Il settore tecnologico in Europa vale 4mila miliardi. E in Italia?
Perché gli investimenti nel nostro Paese sono in calo del 40%: alcune risposte si trovano nel nuovo State of European Tech su startup e crescita, realizzato dal fondo Atomico

In Europa il talento c’è, ma è ancora fortemente limitata la capacità di trasformarlo in aziende che operano sul mercato globale. È uno degli aspetti critici fotografati dal report State of European Tech 2025 realizzato da Atomico, uno dei principali fondi di venture capital europei che si occupa di finanziare l’avvio di attività in settori ad elevato potenziale di sviluppo, come le tecnologie.
Questi dati permettono di comprendere quale sia lo stato dell’arte degli investimenti europei nelle startup tech: complessivamente oggi il settore tecnologico europeo vale 4mila miliardi di dollari, il 15% del PIL, con un trend in rialzo rispetto al 4% del 2016.
E l’Italia? «Prevedevamo che avrebbe raccolto 758 milioni di dollari nel 2025 (in calo del 40% rispetto agli 1,3 miliardi di dollari del 2024) e che si sarebbe classificata al 10° posto in Europa per capitale totale investito, in salita rispetto al 13° posto del 2016. Tuttavia, da allora Bending Spoons ha raccolto 270 milioni di dollari con una valutazione di 11 miliardi di dollari, il che significa che l’Italia ha già superato le nostre previsioni e probabilmente chiuderà l’anno molto più vicino ai totali del 2024» ha spiegato Sarah Guemouri, Principal di Atomico. Nel 2025 l’Italia ha anche visto l’aggiunta di una nuova unicorno, portando il totale a nove: Namirial, società che offre soluzioni software e servizi fiduciari digitali, come la firma digitale, la posta elettronica certificata (PEC) e l’identità digitale (SPID) è stata l’ultima startup italiana ad aver raggiunto una valutazione di mercato di almeno un miliardo di dollari. Secondo Guemouri, «la traiettoria dell’Italia mostra progressi notevoli. Kong è diventata la prima unicorno del Paese nel 2020, ma da allora si è trasferita negli Stati Uniti. Il successivo unicorno con sede in Italia è emerso nel 2022 e da allora l’Italia ha prodotto altre sette aziende da un miliardo di dollari. Tra i risultati degni di nota figurano Domyn, che ha recentemente raccolto 764 milioni di dollari, e Bending Spoons, che nel 2025 è entrata a far parte della classifica dei decacorn (le start up con una valutazione di mercato superiore a 10 miliardi di dollari, ndr). Questi successi stanno aumentando il livello di ambizione dei fondatori provenienti dall’Italia. I finanziamenti nella fase iniziale mostrano resilienza, ma il divario di capitale nella fase di crescita rimane una sfida. Rafforzare l’accesso al capitale per la crescita è una priorità fondamentale». La limitata profondità del mercato italiano, la bassa partecipazione degli investitori istituzionali e la frammentazione del quadro regolatorio continuano a rappresentare degli ostacoli per un pieno sviluppo tecnologico.
Anche a livello europeo, la crescita del numero degli unicorni non è sufficiente a definire un ecosistema pienamente maturo. «L'Europa conta ora 413 aziende da miliardi di dollari, in aumento rispetto alle 127 del 2016. Tra queste, 48 decacorni e cinque aziende con un valore di 100 miliardi di dollari o superiore: Arm, ASML, Booking.com, SAP e Spotify» ha precisato Tom Wehmeier, partner e responsabile Intelligence di Atomico. Solo nel 2025, l'Europa ha creato 28 nuove unicorni, con nuove aziende da un miliardo di dollari emerse da 11 paesi diversi. Inoltre, nel report "The State of European Tech" si legge che l’Europa conta quasi 40mila aziende tecnologiche finanziate, rispetto alle 13mila del 2016.
La dipendenza da capitali non europei nel deep tech e nell’intelligenza artificiale solleva anche il tema centrale dell’autonomia strategica. Questa dipendenza può ridurre il controllo sulle filiere critiche, ma può anche essere sfruttata per accelerare la crescita, a condizione che l’Europa sviluppi strumenti finanziari propri in grado di bilanciare il peso degli investitori esteri. «La tecnologia non è più un settore, è la forza trainante che rimodella tutto: il modo in cui governiamo, difendiamo, alimentiamo le nostre case, gestiamo il denaro e forniamo assistenza sanitaria. La "sovranità" nella tecnologia non riguarda il protezionismo, ma l’ente e la scelta: costruire la capacità, la fiducia e il capitale per plasmare il futuro, pur mantenendo la libertà di agire in modo indipendente e di guidare secondo le condizioni dell’Europa» ha aggiunto il responsabile Intelligence di Atomico.
Quest’undicesima edizione del report di Atomico si può dire che provi a indicare anche una coraggiosa tabella di marcia per l’azione, oltre a un appello a mobilitarsi per dare impulso al settore tecnologico perché anche l’Europa abbia la sua prima company da 1000 miliardi di euro. Nel report vengono individuate quattro ambizioni centrali da perseguire: risolvere gli attriti, supportare i talenti, finanziare il futuro e sviluppare la cultura del rischio. In altre parole, il passaggio dall’Europa come incubatore di talenti a piattaforma capace di trattenere le aziende in crescita richiede interventi mirati: servono norme unificate, tempi amministrativi più rapidi, incentivi alla mobilità dei talenti, strumenti di finanziamento più profondi e un mercato dei capitali più coordinato. Senza queste condizioni, la migrazione delle aziende verso ecosistemi più maturi rimarrà una tendenza strutturale.
«Il talento, l'ambizione e le idee ci sono tutti. Ciò che manca sono le condizioni per sfruttare questo potenziale: una regolamentazione più semplice, più capitale paziente e impegno pubblico. Il rapporto di quest'anno è il nostro modello di cambiamento, perché il prossimo decennio deciderà se l'Europa guiderà la prossima era tecnologica o se la definirà qualcun altro» ha concluso Guemouri, Principal di Atomico.
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