A tutto sole per l'Amazzonia: così noi indios sposiamo il futuro
Per spostarsi nella regione la tribù degli achuar ha deciso di dire basta all’uso dei combustibili fossili, utilizzando barchini con elettricità prodotta con il fotovoltaico

Fa uno strano effetto pensare che le tribù indigene del Sudamerica si spostino oggi in lungo e in largo per i fiumi della foresta amazzonica a bordo di canoe e piccole barche a motore: sembra un cortocircuito storico, eppure è così e questo non è nemmeno l'unico esempio. Il Brasile, per dire, ospita oltre il 60% della più estesa foresta pluviale del pianeta e all'interno dei suoi confini sono presenti tutt’oggi 305 etnie indigene, che parlano 274 lingue diverse; sono però in meno di 800mila, circa un terzo del totale, gli indios che ancora vivono nelle terre di origine, e solo il 17,5% non parla il portoghese. La maggior parte di loro ormai abita in città e anche chi è rimasto negli angoli più remoti dell’Amazzonia vive al passo con i tempi: barche a motore ma anche cellulari e abbigliamento di marca, tanto che lo stesso ex presidente statunitense Joe Biden, quando nel 2024 incontrò Altaci Kokama, prima docente indigena dell’università di Brasilia, si stupì nel notare che mentre svolgeva un rito ancestrale nel bel mezzo della foresta indossava un paio di scarpe Nike. Il video diventò virale e in molti parlarono di barzelletta, ma in fondo non c’è niente di male, se per lo meno la modernità ostentata dagli indigeni contemporanei li porta a contribuire alla salvaguardia del pianeta affidandosi di nuovo alle infinite risorse di madre natura, come se fosse un ritorno alle origini.

È quello che sta facendo la tribù achuar, che dal 2012 ha deciso di dire basta alla navigazione a combustibile fossile, sposando la transizione energetica e alimentando barchini e canoe con elettricità ottenuta da fonte rinnovabile, in questo caso fotovoltaica. Il progetto si chiama Kara Solar (“kara” significa “una visione che diventa realtà”), è stato avviato dopo uno studio di fattibilità dal Mit di Boston e finanziato con 600mila dollari da Bid (Banca Interamericana di Sviluppo), ma va avanti anche grazie al fundraising. Gli achuar, che popolano la foresta ecuadoriana, lo hanno già esportato in Brasile, Perù e Suriname: la prima canoa elettrica è stata posata sul Rio Pastaza e i suoi affluenti nel 2018, e nell’anno solare 2024 la flotta 100% green ha percorso quasi 10mila chilometri in 847 viaggi, trasportando 6.428 passeggeri soprattutto per esigenze sanitarie. L’obiettivo è arrivare entro il 2026 a 50 tapiatpia, così vengono chiamate nel dialetto locale queste imbarcazioni solar-powered, con i pannelli che vengono installati tanto sui moletti di imbarco quanto sulle loro tettoie: «Il nostro è un progetto faro per l'Amazzonia – spiega Nantu Canelos, 38 anni, fondatore e direttore esecutivo di Kara Solar -. Vogliamo fare del bacino amazzonico una piattaforma per le infrastrutture sostenibili, proteggendo gli ecosistemi vitali e rafforzando le economie locali. Ricordando che la nostra è una delle poche regioni al mondo priva di infrastrutture su larga scala per i trasporti e l'elettricità».
La prima sfida è di evitare una modernizzazione a danno della foresta, più di quanto già avvenga: «Una ricerca del Conservation Strategy Fund mostra che il sostegno alla costruzione di strade nelle comunità achuar è sceso dal 41% al 2%», aggiunge l’indio ecuadoriano che è anche attivista e che lo scorso aprile è intervenuto a Brasilia in un summit propedeutico alla COP30, che si terrà a novembre proprio in Brasile, nella città di Belem, alle porte del “polmone del pianeta”. I corridoi stradali finanziati dai governi sudamericani per facilitare gli scambi commerciali tra Atlantico e Pacifico rischiano infatti di distruggere ecosistemi ricchi di biodiversità accelerando, secondo gli scien-ziati, il raggiungimento entro il 2050 del “punto di non ritorno” oltre il quale il 47% dell’Amazzonia potrà considerarsi irreversibilmente collassata. L’asfaltatura ne sarà la principale responsabile, dato che il 95% del disboscamento si verifica entro 5,5 chilometri da una strada. Il vantaggio di un trasporto diesel free per le comunità indigene è tanto ambientale quanto economico: a pieno regime eviterà l’emissione di 210 tonnellate annue di CO2 (che corrispondono alla quantità necessaria per fabbricare quattro automobili a benzina), sostituendo motori che consumavano 26mila galloni di petrolio, e poi permetterà di risparmiare parecchi soldi, visto che come ricorda Canelos «il combustibile fossile è pure caro e difficile da reperire».
Durante la pandemia di Covid fu addirittura introvabile, e questo ha accelerato il processo perché a quel punto l’energia del sole si rivelò anche in grado di salvare vite, come ha raccontato di recente il New York Times in un articolo sull’importanza dell’indipendenza energetica per muoversi tempestivamente alla ricerca di soccorsi. « Dobbiamo sostenere la produzione di energia rinnovabile non solo per la conservazione della natura ma pure nei settori dell'istruzione e della salute», ribadisce il fondatore di Kara Solar. Ricordando che l’Amazzonia è fatta di acqua, piante, animali, ma anche di persone: ospita ancora oggi 30 milioni di abitanti.
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