Il Papa: «I potenti abbiano l'audacia del disarmo»
di Giacomo Gambassi, Roma
Il Rosario per la pace in piazza San Pietro davanti alla statua della Madonna di Fatima. «La pace non è deterrenza ma fratellanza; non è frutto di vittorie, ma di giustizia e perdono». Il richiamo: dai popoli sale un anelito contro le guerre. Sui negoziati: «Coraggio, avanti»

La Madonna di Fatima attraversa piazza San Pietro. Sono le cinque di oggi pomeriggio. I foulard bianchi che vengono sventolati in alto dai 30mila pellegrini di oltre cento Paesi intorno al Colonnato di Bernini accolgono la statua originale della Vergine arrivata a Roma dal santuario del Portogallo per il Giubileo della spiritualità mariana. La Madonna apparsa ai tre pastorelli che chiedeva di pregare per la pace invocando il Cuore immacolato di Maria. Ed è un grido di pace quello che si alza durante la Veglia presieduta da Leone XIV e scandita dalla recita del Rosario. Il Papa lo traduce facendo risuonare il monito di Gesù a Pietro nell’orto degli ulivi: «Metti via la spada». Un monito che il Pontefice ripete più volte nella sua meditazione. «Disarma la mano e prima ancora il cuore - afferma -. Come già ho avuto modo di ricordare in altre occasioni, la pace è disarmata e disarmante. Non è deterrenza, ma fratellanza, non è ultimatum, ma dialogo. Non verrà come frutto di vittorie sul nemico, ma come risultato di semine di giustizia e di coraggioso perdono».
La Veglia si tiene a pochi giorni dall’accordo fra Israele e Hamas sul cessate il fuoco a Gaza. Leone XIV elogia gli «operatori di pace». E dice: «Coraggio, avanti, in cammino, voi che costruite le condizioni per un futuro di pace, nella giustizia e nel perdono; siate miti e determinati, non lasciatevi cadere le braccia. La pace è un cammino e Dio cammina con voi. Il Signore crea e diffonde la pace attraverso i suoi amici pacificati nel cuore, che diventano a loro volta pacificatori, strumenti della sua pace».

Non arrivano, invece, segnali di distensione dalla guerra in Ucraina. Congelate le trattative fra Mosca e Kiev. Ecco il richiamo di Leone XIV a chi guida le nazioni e a chi scatena o alimenta le guerre: «Metti via la spada è parola rivolta ai potenti del mondo, a coloro che guidano le sorti dei popoli. Abbiate l’audacia del disarmo. Ed è rivolta al tempo stesso a ciascuno di noi, per farci sempre più consapevoli che per nessuna idea, o fede, o politica noi possiamo uccidere». E denuncia: «I grandi del mondo si costruiscono imperi con il potere e il denaro. Dio non fa così: il Maestro non ha troni, ma si cinge un asciugamano e s’inginocchia ai piedi di ciascuno. Il suo impero è quel poco di spazio che basta per lavare i piedi dei suoi amici e prendersi cura di loro». Quindi cita le Beatitudini. «Beati voi: Dio regala gioia a chi produce amore nel mondo, gioia a quanti, alla vittoria sul nemico, preferiscono la pace con lui». Certo, tiene a ribadire il Papa, la riconciliazione parte dal basso, dall’impegno di tutti nel quotidiano. «Da disarmare prima di tutto è il cuore perché, se non c’è pace in noi, non daremo pace».

All’inizio Leone XIV lascia una Rosa d’oro ai piedi della statua della Madonna che per la quarta volta è uscita dal santuario di Fatima per essere nell’Urbe. E spiega il senso dell’appuntamento che lui stesso ha voluto in prima persona: una preghiera per raccogliere l’«anelito di pace che sale dall’umanità» e per chiedere di diventare «artigiani di pace» in «un mondo lacerato da lotte e discordie», chiarisce in apertura della liturgia. Ogni decina del Rosario è accompagnata dalla lettura di un brano della Lumen gentium, la costituzione conciliare in cui viene trattato anche il ruolo di Maria nella Chiesa per sottolineare l’anniversario dell’apertura del Vaticano II avvenuta l’11 ottobre 1962. «Maria, come un segnale indicatore, orienta oltre sé stessa, mostra che il punto di arrivo è il Signore Gesù», afferma il Pontefice. E la definisce «la guida del nostro pellegrinaggio nella speranza». Poi aggiunge: «Attraverso di lei, donna addolorata, forte, fedele, chiediamo di ottenerci il dono della compassione verso ogni fratello e sorella che soffre e per tutte le creature. Guardiamo alla Madre di Gesù e a quel piccolo gruppo di donne coraggiose presso la Croce, per imparare anche noi a sostare come loro accanto alle infinite croci del mondo, dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli, per portarvi conforto, comunione, aiuto». E legge i versi di una poesia di padre David Maria Turoldo, servo di Maria, in cui ammoniva sui «figli mai finiti di uccidere».

Durante le litanie l’intera piazza si inginocchia, come fa il Papa. L’adorazione eucaristica fa seguito al Rosario nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria liturgica di Giovanni XXIII, il Pontefice del Concilio. Leone XIV chiede di «guardare il mondo dal basso, con gli occhi di chi soffre, non con l’ottica dei grandi», di «guardare la storia con lo sguardo dei piccoli e non con la prospettiva dei potenti», di «interpretare gli avvenimenti della storia con il punto di vista della vedova, dell’orfano, dello straniero, del bambino ferito, dell’esule, del fuggiasco». E mette in guardia: «Altrimenti non cambierà mai niente e non sorgerà un tempo nuovo, un regno di giustizia e di pace». Quella pace che in troppi angoli del pianeta ancora manca.
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