«Dopo la sentenza andranno riscritte le norme sui licenziamenti»

Per il docente di Diritto del lavoro Maurizio Del Conte il criterio della soglia di dipendenti ha una sua ratio. Ora occorre capire quali altri criteri prendere in considerazione e fissarli per legge
July 21, 2025
«Dopo la sentenza andranno riscritte le norme sui licenziamenti»
IMAGOECONOMICA | Maurizio Del Conte
«Adesso sarà inevitabile rimettere mano a tutta la disciplina dei licenziamenti. Il legislatore dovrà riordinare la materia, visto che la sentenza sul tetto al risarcimento nelle piccole imprese è solo l’ultimo di una serie di pronunciamenti della Corte costituzionale che hanno modificato le norme e direi anche l’impianto complessivo in materia di fine rapporto». Per Maurizio Del Conte, docente di Diritto del lavoro all’Università Bocconi di Milano, sarà questa la conseguenza più importante della decisione della Consulta.
Una sentenza che ha colto un po’ tutti di sorpresa soprattutto perché interviene esattamente sulla materia oggetto del secondo quesito del referendum su cui non è stato raggiunto il quorum.
La decisione in sé non mi sorprende, devo dire, perché la Corte costituzionale aveva già espresso l’idea che una differenza così marcata tra piccola e grande impresa nel risarcimento dovuto ai lavoratori licenziati in maniera illegittima, a suo giudizio, non era giustificata. Certo, è strano che questo pronunciamento arrivi dopo che la questione è stata sottoposta al corpo elettorale tramite referendum e, non essendo stato raggiunto il quorum necessario di partecipanti al voto, sia stata di fatto bocciata. Solo una tutto sommato esigua minoranza di elettori, infatti, si è espressa per l’abolizione di quella norma.
Perché la differenza nel risarcimento tra piccola e grande impresa aveva – e per molti ha ancora – una sua giustificazione…
Certamente, e non da oggi. Già la legge 604 del 1966 sui licenziamenti e poi lo stesso Statuto dei lavoratori del 1970 prevedono che ci sia questa marcata differenza. Un impianto che ha retto per 59 anni e che oggi, invece, la Consulta mette decisamente in discussione. Aspettiamo di leggere la sentenza nella sua interezza, ma dal comunicato si intuisce che la Corte considera che, nel determinare l’entità del risarcimento per i lavoratori ingiustamente licenziati, non si possa più fare riferimento esclusivo al numero dei dipendenti. Come a dire che l’impresa è cambiata e oggi possono esserci gruppi piccoli per numero di lavoratori assunti e grandi in realtà per collaboratori sparsi o comunque per ampiezza della loro attività. E che quindi la soglia dei 15 dipendenti non può essere l’unico criterio dirimente. Allo stesso tempo viene ritenuta troppo stretta la forbice da 3 a 6 mesi di stipendio per la determinazione del risarcimento per i lavoratori licenziati in maniera illegittima.
Però adesso si rischia di cadere nel paradosso che non ci sarebbe più tetto massimo ai risarcimenti nelle piccole imprese, mentre esiste, per quanto ampio nelle grandi aziende (36 mesi).
Uno dei rischi paradossali che avevamo messo in evidenza al momento del voto al referendum. Eppure, una qualche forma di range di (pre)determinazione dell’entità del risarcimento va prevista. Occorre decidere sulla base di quali criteri: il fatturato, ad esempio? Ma ci sono imprese che hanno fatturati consistenti e pochi margini di guadagno e non si può pensare di penalizzarle troppo. Un’altra ipotesi potrebbe essere l’utile, ma in qual caso si “premierebbero” le aziende poco efficienti a scapito di quelle più performanti. Inoltre, il criterio unico della soglia è previsto anche in altre norme come la 428 del ’90 sul trasferimento d’impresa o la 223 del ’91 sui licenziamenti collettivi. Anche per questo dico che il legislatore deve rimettere mano a tutta la materia per mettere ordine e rendere coerente il quadro normativo.
La Consulta stessa sollecita un intervento legislativo, ma sembra chiedere contemporaneamente maggior spazio decisionale al singolo giudice.
Il nostro però non è un sistema di civil law, in cui i singoli magistrati in forza di un mandato determinano loro, caso per caso, le pene, i risarcimenti, eccetera. Nel nostro ordinamento, i magistrati sono sottoposti alla legge e a norme codificate, altrimenti si determina un problema di natura del diritto. Ma non credo si arriverà a tanto. Piuttosto si determina, questa sì, un’incertezza per le imprese sui costi preventivabili della fine di un rapporto di lavoro. Un’incertezza che certamente danneggia le aziende, ma rischia di creare problemi anche ai lavoratori e alle loro aspettative in termini di risarcimenti. Se il quantum del risarcimento non è in qualche maniera preventivabile, ma rimesso alla decisione equitativa del giudice, la causa contro il licenziamento rischia di diventare un azzardo per una parte e per l’altra.
Alla fine, comunque, i proponenti del referendum hanno vinto: sparisce il tetto per le piccole aziende e occorrerà riscrivere le norme in materia.
Sì, ma a doverlo fare sarà con ogni probabilità questo Governo e l’attuale maggioranza…

© RIPRODUZIONE RISERVATA