Spirito di comunità e politiche attente: «Benessere per le città»
di Silvia Guzzetti
Intervista all'esperto di wellbeing Mark Fabian

«È difficile dare vita a politiche pubbliche sul benessere e renderle popolari, per vari motivi, e, per certi aspetti, siamo chiusi in un circolo vizioso. I politici chiedono agli esperti, nelle università, di poter avere da loro proposte precise da implementare e un messaggio chiaro con il quale convincere gli elettori, mentre gli accademici si concentrano su esperimenti misurabili, interventi di breve periodo, non molto utili a chi governa». Così Mark Fabian, professore associato di Politiche pubbliche all’università di Warwick e ricercatore all’università di Cambridge, fa il punto sui rapporti tra agenda del benessere e politiche pubbliche. A questo argomento l’esperto ha dedicato due volumi, “The wellbeing state: transforming public policy”, “Lo stato costruito sul benessere: trasformare le politiche pubbliche”, che sarà pubblicato, nei prossimi mesi, dalla Princeton University Press, e “Beyond happy. How to rethink happiness and find fulfillment”, “Oltre il fatto di essere felici. Come ripensare la felicità e sentirsi realizzati”, uscito dall’editore Bedford Square.
«Uno Stato che promuove il benessere è uno Stato che dà il massimo valore alla felicità dei cittadini – spiega il professore Fabian –. Nel periodo seguente la Seconda guerra mondiale abbiamo cercato di ottenere più prosperità materiale, case più grandi, per esempio, e vacanze più belle. Senza dubbio la nostra qualità di vita è migliorata ma l’ambiente ne ha risentito e anche i rapporti sociali. Oggi, nel Regno Unito, i più ricchi vivono in edifici immersi nel verde ma dipendono dall’auto per tornare a casa, inquinano e non costruiscono comunità a misura d’uomo perché non incontrano persone in modo spontaneo e non usano i trasporti pubblici, così importanti per i più poveri. Uno stato fatto a misura di “wellbeing” tiene conto di tutto questo, oltre che di altre dimensioni come la solidarietà, la garanzia di lavori che diano senso alla vita e cura dell’ambiente».
Il problema, secondo l’esperto, è come arrivare a realizzare questo ideale di vita sociale e politica, così lontano dal modo in cui viviamo oggi. «I progressi più importanti, quando parliamo di “wellbeing”, sono stati fatti nelle misurazioni – spiega ancora Fabian –. Fino a qualche anno fa l’unico dato che interessava ai politici era il Pil, il Prodotto interno lordo, che calcola beni e servizi prodotti all’interno dei confini di un Paese, in un determinato periodo di tempo ma, dal 2011, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (Ocse) ha avviato il “What matters framewok”, un sistema per calcolare il livello di felicità delle varie nazioni, usando statistiche nazionali esistenti, che tengano conto di lunghezza della vita, salute mentale, condizioni delle abitazioni, redditi, livelli di inquinamento e coesione sociale. Purtroppo tutti questi dati non sono molto utili a chi amministra lo Stato, che ha bisogno di pacchetti di politiche e di una narrativa con la quale convincere i cittadini, soprattutto in questo momento così difficile per la crisi economica e la diffusione del populismo».
Ma ci sono Paesi che hanno vinto questa sfida e si sono avvicinati al modello di Stato attento al benessere proposto nei volumi di Fabian? «I cosiddetti Paesi scandinavi, Finlandia, Danimarca, Svezia, Norvegia e Islanda possono contare su società molto solidali dove c’è una forte rete dello Stato a favore dei cittadini – spiega l’esperto –. Anche i più ricchi usano i mezzi pubblici, per esempio, e possedere l’automobile non è considerato uno status symbol. A differenza del Regno Unito è meno importante competere per arrivare in cima alla scala sociale e conta di più promuovere uno spirito di comunità. Anche il Galles è molto avanzato in materia di benessere, con un’agenda promossa dal partito nazionalista “Welsh Labour”».
Fabian evidenzia anche il caso di Londra dove ha lavorato a stretto contatto con diverse amministrazioni locali. «La capitale britannica ha un piano di politiche dedicate al benessere introdotte nel suo manifesto elettorale dal sindaco Sadiq Khan – spiega l’esperto –. Non vengono usate molto perché, nella capitale britannica, la City e le banche sono molto importanti. Tanto viene fatto a livello di quartieri e di consigli comunali. Il distretto di Camden town coinvolge, con regolarità, i cittadini in momenti di consultazione su che cosa vogliano dagli amministratori. Questo è sempre il primo passo più importante per ogni politico che voglia occuparsi di benessere, partire dal basso. Anche nel quartiere di Walthamstow, sempre a Londra, nella parte nord-est della città, i cittadini hanno chiesto, dieci anni fa, un piano molto ambizioso per dare vita a una comunità dove il mezzo più importante di trasporto fosse la bicicletta. L’inquinamento è crollato, nell’area pedonale sono fiorite nuove piccole aziende e la comunità locale ne è uscita rafforzata».
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