mercoledì 18 luglio 2018
L'arcivescovo di Torino ricorda che troppe rivelazioni che parevano clamorose si sono dimostrate inattendibili. Il caso dei nuovi test sulle macchie di sangue
L'arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, davanti alla Sindone (Ansa)

L'arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, davanti alla Sindone (Ansa)

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Non è la prima volta che, intorno alla Sindone, si agitano i clamori delle rivelazioni scientifiche destinate soprattutto ai mass media. Sulla più recente ha deciso di intervenire il Custode del Telo, Cesare Nosiglia. In una “riflessione” pubblicata sul sito ufficiale www.sindone.org l’arcivescovo di Torino invita a ragionare pacatamente sulle scoperte e sulle loro ricadute mediatiche, invocando due criteri importanti: la scientificità e la neutralità. Perché in passato molte delle “rivelazioni clamorose” annunciate si sono poi rivelate “scientificamente inattendibili”. Quando invece, per il custode, «gli studi e le ricerche - se condotte con criteri di scientificità e senza ipotesi pregiudiziali - stimolano a un confronto sereno e costruttivo, a conferma di quanto affermava san Giovanni Paolo II: “La Sindone è una costante provocazione per la scienza e l’intelligenza”».

La Sindone (il telo che secondo la tradizione avrebbe avvolto il corpo di Cristo deposto dalla croce), come provocazione all’intelligenza e come «specchio del Vangelo» fu l’immagine forte che il Papa polacco offrì nella sua meditazione di fronte al Telo, nel corso della memorabile visita del 24 maggio 1998. Ed è questo il riferimento forte da cui il custode si muove per invitare, indirettamente, anche il mondo della scienza a condurre il proprio lavoro con criteri di «neutralità», cioè senza «ipotesi pregiudiziali» che finiscono per condizionare la ricerca stessa. Si tratta di conoscere meglio la Sindone anche da un punto di vista scientifico, non di farne strumento per affermare un qualche successo personale…

Perché la Sindone rimane, prima di tutto, «icona della Passione». Nosiglia, nella seconda parte della sua riflessione, ribadisce con forza il carattere primario del “dono” che la Sindone rappresenta, per la Chiesa torinese e per quella universale: «Tutto ciò (le questioni scientifiche, ndr) non inficia minimamente il significato spirituale e religioso della Sindone quale icona della passione e morte del Signore come l’ha definita l’insegnamento dei Pontefici. Nessuno può negare l’evidenza del fatto che contemplare la Sindone è come leggere le pagine di Vangelo che ci raccontano la passione e morte in croce del Figlio di Dio (…) Questo è sempre stata ed è tutt’oggi la ragione per cui milioni e milioni di fedeli in tutto il mondo venerano, pregano e contemplano la Sindone e ne traggono speranza per la loro vita di ogni giorno». È in questa prospettiva che si colloca la “venerazione straordinaria" della Sindone che si terrà la sera del 10 agosto nel Duomo di Torino: un appuntamento spirituale dedicato ai giovani delle diocesi del Piemonte che, nella notte, partiranno per Roma a incontrarsi con papa Francesco, nell’ambito della preparazione al Sinodo dei giovani.

L’arcivescovo di Torino non interviene direttamente nel merito del più recente “scoop” sulle colature di sangue riscontrare sul Telo sindonico. Ma sul sito ufficiale compare, dopo la riflessione dell’arcivescovo, un breve testo del professor Paolo Di Lazzaro, direttore di ricerca dell’Enea di Frascati e vicedirettore del Centro internazionale di Sindonologia di Torino (leggi anche questo articolo). Si fa riferimento alla pubblicazione di risultati sugli esperimenti condotti nel 2014 dai professori Borini e Garlaschelli, secondo i quali le “colature di sangue” presenti sul Telo sindonico non sarebbero tutte riconducibili alle posizioni che può assumere il corpo di un uomo crocifisso. In sostanza, secondo tale studio alcune delle macchie corrispondono alle posizioni anatomiche di un corpo crocifisso, mentre altre non sono compatibili con i risultati della sperimentazione. Il profesor Di Lazzaro ricorda però come le condizioni dell’esperimento siano molto diverse da quelle presenti sulla Sindone: «non tengono conto infatti – scrive Di Lazzaro – della presenza sulla pelle dell’uomo della Sindone di terriccio, sporcizia, sudore, ematomi da flagellazione e nemmeno della accentuata viscosità del sangue dovuta alla forte disidratazione. Non è possibile pensare di riprodurre condizioni realistiche delle colature di sangue sul corpo di un crocifisso senza considerare tutti questi fattori che vanno a influenzare in modo importante il percorso delle colature di sangue».

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