L'auto è in crisi? La Germania senza lavoro scommette sui carri armati
Dietro alla svolta di Volkswagen, che sta stringendo accordi con il colosso delle armi Rheinmetall, c'è la metafora di un Paese costretto a cambiare volto, dalla difesa alla fine dello stato sociale

Tre milioni e 25.000 disoccupati. Da dieci anni in Germania non si registravano così tante persone senza lavoro. Un ulteriore segnale della crisi economica, politica e sociale del Paese, ma non militare: il settore trainante dell’industria è sempre più quello delle armi. La casa automobilistica Volkswagen sta stringendo accordi con il colosso delle armi Rheinmetall. L’obiettivo è assicurarsi la produzione di componenti e munizioni, convertendo stabilimenti, come l’impianto VW di Osbabrück, da cui non usciranno più auto, bensì carri armati, che salveranno centinaia di posti di lavoro. Ma nel settore auto, nell’ultimo anno, sono andati persi circa 51.500 posti di lavoro. A questi vanno aggiunti gli oltre 17.000 posti persi nell’ingegneria meccanica e i 12.000 nella produzione di metalli. Complessivamente, secondo i dati dell’ Agenzia federale per il lavoro di Norimberga, il tasso di disoccupazione in tutta la Germania è al 6,4%, il dato cala nel sud ma fa segnare picchi del 10 % a Berlino e nei länder orientali.
A preoccupare gli analisti ed economisti è anche la forte riduzione dei corsi di formazione soprattutto per i più giovani. L’Associazione delle Camere di Commercio e Industria Tedesche (Dihk) ieri ha pubblicato un’indagine sullo stato del mercato della formazione: oltre un quarto delle aziende sta riducendo le proprie offerte di tirocinio. «Dopo il mercato del lavoro, la recessione sta colpendo anche i corsi di apprendimento lavorativo. Siamo preoccupati: la mancanza di formazione oggi aggrava la carenza di manodopera qualificata domani », ha spiegato il vicedirettore Generale del Dihk, Achim Dercks. Il noto economista Clemens Fuest ha spiegato in modo semplice cosa sta accadendo all’economia ed industria della Repubblica federale tedesca: «Molte aziende stanno attualmente riducendo la propria forza lavoro perché i loro prodotti non si vendono bene. Inoltre non riescono a trovare i lavoratori qualificati nonostante l’aumento della disoccupazione, e sempre più aziende hanno deciso di delocalizzare la produzione all’estero». Il presidente dell’Istituto Ifo ha anche puntato il dito contro «gli elevati oneri burocratici e normativi, nonché le elevate tasse e imposte». Fuest ha consigliato al governo di Berlino di adottare delle contromisure: «I politici devono dimostrare di essere in grado non solo di indebitarsi, ma anche di attuare riforme strutturali. Solo in questo modo torneranno ad aumentare gli investimenti privati e saranno creati nuovi posti di lavoro».
Il cancelliere Friedrich Merz nel weekend ha ribadito l’intenzione di avviare un piano riforme per la modifica radicale dello stato sociale tedesco. «Non siamo più in grado di sostenere il nostro welfare. Da anni stiamo vivendo al di sopra delle nostre possibilità», sostiene Merz. Il suo governo punta a riformare le pensioni, innalzando l’età pensionabile sopra i 67 anni: «Dobbiamo aumentare gli incentivi a rimanere nel mondo del lavoro». Il cancelliere, inoltre, continua a puntare il dito contro il Bürgergeld (reddito di cittadinanza): «Così come è concepito non è più sostenibile». Il piano di tagli allo stato sociale del governo dovrebbe riguardare buona parte delle oltre 5,5 milioni di persone, per lo più disoccupate, che in Germania percepiscono il sussidio di disoccupazione, oggi Bürgergeld, ex Hartz IV, di almeno 563 euro mensili. Almeno 2,5 milioni dei percettori del sussidio sono stranieri. I costi complessivi sono di oltre 43 miliardi di euro all’anno. Merz ed il suo partito vorrebbero limitare il sussidio solo a chi non è realmente in grado di lavorare. Ma gli alleati di governo della Spd hanno sempre concepito il sussidio non solo come un incentivo a tornare nel mondo del lavoro, bensì anche come un sostegno elargito dallo Stato a chi ha difficoltà ad integrarsi e ad inserirsi nel mondo del lavoro. Siamo alla vigilia di un autunno complesso per il governo di Berlino, un autunno di riforme e di aspri confronti politici, e probabilmente un autunno ancora in recessione.
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