Leone XIV: «Non c’è futuro basato su violenza, esilio forzato e vendetta»

Ieri il monito del Papa ai governanti, perché siano «non usino la ricchezza contro l’uomo, trasformandola in armi». Stasera la Veglia di preghiera per la pace delle associazioni cattoliche a Roma.
September 21, 2025
Leone XIV: «Non c’è futuro basato su violenza, esilio forzato e vendetta»
«Non c’è futuro basato sulla violenza, sull’esilio forzato, sulla vendetta. I popoli hanno bisogno di pace: chi li ama veramente, lavora per la pace». Nella domenica che ha preceduto un giorno di mobilitazione e scioperi in Italia e in Europa, oggi, contro la guerra a Gaza, durante l’Angelus papa Leone XIV ha continuato, con ostinazione, a puntare il dito contro chi promuove la guerra e non ferma le armi. Salutando le associazioni cattoliche «impegnate nella solidarietà con la popolazione della Striscia di Gaza» che erano presenti in piazza San Pietro ieri, ha ringraziato per le iniziative «che in tutta la Chiesa esprimono vicinanza ai fratelli e alle sorelle che soffrono in quella terra martoriata». Sul lungo striscione colorato, portato in piazza, tra gli altri, da rappresentanti di Agesci, Azione Cattolica, Caritas, Movimento dei Focolari, Pax Christi Italia, ACLI della diocesi di Roma, c’era scritto «Pace per Gaza». Stasera, poi, alle 19.30 le associazioni si ritroveranno, insieme alla comunità di Sant’Egidio, nella basilica di Santa Maria in Trastevere, a Roma, per una veglia di preghiera per la pace.
L'egoismo che genera i conflitti
Di grande attualità, ancora una volta, tra egoismo e bene comune, è il brano di Vangelo di Luca, proposto dalla liturgia di ieri, con la parabola, ha sottolineato il Papa durante la preghiera mariana, che «ci fa riflettere sull’uso dei beni materiali e, più in generale, su come stiamo amministrando il bene più prezioso di tutti, che è la nostra stessa vita». Si può scegliere di «seguire il criterio dell’egoismo, mettendo la ricchezza al primo posto e pensando solo a noi stessi», ma questo «sparge il veleno di una competizione che spesso genera conflitti». Oppure, ha aggiunto papa Leone, «possiamo riconoscere tutto ciò che abbiamo come dono di Dio da amministrare, e usarlo come strumento di condivisione, per creare reti di amicizia e solidarietà, per edificare il bene, per costruire un mondo più giusto, più equo e più fraterno».
Non si trasformi la ricchezza in armi che distruggono
Il monito, anche e soprattutto ai potenti della Terra, è chiaro: «un giorno saremo chiamati a rendere conto di come abbiamo amministrato noi stessi, i nostri beni e le risorse della terra, sia davanti a Dio sia davanti agli uomini, alla società e soprattutto a chi verrà dopo di noi». E proprio ieri, con la Lettera di San Paolo a Timòteo, proposta dalla liturgia, tutta la Chiesa ha pregato «perché i governanti delle nazioni siano liberi dalla tentazione di usare la ricchezza contro l’uomo, trasformandola in armi che distruggono i popoli e in monopoli che umiliano i lavoratori», ha sottolineato il Pontefice, con fermezza, durante l’omelia della Messa che ha presieduto prima dell’Angelus, nella piccola parrocchia vaticana di Sant’Anna, retta dagli Agostiniani. «Chi serve Dio diventa libero dalla ricchezza, ma chi serve la ricchezza ne resta schiavo! - ha detto -. Chi cerca la giustizia trasforma la ricchezza in bene comune, chi cerca il dominio trasforma il bene comune nella preda della propria avidità». Anche di pace e bene comune, oggi il Papa parlerà in udienza con il presidente della Repubblica federale tedesca, Frank-Walter Steinmeier, che sarà ricevuto in udienza in mattinata.
Non essere remissivi davanti al dramma dei popoli
Durante la celebrazione di ieri, a cui hanno partecipato anche il nuovo priore generale dell’Ordine degli Agostiniani, padre Joseph Farrell e il parroco di Sant’Anna, padre Mario Millardi, Prevost ha esortato a «non essere remissivi» davanti al «dramma» di «interi popoli» che «vengono oggi schiacciati dalla violenza e ancor più da una spudorata indifferenza, che li abbandona a un destino di miseria». Il Papa, che da cardinale nel luglio 2024 aveva celebrato la Messa nell’antica chiesa, istituita parrocchia e affidata ai religiosi nel 1929 da Pio XI, ha incoraggiato i confratelli «a perseverare con speranza in un tempo seriamente minacciato dalla guerra» e ad «annunciare con la parola e con le opere che Gesù è il Salvatore del mondo, Colui che ci libera da ogni male».
La conversione del cuore per progettare una società migliore
Dunque, ha continuato Leone, nel Vangelo «Gesù pone un’alternativa nettissima tra Dio e la ricchezza», chiedendo a ciascuno «di prendere una chiara e coerente posizione: “non potete servire Dio e la ricchezza”». Non si tratta «di una scelta contingente, come tante altre» ma di «decidere un vero e proprio stile di vita», di «scegliere dove porre il nostro cuore, di chiarire chi sinceramente amiamo, chi serviamo con dedizione e qual è davvero il nostro bene». La Parola del Signore, infatti, ha concluso il Papa, «non contrappone gli uomini in classi rivali, ma sprona tutti a una rivoluzione interiore, una conversione che inizia dal cuore». Solo così «si apriranno le nostre mani: per donare, non per arraffare. Allora si apriranno le nostre menti: per progettare una società migliore, non per scovare affari al miglior prezzo».
I saluti dopo l’Angelus
Il Papa ha ringraziato per la presenza in piazza san Pietro i pellegrini delle diocesi di Mindelo (Capo Verde) e di Como, poi gruppi arrivati dall’Angola, dalla Polonia, da Ciudad Real in Spagna, da Porto in Portogallo e da Mwanza in Tanzania. Poi ancora i fedeli di Sora, Pescara, Macerata, San Giovanni in Marignano, Venezia, Bassano del Grappa, Santa Caterina Villarmosa, Taranto, Somma Vesuviana, Ponzano Romano e vari gruppi della diocesi di Padova.
Ha salutato i sacerdoti della Compagnia di Gesù, della Società di San Vincenzo de’ Paoli. Poi il coro dell’Ordine degli Avvocati di Verona, il coro femminile di Malo, a Vicenza, la Fondazione Oasi Nazareth di Corato, l’associazione H-Earth Mani e Cuore. Infine ha ricordato nella preghiera le persone malate di Alzheimer e di atassìa.

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