Ecco le nuove competenze necessarie in ambito finanziario

Per il presidente Raffaele D'Arienzo, le aziende devono dotarsi di una figura ibrida, capace di fondere preparazione professionale e capacità digitali, sensibilità sui temi Esg e visione sistemica
June 30, 2025
Ecco le nuove competenze necessarie in ambito finanziario
Archivio | Raffaele D'Arienzo, presidente di Academy FT
In uno scenario economico segnato da trasformazioni rapide e profonde, la funzione finanziaria non è più quella di una volta. Digitalizzazione, transizione ecologica, gestione dei dati e pressione regolatoria stanno riscrivendo le regole del gioco per aziende di ogni dimensione. Le pmi, in particolare, si trovano oggi a un crocevia strategico: per crescere, innovare e competere hanno bisogno di nuove risorse professionali in grado di governare la complessità e anticipare il cambiamento. «Non si tratta semplicemente di aggiornare qualche software o assumere un data analyst. È in atto una rivoluzione culturale e organizzativa che impone l’emergere di un nuovo profilo professionale: una figura “ibrida”, capace di fondere solide competenze finanziarie con capacità digitali, sensibilità Esg e visione sistemica. Questa nuova generazione di professionisti rappresenta un asset cruciale per accompagnare le imprese verso modelli di business più resilienti, efficienti e sostenibili». Lo afferma Raffaele D'Arienzo, presidente di Academy FT.

Negli ultimi anni, il ruolo della funzione finanziaria nelle imprese è evoluto da mera attività amministrativa e contabile a motore del cambiamento aziendale. Il Cfo-Chief financial officer, ma anche chi lavora al suo fianco, è sempre più chiamato a svolgere un ruolo consulenziale e proattivo. Analizzare i flussi di cassa non basta più: oggi serve la capacità di anticipare i trend, governare l'incertezza e partecipare attivamente alla definizione della strategia aziendale. «Un dato eloquente - spiega D'Arienzo - arriva dalla ricerca PwC What’s important to the Cfo in 2025: il 44% dei Cfo considera “molto importante” aumentare l’utilizzo delle tecnologie per ridurre i costi nei prossimi 12 mesi. L’efficienza operativa è diventata una priorità e la leva tecnologica ne è il motore. Automatizzare i processi, digitalizzare i flussi, integrare strumenti di intelligenza artificiale e data analytic sono scelte non più rimandabili per la gestione finanziaria d’impresa. Ma non è solo una questione di tecnologia: è una questione di competenze. Occorrono persone capaci di usare questi strumenti, interpretarli e tradurli in scelte concrete».
Parallelamente, l’introduzione dei parametri Esg e la crescente sensibilità ambientale stanno spingendo anche le funzioni finanziarie a dotarsi di nuove metriche di analisi. Sempre secondo PwC, il 28% dei reparti finance utilizza già soluzioni di intelligenza artificiale per il forecasting, e tra gli ambiti in maggiore espansione c’è proprio la gestione e la rendicontazione dei dati Esg. In quest’ottica, la funzione finanziaria si configura sempre più come un vero presidio trasversale: dal reporting alla strategia, dal risk management alla sostenibilità. Ecco perché la componente tech, data-driven e l’approccio “green” non sono più opzionali, ma strutturali.

Se da un lato aumenta la domanda di professionisti in ambito finanziario con un profilo evoluto, dall’altro il mercato del lavoro fatica a soddisfarla. Il problema non è la scarsità di competenze tecnologiche e finanziarie in senso assoluto, ma la difficoltà di trovarle integrate nella stessa persona. Oggi servono figure capaci di coniugare capacità analitiche, dimestichezza con strumenti digitali, conoscenze normative, visione finanziaria strategica e abilità relazionali. Una combinazione tutt’altro che semplice da reperire sul mercato. Il risultato? Un evidente mismatch tra domanda e offerta. Le imprese cercano sempre più profili “a T”: con una solida specializzazione verticale, ma anche un’ampia apertura trasversale. Ma questi professionisti sono rari e spesso contesi. In tal senso, diventa essenziale per le aziende sviluppare strategie Hr mirate alla costruzione di queste competenze, non solo attraverso la selezione esterna, ma anche valorizzando i talenti interni con percorsi di crescita personalizzati. Il tutto, considerando che le prospettive di carriera per queste figure ibride sono particolarmente interessanti. Da un lato, possono aprirsi a ruoli manageriali con responsabilità crescenti, come la gestione di team finance o l’interfaccia diretta con stakeholder e investitori; dall’altro, intraprendere percorsi più consulenziali o verticali, legati ad ambiti innovativi come la rendicontazione Esg, l’ottimizzazione della supply chain o la gestione predittiva della tesoreria. In entrambi i casi, si tratta di profili centrali nel processo decisionale aziendale.

Formare professionisti con competenze ibride, tecnologiche e finanziarie, però, richiede una revisione profonda degli attuali modelli educativi. Le Università e i master tradizionali, pur fornendo ottime basi teoriche, faticano spesso a stare al passo con l’evoluzione delle skill richieste dal mercato. In questo scenario, diventa strategico per le aziende investire in percorsi interni di formazione continua, che possano integrare le conoscenze finanziarie con competenze operative, strumenti digitali e casi d’uso concreti. I modelli formativi più efficaci sono quelli “blended”: flessibili, modulari, interattivi, con un mix di teoria e pratica, coaching e simulazioni. Le imprese devono saper cogliere il potenziale nascosto nei propri collaboratori, offrendo strumenti per farlo emergere e facendosi al tempo stesso promotrici di un nuovo modello culturale, in cui il sapere finanziario e quello tecnologico si incontrano per generare valore. Ed è proprio qui che il fintech, e le realtà che vi operano, possono fornire sicuramente un contributo centrale nell’indirizzare questa nuova visione di gestione finanziaria e nel coltivare queste nuove figure professionali ibride, in quanto capaci di integrare entrambe le conoscenze, con uno sguardo lungimirante, sempre orientato all’innovazione continua.

«Il futuro della funzione finanziaria si gioca oggi sulla capacità di evolversi da centro di controllo a centro di valore - conclude il presidente di Academy FT -. La sfida non è più (solo) contabile, ma culturale. Servono nuovi modelli, nuove persone, nuove competenze. Le pmi, tradizionalmente più agili delle grandi organizzazioni, hanno l’opportunità di guidare questa trasformazione se sapranno dotarsi degli strumenti, delle risorse, delle visioni e, appunto, dei profili giusti. La figura del professionista ibrido non è un’utopia, ma una necessità concreta. È colui o colei che sa parlare il linguaggio dei numeri, ma anche quello dei dati e della sostenibilità. Che sa usare la tecnologia, ma anche interpretarla. Che sa relazionarsi con l’imprenditore e suggerire soluzioni innovative. Formare, attrarre e valorizzare queste figure deve diventare una priorità per ogni pmi che voglia affrontare con consapevolezza il cambiamento in corso. Perché il futuro della finanza, come dimostra l’esperienza sul campo, sarà sempre meno amministrativo e sempre più strategico, connesso, responsabile. Ibrido».

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