mercoledì 8 luglio 2020
La piccola Repubblica prepara la prima emissione di un bond internazionale; il suo sistema bancario non si è mai ripreso dalla stretta del governo Berlusconi sui flussi di denaro e sui conti sospetti
Una vista della Città di San Marino

Una vista della Città di San Marino - By Flexman - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=80823680

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Da tempo San Marino non è più il “paradiso fiscale” degli italiani. La stretta decisa dall’ultimo governo Berlusconi dopo lo scoppio della crisi del 2008 ha avuto i suoi effetti sulla microscopica repubblica incastrata tra Romagna e Marche: il trasferimento di denaro dall’Italia si è interrotto e con lo scudo fiscale nel giro di tre anni dai conti delle banche e delle fiduciarie sammarinesi sono usciti più di 5 miliardi di euro, cioè quasi la metà della loro intera raccolta.

Da allora l’economia di San Marino è entrata in una crisi da cui non si è più saputa riprendere. Il Pil è ancora sotto di quasi 40 punti percentuali rispetto ai livelli del 2008, il sistema bancario, che assieme al turismo rappresenta la quasi totalità dell’economia sammarinese, è in difficoltà. Su 2.636 miliardi di euro di crediti lordi delle 13 banche del Paese, scrive la Banca di San Marino nel suo ultimo bollettino trimestrale, quelli “dubbi” sono il 61,9%, mentre le sofferenze sono al 30,4%. La Cassa di Risparmio di San Marino, controllata dallo Stato, ha bisogno di una ricapitalizzazione da 455 milioni di euro. Il governo si è impegnato a portarla avanti nel giro di 25 anni.

È in questo contesto complicato che si è inserita la pandemia. Il coronavirus ha colpito duramente San Marino – ha fatto 42 vittime su 33mila abitanti, ma da fine giugno non ci sono stati più casi di contagio – e anche la sua economia. il Fondo monetario internazionale prevede un calo del Pil del 12,2%. Il Congresso di Stato, che è il governo di San Marino ed è in carica da gennaio, si è mosso per raccogliere fondi sul mercato internazionale. Non è mai successo, nei diciassette secoli di storia di San Marino come entità autonoma. Si prepara l’emissione di titoli pubblici per mezzo miliardo di euro, una cifra pari a circa il 30% del Pil. Lo hanno chiamato il "Titano bond".

Qualcuno ha scritto che il Paese rischia il default, se non addirittura l’acquisizione da parte della Cina o della Russia. «Un racconto che potrà affascinare chi apprezza il genere letterario fantasy o, peggio ancora, chi predilige immaginare scenari di fantapolitica ma che non corrisponde assolutamente al vero» ha risposto il governo con una nota ufficiale, aggiungendo che «la realtà è quella di un paese che, in mezzo a non poche difficoltà, sta cercando di dotarsi di un nuovo modello economico in conseguenza di mutati scenari voluti proprio da San Marino, che ha scelto di allinearsi agli standard internazionali e di combattere chi negli anni ha sfruttato un sistema che si è rivelato fragile e permeabile ad operazioni opache».

Insomma, non esiste il rischio di imminente bancarotta. Però la situazione è molto complessa. Nel suo ultimo report su San Marino, basato su dati che precedono la pandemia, il Fondo monetario internazionale nota che se si considerano gli impegni presi dal governo per ripianare le perdite della Cassa di Risparmio, garantire il credito fiscale alle banche e rifinanziare con 100 milioni di euro i depositi dei fondi pensione nella Banca Cis, “risolta” lo scorso luglio, il debito pubblico implicito di San Marino sale dal 32 all’86% del Pil. Lo stesso Fmi indica che per i prossimi cinque anni si aspetta bilanci pubblici chiusi sempre con deficit superiori al 5%. Ad aprile Fitch, l’unica agenzia a dare un rating alla Repubblica, ha tagliato il suo giudizio da BBB- a BB+, primo livello dei voti “speculativi”. Mantenere l’equilibrio non sarà facile.

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