Il Papa: «Il cattivo giornalismo racconta solo il male»
di Mimmo Muolo
Non cancellate le storie di bene, è l'appello di Francesco, che invita a sviluppare l'intelligenza naturale e a scrivere il futuro. «La comunicazione cattolica non sia una setta. Facciamo uscire Gesù»

Prima una serie di domande per stimolare la riflessione. Poi l'indicazione di lavorare insieme e fare rete, con l'invito a preoccuparsi più dell'intelligenza naturale da sviluppare, rispetto a quella artificiale. Così il Papa ha accolto, oggi, 27 gennaio, all'indomani del Giubileo del mondo della comunicazione, i presidenti delle Commissioni episcopali per le comunicazioni sociali e i direttori dei relativi Uffici all'interno delle Conferenze episcopali.
Le domande innanzitutto. «In che modo seminiamo speranza in mezzo a tanta disperazione che ci tocca e ci interpella? Come curiamo il virus della divisione, che minaccia anche le nostre comunità? La nostra comunicazione è accompagnata dalla preghiera? O finiamo con il comunicare la Chiesa adottando soltanto le regole del marketing aziendale? Sappiamo testimoniare che la storia umana non è finita in un vicolo cieco? - ha proseguito - E come indichiamo una diversa prospettiva verso un futuro che non è già scritto? A me piace questa espressione scrivere il futuro - ha quindi sottolineato -. Tocca a noi scrivere il futuro. Sappiamo comunicare che questa speranza non è un'illusione? La speranza non delude mai; ma sappiamo comunicare questo? Sappiamo comunicare che la vita degli altri può essere più bella, anche attraverso di noi? Io posso, da parte mia, dare bellezza alla vita degli altri? E sappiamo comunicare e convincere che è possibile perdonare? È tanto difficile questo».
Secondo il Papa, «comunicazione cristiana è mostrare che il Regno di Dio è vicino: qui, ora, ed è come un miracolo che può essere vissuto da ogni persona, da ogni popolo. Un miracolo che va raccontato offrendo le chiavi di lettura per guardare oltre il banale, oltre il male, oltre i pregiudizi, oltre gli stereotipi, oltre sé stessi». E «questo, che per voi è un servizio istituzionale - ha detto rivolgendosi ai suoi interlocutori -, è anche vocazione di ogni cristiano, di ogni battezzato. Ogni cristiano è chiamato a vedere e raccontare le storie di bene che un cattivo giornalismo pretende di cancellare dando spazio solo al male. Il male esiste, non va nascosto, ma deve smuovere, generare interrogativi e risposte».
Francesco ha incoraggiato quindi a rafforzare la sinergia fra di voi, a livello continentale e a livello universale. A costruire un modello diverso di comunicazione, diverso per lo spirito, per la creatività, per la forza poetica che viene dal Vangelo e che è inesauribile». E ha esortato: «Pensiamo, allora, a quanto potremmo fare insieme, grazie ai nuovi strumenti dell'era digitale, grazie anche all'intelligenza artificiale, se anziché trasformare la tecnologia in un idolo, ci impegnassimo di più a fare rete. Vi confesso una cosa: a me preoccupa, più dell'intelligenza artificiale, quella naturale, quell'intelligenza che noi dobbiamo sviluppare».
Infine un messaggio diretto proprio a chi opera negli uffici della comunicazione sociale. «La comunicazione cattolica non è qualcosa di separato, non è solo per i cattolici - ha ammonito il Pontefice -. Non è un recinto dove rinchiudersi, una setta per parlare fra noi, no! La comunicazione cattolica è lo spazio aperto di una testimonianza che sa ascoltare e intercettare i segni del Regno. È il luogo accogliente di relazioni vere. Chiediamoci: sono così i nostri uffici, le relazioni fra noi? La nostra rete è la voce di una Chiesa che solo uscendo da sé stessa ritrova sé stessa e le ragioni della propria speranza. La Chiesa deve uscire da sé stessa. A me piace pensare a quel passo dell’Apocalisse, quando Signore dice: "Io sto alla porta e busso". Questo lo dice per entrare. Ma adesso, tante volte il Signore bussa da dentro perché noi, i cristiani, lo facciamo uscire! E noi tante volte prendiamo il Signore soltanto per noi. Dobbiamo fare uscire il Signore – bussa alla porta per uscire – e non averlo un po’ “schiavizzato” per i nostri servizi. I nostri uffici, le relazioni fra noi, la nostra rete, sono proprio di una Chiesa in uscita?".
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