Il riso Venere non può essere un marchio
di Paolo Viana
L’Europa annulla il famoso marchio denominativo perché coincide con una varietà vegetale. Dal punto di vista commerciale, in Italia, non dovrebbe cambiare nulla
Il riso Venere non è più un marchio europeo. L’ha stabilito, con una sentenza, l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO), ribadendo la nullità del marchio europeo Venere per riso e prodotti affini al riso, come rivendicava la Sardo Piemontese Sementi di Vercelli, che di questa varietà di riso è il costitutore e quindi ne detiene tutti i diritti. La materia è complessa ma, considerando la popolarità del prodotto, cerchiamo di capire cosa è successo e cosa cambia.
Partiamo dalla sentenza. A darne notizia è la Riso Gallo di Robbio Lomellina che aveva messo in mora il marchio europeo quando la Sapise aveva interrotto la partnership con questo marchio risiero per stipulare un contratto di esclusiva con un suo concorrente, la Riso Scotti di Pavia. «In relazione al procedimento di dichiarazione di nullità del Marchio dell’Unione Europea denominativo VENERE nella causa T-410/24, Riso Gallo – si legge in una nota - accoglie con profonda soddisfazione la pronuncia favorevole del Tribunale dell’Unione Europea, che ha respinto in toto il procedimento di ricorso presentato da SA.PI.SE. Coop.agr. (Sardo Piemontese Sementi Soc. coop. – Soc. agr.) contro l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO), ribadendo la nullità del marchio europeo Venere per riso e prodotti affini al riso, come rivendicati dal marchio».
La Gallo ricostruisce così i fatti: «In data 3 settembre 2025 il Tribunale dell’Unione Europea ha rigettato il ricorso da parte di SA.PI.SE. in merito alla decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 5 giugno 2024 (procedimento R 1445/20231) che - su domanda di Riso Gallo SpA presentata il 23 agosto 2021 presso l’EUIPO - dichiarava la nullità del marchio dell’Unione europea registrato a seguito di una domanda depositata il 14 ottobre 2010 per il segno denominativo VENERE. Tra le motivazioni del rigetto del ricorso, parte fondante delle tesi sostenute da Riso Gallo nel precedente procedimento dinanzi all’EUIPO, è sancito che il termine VENERE rappresenta una varietà vegetale di riso nero, alla quale è stata concessa la protezione comunitaria nel 1999, riconosciuta dal pubblico come indicativo di una varietà specifica di riso nero indipendentemente dalla sua origine commerciale. Per questo suo carattere intrinsecamente descrittivo, tale termine non può quindi costituire un marchio».
In altre parole, poiché il nome citato nel marchio è quello di una pianta non si può trasformarlo in un brand commerciale. Questa è l’interpretazione della norma europea, ma in Italia il marchio commerciale Venere, registrato più o meno nello stesso periodo, continua a valere. Nessuna delle parti in causa si scopre, quindi dobbiamo ipotizzare che nel nostro Paese non ci sia stata la richiesta di annullarlo per ragioni giuridiche o, più facilmente, commerciali.
Vediamo però cosa cambia dopo la sentenza. La nullità del marchio europeo non significa che nelle scatole di questo riso nero adesso troverete scritto “Giuditta” o un altro nome. In Italia vige una legge che regola la commercializzazione del riso e impone di vendere con il nome di una varietà solo quel riso, a meno che tale varietà non sia stata preventivamente iscritta in un gruppo di risi tradizionali. Più semplicemente, basta la legge del mercato interno a tutelare la varietà Venere, perché, essendo prodotta da una filiera chiusa di agricoltori e commercializzata da una unica industria (Scotti), per vendere come Venere un riso nella scatola deve esserci solo il riso prodotto da quegli agricoltori e lavorato da quella industria. Nel caso in cui un’altra industria (o la stessa Scotti) commercializzasse un altro riso nero e lo chiamasse Venere sarebbe frode in commercio, a prescindere dalla vigenza di un marchio europeo o italiano.
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