rapidità?», ha osservato il fondatore dell’Arctic Institute.
Al di là degli evidenti vantaggi economici questa opportunità comporta anche gravi rischi ambientali. L’Artico si sta riscaldando da tre a quattro volte più velocemente del resto del pianeta. «Il carbonio nero proveniente dai combustibili fossili è particolarmente distruttivo se rilasciato vicino a neve e ghiaccio», ha spiegato a Politico.eu Andrew Dumbrille, consulente della Clean Arctic Alliance. Sebbene l’olio combustibile pesante sia stato tecnicamente vietato dall’organizzazione marittima internazionale nel luglio 2024, permangono delle lacune. Ma le fuoriuscite di questo combustibile sono quasi impossibili da bonificare, rimanendo negli ecosistemi per anni. A ciò si aggiungono l’inquinamento acustico, le specie invasive e il degrado della vita marina.

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