Quei 50 giovani francesi che sfidarono il Terzo Reich e oggi sono beati
Laici, sacerdoti e religiosi: furono torturati e uccisi dagli stenti nella loro missione di conforto. La celebrazione a Parigi nella cattedrale di Notre Dame

C’è anche il 23enne trentino Alfredo Dall’Oglio, membro della Gioventù operaia cristiana (Joc) di Parigi morto il 31 ottobre 1944 nel campo di lavoro forzato di Wühlheide, alla periferia sud-est di Berlino, fra i 50 martiri in odio alla fede beatificati ieri pomeriggio nella cattedrale di Notre-Dame, riaperta l’8 dicembre dello scorso anno dopo il devastante incendio del 2019 . Nel gruppo ci sono 9 sacerdoti diocesani, 5 religiosi (4 frati minori e un gesuita), 3 seminaristi, 33 laici – celibi, fidanzati, sposati e padri –, tra i quali uno della Jec (Gioventù cattolica universitaria), 18 della Joc (Gioventù cattolica operaia) e 14 scout. A presiedere la solenne celebrazione come delegato di papa Leone XIV, affiancato dall’arcivescovo di Parigi Laurent Ulrich, c’era il cardinale gesuita Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo. «Il martirio porta il messaggio che l’amore non passerà mai», ha evidenziato durante l’omelia, sottolineando che nell’oscurità del nazismo i martiri «sono riusciti a creare delle oasi di paradiso» nei campi in cui hanno prestato Servizio di lavoro obbligatorio. Una testimonianza importante, quella del «martirio per la libertà religiosa», «per l’avvenire della Chiesa in Europa», che diventa monito per i credenti oggi, richiamo alla «nostra responsabilità, al dovere della riconciliazione e della pace, un lavoro e una fatica che dobbiamo continuare insieme. Per questo sono contento che siano presenti anche vescovi tedeschi, per costruire in Europa una comunione di fratellanza».
Il postulatore della causa di beatificazione, avviata dall’episcopato francese nel 1988, è il premostratense padre Bernard Ardura, che ha spiegato: «Questi 50 martiri sono tra le migliaia di giovani volontari cristiani che risposero alla chiamata della Chiesa ad accompagnare e fornire sostegno umano e spirituale alle centinaia di migliaia di giovani costretti a recarsi in Germania per “partecipare allo sforzo bellico” del Terzo Reich. Lo Stato francese istituì, il 16 febbraio 1943, il Servizio di lavoro obbligatorio, che avrebbe dovuto mobilitare per due anni giovani, lavoratori o studenti, nati tra il 1920 e il 1922». Il cardinale Emmanuel Suhard, arcivescovo di Parigi, «lanciò un appello urgente ai vescovi di Francia, ai superiori religiosi e ai movimenti di Azione Cattolica, invitandoli a inviare giovani cattolici disposti a svolgere un apostolato fraterno e clandestino tra i giovani francesi costretti al lavoro forzato».
Si formò così la “Missione San Paolo” con sacerdoti diocesani, religiosi, seminaristi, scout e membri dell’Azione Cattolica, contro i quali il Reich scatenò «un vero e proprio decreto di persecuzione» per il loro servizio spirituale. «Furono arrestati, spesso torturati, alcuni massacrati, altri morirono di fame, tifo o altre malattie legate alla prigionia, e altri ancora perirono durante l’infernale “marcia della morte” quando i nazisti, di fronte all’avanzata dell’Armata Rossa, tentarono di evacuare i prigionieri dai campi di concentramento». Fra loro anche i frati minori Gérard Cendrier, Paul Le Ber, Joseph Paraire e Xavier Boucher: «Avevano tra i 24 e i 26 anni, uniti in fraternità tra loro e con gli operai francesi che assistevano sino alla fine, sino alla morte. Un grande esempio di luce e di speranza», ha commentato fra Massimo Fusarelli, ministro generale dei frati minori presente fra i concelebranti. Fra Paraire morì di dissenteria il 26 aprile 1945 «sull’infernale treno della morte che per 28 giorni viaggiò da Buchenwald verso Dachau. Durante il trasporto alcuni frati agonizzanti, presi da grazia sovrannaturale, iniziarono a intonare con voci quasi impercettibili il Cantico delle Creature: tra loro fra Paraire.
Nemmeno la macchina di morte nazista riuscì a spegnere il canto della creazione», commenta fra Fusarelli, puntualizzando che «i frati non facevano estetica spirituale, ma compivano un atto di resistenza evangelica al male. Nel Giubileo della speranza diventano intercessori per tutti coloro che – sono tanti anche oggi – attraversano prove insuperabili».
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