Il Papa: in Terra Santa una scintilla di speranza. Soffro per l’Ucraina
di Giacomo Gambassi, Roma
Leone XIV all’Angelus chiede a israeliani e palestinesi di proseguire il dialogo per arrivare alla pace. L’appello dopo l’escalation di attacchi in Ucraina: «Uccisi anche i bambini, mettere fine alla violenza»

La soddisfazione per la «scintilla di speranza in Terra Santa» che si è accesa dopo l’accordo sul cessate il fuoco a Gaza. Il «dolore» per i «nuovi, violenti attacchi che hanno colpito città e infrastrutture civili in Ucraina». La necessità della «sicurezza di tutti i lavoratori». Leone XIV guarda alle urgenze del mondo nell’Angelus che guida domenica in piazza San Pietro dopo la Messa per il Giubileo della spiritualità mariana. Celebrazione che il Papa conclude con l’atto di affidamento a Maria. Al suo «Cuore immacolato» il Pontefice affida «il mondo intero e tutta l’umanità, specialmente i figli tormentati dal flagello della guerra»; poi chiede di indicare «la via della riconciliazione e del perdono» e di «ottenerci il dono della pace che tanto imploriamo».

All’Angelus il primo pensiero va alla Terra Santa e alla tregua raggiunta fra Israele e Hamas. «Incoraggio le parti coinvolte a proseguire il percorso tracciato verso una pace giusta, duratura e rispettosa delle legittime aspirazioni del popolo israeliano e del popolo palestinese», dice il Papa. Poi ricorda che i due anni di conflitto «hanno lasciato ovunque morte e macerie, soprattutto nel cuore di chi ha perso brutalmente i figli, i genitori, gli amici, ogni cosa. Con tutta la Chiesa sono vicino al vostro immenso dolore». Leone XIV è consapevole di avere di fronte una terra lacerata. «A Dio, unica Pace dell’umanità, chiediamo di guarire tutte le ferite e di aiutare con la sua grazia a compiere ciò che umanamente ora sembra impossibile: riscoprire che l’altro non è un nemico, ma un fratello a cui guardare, perdonare, offrire la speranza della riconciliazione».

Poi l’Ucraina dove non si vedono spiragli all’orizzonte dopo oltre tre anni e mezzo di invasione russa. Il Papa condanna l’escalation di bombardamenti che stanno «provocando la morte di persone innocenti, tra cui bambini, e lasciando moltissime famiglie senza elettricità e riscaldamento. Il mio cuore si unisce alla sofferenza della popolazione, che da anni vive nell’angoscia e nella privazione». Da qui il nuovo «appello a mettere fine alla violenza, a fermare la distruzione, ad aprirsi al dialogo e alla pace». Infine il richiamo alle «vittime negli incidenti sul lavoro» nel giorno in cui in Italia si ricordano le “morti bianche” e l’invito ad avere posti di lavoro sicuri.

Il Papa sceglie il Giubileo della spiritualità mariana per mettere in guardia da una fede soltanto esteriore che resta chiusa nelle sagrestie e non si fa carità. «Esistono forme di culto che non ci legano agli altri e ci anestetizzano il cuore», ammonisce Leone XIV durante la Messa che presiede domenica mattina in piazza San Pietro. «La grazia di Dio – afferma – può anche raggiungerci e non trovare risposta, può guarirci e non coinvolgerci. Guardiamoci, dunque, da quel salire al tempio che non ci mette alla sequela di Gesù». Non solo. Il Pontefice spiega che non si è buoni cristiani se «non viviamo veri incontri con coloro che Dio pone sul nostro cammino; non partecipiamo, come ha fatto Maria, al cambiamento del mondo e alla gioia del Magnificat». Da qui il monito: «Guardiamoci da ogni strumentalizzazione della fede, che rischia di trasformare i diversi – spesso i poveri – in nemici, in “lebbrosi” da evitare e respingere». E tiene a chiarire che la spiritualità mariana «ci impegna a ricolmare di beni gli affamati, a innalzare gli umili, a ricordarci la misericordia di Dio e a confidare nella potenza del suo braccio». Perché «il cammino di Maria è dietro a Gesù, e quello di Gesù è verso ogni essere umano, specialmente verso chi è povero, ferito, peccatore. Per questo la spiritualità mariana autentica rende attuale nella Chiesa la tenerezza di Dio, la sua maternità».

Piazza San Pietro è affollata di pellegrini che si allungano fino all’inizio di via della Conciliazione. Segno della devozione alla Vergine che unisce generazioni e nazioni. Il Papa lo definisce un «cenacolo» e chiede di fondare la propria appartenenza alla Chiesa «sulla Scrittura e sulla tradizione». Nel sagrato della Basilica Vaticana, accanto all’altare, c’è ancora la statua originale della Madonna di Fatima arrivata dal Portogallo. È la quarta volta che lascia il santuario per venire a Roma: la prima è stata nel 1984 per il Giubileo straordinario della Redenzione nel 1984, quando Giovanni Paolo II aveva consacrato il mondo al Cuore immacolato di Maria; la seconda volta nel grande Giubileo del 2000; e la terza nell’ottobre 2013, in occasione dell’Anno della fede con papa Francesco.
Nell’omelia Leone XIV sottolinea che «la spiritualità mariana, che nutre la nostra fede, ha Gesù come centro. Come la domenica, che apre ogni nuova settimana nell’orizzonte della sua Risurrezione dai morti». E il Papa esorta proprio a riscoprire il senso e il valore della domenica: «Bisogna che la domenica ci renda cristiani, riempia cioè della memoria incandescente di Gesù il sentire e il pensare, modificando il nostro vivere insieme, il nostro abitare la terra. Ogni spiritualità cristiana si sviluppa da questo fuoco e contribuisce a renderlo più vivo».
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