Usmi, la sfida internazionale per le suore italiane

di Igor Traboni
In corso la 72ª Assemblea nazionale delle superiori maggiori. Presenti 355 famiglie religiose
October 6, 2025
Usmi, la sfida internazionale per le suore italiane
Alcuni dei lavori di gruppo durante l'Assemblea nazionale dell'Usmi italiana
Il primo dato balza evidente agli occhi ancor prima dell’inizio dei lavori: la gran parte delle suore che iniziano ad invadere pacificamente la sede dell’Usmi a Roma, a due passi da Castel Sant’Angelo, ha tratti somatici asiatici o di colore, avanguardia di quelle suore straniere che in molti casi stanno tenendo aperti conventi ed istituti in tutta Italia che altrimenti dovrebbero chiudere per la carenza di vocazioni femminili.
Ed è proprio quest’ultimo aspetto, uno dei temi al centro della 72ª Assemblea generale dell’Unione delle superiori maggiori d’Italia (Usmi), ovvero delle madri generali e provinciali che governano i circa 335 ordini religiosi presenti da nord a sud Italia, 250 delle quali partecipano a questa assemblea, voluta peraltro non a caso a ridosso del Giubileo della vita consacrata dell’8 e 9 ottobre. Sempre meno suore italiane, dunque, ma nessun lamento fine a sé stesso, come l’Usmi ha chiarito subito nella nota stampa prima dell’assise: la scarsità di vocazioni «non deve suscitare paura o scoraggiamento: il futuro non dipende dai numeri, ma dalla capacità di ravvivare il dono ricevuto». E la volontà di affrontare la problematica, scorgendo anche nella indubbia difficoltà un motivo di ripartenza, è stata incisa anche nel titolo dell’assemblea: “La vita consacrata: speranza e profezia”, per cercare di focalizzare in questa due giorni romana una lettura dei cambiamenti in corso nella Chiesa e nella società, offrendo strumenti per avviare processi di rinnovamento e aprire lo sguardo a ciò che di nuovo sta nascendo, negli istituti, nei conventi e attorno a questi.
Suor Micaela Monetti, superiora generale delle Pie discepole del Divin Maestro e presidente nazionale dell’Usmi, affronterà domani, nell’intervento finale e riassuntivo dell’assemblea, anche i temi così delicati della crisi delle vocazioni e della diminuzione numerica delle consacrate in Europa e in particolare in Italia, ma già oggi, nel breve saluto alle sorelle convenute, ha tracciato le linee di un percorso che deve proseguire, «un cammino sinodale, un cammino che chiede un costante allenamento per discernere insieme come andare avanti per partecipare ad una Chiesa più sinodale, a lungo termine. È ciò che esige questo particolare momento storico di cambiamento, un tempo così fragile, drammatico, e dunque prezioso, di cui siamo chiamate ad avere cura in stile generativo. È un cammino e non un adempimento; è un processo e non un progetto predefinito che ci chiede di maturare in uno stile di fiducia, rispetto, accoglienza reciproca, con uno sguardo aperto al futuro; di attingere all’esperienza acquisita da noi e da altri con l’intento di avviare dei processi che, in quanto tali, spesso vanno oltre il tempo del mandato di governo di ciascuna». Processi che, come sta già accadendo, non escludono anche l’accorpamento o la fusione di alcuni ordini religiosi.
La vita consacrata continua a vivere la sua naturale dimensione profetica e di docilità allo Spirito «che suscita forme nuove di vita consacrata, che suggerisce modi nuovi di vivere la consacrazione, che compie continuamente nella Chiesa l’azione di rinnovamento e lo fa suscitando modi diversi di ricordare e di vivere secondo Cristo, lo fa aprendo strade nuove, parlando nuovi linguaggi, riconoscendo nuovi volti di fratelli e sorelle», ha poi sottolineato suor Simona Paolini, delle Francescane missionarie di Gesù Bambino e docente all’Antonianum, ricordando che già da tempo la Chiesa chiama tecnicamente questa disponibilità all’azione creativa dello Spirito e alle istanze contemporanee: l’accomodata renovatio, un adattamento nel rinnovamento.
Ed ecco allora, ha suggerito la religiosa, ricordando anche un recente intervento di papa Leone XIV, come «il rinnovamento atteso dalla vita consacrata è profetico perché non è causato dalle urgenze e dalle tante necessità dei nostri tempi, è profetico perché non è un tecnico update, un aggiornamento del sistema, o una superficiale rispolverata delle ricche tradizioni, è profetico perché non sceglie la sopravvivenza, sorvolando sulle opportunità e le sfide della vita, ma piuttosto il rinnovamento della vita consacrata è profetico perché è la forma della nostra disponibilità all’azione dello Spirito che ci ricorda la grazia delle origini».
Le sfide della vita consacrata si chiamano anche sinodalità e interculturalità, si è avviata a concludere la relatrice, perché questo «non è il tempo di inventare cose, ma di ri-assumere e ri-valorizzare i tratti fondamentali della nostra identità vocazionale e carismatica».

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