venerdì 2 ottobre 2020
Oggi nella Cattedrale della più settentrionale fra le grandi città del Paese, la prima ordinazione episcopale dal 1537
La chiesa cattedrale di Trondheim, dedicata a sant'Olav

La chiesa cattedrale di Trondheim, dedicata a sant'Olav

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Dire che l’attesa è stata lunga suona quantomeno banale, oltre che riduttivo. Perché qui non si tratta di giorni, di mesi, o di decenni ma di secoli. Quasi cinque. È infatti dal 1537, quando la diocesi fu soppressa a seguito alla Riforma protestante, che Trondheim, terza città della Norvegia, non ospita un’ordinazione episcopale. Un digiuno che adesso sta per essere spezzato. Oggi infatti nella Cattedrale dedicata a sant’Olav, l’antico re patrono del Paese, l’abate cistercense Erik Varden sarà consacrato pastore della Chiesa locale. Il settimo da quando la Chiesa fu reistituita, prima come prefettura e vicariato apostolico, poi, nel 1979, come prelatura territoriale, vale a dire la configurazione attuale. Con il solenne rito del 3 ottobre si conclude anche l’assenza di un vescovo cattolico titolare durata undici anni, dall’8 giugno 2009, giorno delle dimissioni di monsignor Georg Müller cui subentrò come amministratore apostolico Markus Bernt Eidsvig, arcivescovo di Oslo.

Erik Varden

Erik Varden - katholsk.no

Nato il 13 maggio 1974 a Sarpsborg, monsignor Varden è entrato nell’Ordine dei cistercensi della rigorosa osservanza il 20 aprile 2004 emettendo i voti perpetui il 6 ottobre di cinque anni più tardi. Ordinato sacerdote il 16 luglio 2011, fino al 2015 è stato abate di Mount Saint Bernhard nel Leichestershire (Regno Unito). Il 1° ottobre 2019 infine la nomina a vescovo prelato di Trondheim con la consacrazione episcopale inizialmente prevista per il 4 gennaio scorso ma rimandata a causa dei problemi di salute dello stesso monaco, adesso pienamente ristabilitosi. «È una grande responsabilità – ha sottolineato in una nota Varden – ma anche un privilegio e una fonte di gioia». Obiettivi chiari anche per quanto riguarda il programma pastorale: «In un tempo sempre più segnato dall’indifferenza e dal cinismo, dalla disperazione e dalla divisione, il nostro compito è indicare la luce che nessuna oscurità può spegnere, alimentare la buona volontà, lasciarci riconciliare, aiutare una comunità costruita sulla fiducia a testimoniare che la vita è significativa, bella, inviolabile». Naturalmente la Chiesa locale tutta è in fermento per l’appuntamento odierno, condizionato anche dalle misure anti Covid. Così per consentire la massima partecipazione possibile, il rito sarà trasmesso in streaming sul sito katolsk.no, mentre ciascuna delle cinque parrocchie presenti sul territorio diocesano allestirà maxischermi e riceverà una grande torta decorata con il monogramma, il simbolo grafico del neo vescovo.

Sarà un momento di festa condivisa che apre però una stagione condizionata dalla pandemia con il suo richiamo a recuperare l’essenziale, i valori, i principi davvero importanti. «Qualche anno fa – ha scritto Varden – ho visitato in Irlanda uno dei monasteri del mio Ordine», una casa religiosa il cui futuro sembrava incerto. A un vecchio monaco sul letto di morte, un uomo buono e chiaroveggente – prosegue Varden – chiesi se lo faceva soffrire vedere messo a rischio il lavoro di tutta una vita. «Non ho preoccupazioni per il monastero – fu la riposta –, quello che fa male è che Cristo sta per scomparire dall’Irlanda». «La dichiarazione – commenta il vescovo eletto – mi ha scioccato. Quanto è importante sapere cosa conta davvero!». Discernimento che verosimilmente porterà il presule a individuare nel dialogo uno degli elementi centrali del suo servizio episcopale all’interno di un territorio a larga maggioranza luterana. L’ecumenismo via necessaria dunque per una comunità cattolica che oggi conta circa 16mila fedeli, distribuiti nelle contee di Trøndelag e Møre og Romsdal e in cinque parrocchie, rispettivamente a Trondheim, Levanger, Kristiansund, Ålesund e Molde. «Ho saputo della nomina a vescovo il 19 settembre festa di Teodoro di Canterbury (o di Tarso) che era un monaco come me – ha scritto Varden – e a cui, mi è stato ricordato, fu chiesto di lasciare in spirito di obbedienza uno stile di vita e dei fratelli che amava teneramente». Nato in Cilicia il santo monaco divenne arcivescovo di Canterbury nel 669 e lì «rappresentò una benedizione, un segno dell’unità della Chiesa» – spiega Varden –. Una esempio che il nuovo vescovo prelato vuole far diventare impegno, in modo da ancorare la comunità ecclesiale a «un terreno solido», alla «roccia che è Cristo stesso, in obbedienza alla chiamata che abbiamo ricevuto».

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