Così Francesco parlava della morte: un po' di paura, poi sarà festa

Diceva che pur essendolo la fine dell'esistenza non viene mai sentita come un evento naturale. In silenzio davanti alla tragedia di Auschwitz. L'aneddoto sul vescovo in agonia
April 20, 2025
Così Francesco parlava della morte: un po' di paura, poi sarà festa
Vatican Mddia | Papa Francesco al cimitero del Commonwealth
Inutile negarlo, la morte fa paura ma «attraversata la porta c’è la festa». Con questo pensiero, umanissimo e al tempo stesso visitato dalla teologia che cala nel presente la fede pensata, papa Francesco chiuse l’Udienza generale del 24 agosto 2022, ultimo atto di un ciclo dedicato alla vecchiaia. Quella legata alla fine del pellegrinaggio terreno è una riflessione che non è comparsa spesso negli interventi pubblici del Pontefice appena scomparso, com’era nel suo stile di pastore attento soprattutto alle emergenze della vita maltrattata e ferita, non alla sua conclusine naturale, comunque interpretata come un itinerario complesso che si conclude sempre in un abbraccio d’amore. Il che non esclude i gesti forti davanti alla tragedia di esistenze distrutte senza colpa alcuna, di vittime del tutto innocenti. Come capitò per la scelta di restare in silenzio di fronte alla memoria dello sterminio di Auschwitz, come il discorso sul dovere delle lacrime, pronunciato durante il primo viaggio a Lampedusa nel 2013 davanti ai familiari dei migranti morti in mare,
In ogni caso, pur essendolo, la morte non ci appare mai naturale. È sempre uno strappo, una frattura, un morso che fa male. E non basta a vincerlo neppure la solidarietà che può venire dalla sofferenza condivisa, né le fa argine la fraternità nel dolore. L’unica terapia è la fede, radicata nella preghiera e sostenuta dall’attenzione agli altri. «Nascere e rinascere nella fede» – disse Bergoglio il 17 giugno 2025 – questo ci dà credere. Perché la nostra speranza è «che tutti i cari che se sono andati, il Signore ce li restituirà e noi ci incontreremo con loro». Ma malgrado questo, «non si deve negare il diritto al pianto (dobbiamo piangere nel lutto): anche Gesù scoppiò in pianto e fu profondamente turbato per il grave lutto di una famiglia che amava. Possiamo piuttosto attingere dalla testimonianza semplice e forte di tante famiglie che hanno saputo cogliere, nel durissimo passaggio della morte, anche il sicuro passaggio del Signore, crocifisso e risorto, con la sua irrevocabile promessa di risurrezione dei morti. Il lavoro dell’amore di Dio è più forte del lavoro della morte. È di quell’amore che dobbiamo farci complici operosi, con la nostra fede!».
Si tratta allora di preparare la morte con una buona vita, spendendosi per Dio e per i fratelli, a cominciare dagli ultimi, dai poveri, dagli scartati, rinunciando a mettere sé stessi al centro. L’incontro con il Signore si prepara lasciando in secondo piano i propri interessi. Ricordo l’agonia di un vescovo in Argentina – raccontò il Pontefice in un’intervista tv a don Marco Pozza – che malgrado fosse alla fine restava in vita. Andai anch’io a visitarlo. «Poi entrò un prete e cinque minuti dopo» ci fu la scomparsa. Cosa gli hai detto, domandai tempo dopo al prete, nel frattempo diventavo a sua volta vescovo. «Gli ho detto di lasciarsi andare, di avere fiducia, che non aveva senso restare attaccato alla vita». È bello, aggiunse il Papa. «Gli ha fatto capire il senso della morte». Un significato che non è facile comprendere. Anche quando l’esistenza, per naturale evoluzione dell’età, vira verso il termine. Tutti ci domandiamo, aggiunse papa Francesco il 24 agosto 2022, «quando verrà il mio Signore? Quando potrò andare là? Un po’ di paura perché questo passaggio non so cosa significa e passare quella porta dà un po’ di paura ma c’è sempre la mano del Signore che ti porta avanti e attraversata la porta c’è la festa. Siamo attenti – proseguì Francesco - voi cari “vecchi” e care “vecchiette”, coetanei, siamo attenti, Lui ci sta aspettando, soltanto un passaggio e poi la festa».

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