mercoledì 3 novembre 2021
Il 4 novembre la visita all'Istituto Zaccaria (750 studenti), erede di una grande tradizione culturale che risale ai tempi di san Carlo Borromeo, del quale il convento conserva reliquie e scritti
L'arcivescovo Delpini

L'arcivescovo Delpini - Fotogramma

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Il profondo egame tra i padri Barnabiti e l'arcidiocesi di Milano risale a ben oltre quattro secoli fa e, in particolare, fu molto fruttuosa durante l'episcopato di san Carlo Borromeo quando questi si avvalse molto dell'impegno della congregazione nella formazione dei giovani religiosi nel difficile periodo della Controriforma, dopo il Concilio di Trento. E dal 1608 i Barnabiti si impegnarono a Milano in modo decisivo anche sul fronte dell'educazione dei laici.

L’Istituto Zaccaria è l'erede di questa tradizione scolastica barnabitica e questo giovedì, 4 novembre, festa liturgica di san Carlo Borromeo, riceverà la visita dell’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, presso la sede di via della Commenda 5, a partire dalle 11.45.

“Sono trascorsi quasi 25 anni – sottolinea padre Ambrogio Valzasina, rettore dell’Istituto – dall’ultima visita dell’arcivescovo alla nostra comunità e alla scuola: siamo tutti desiderosi di accoglierlo, incontrarlo e ascoltare la sua parola”. Oggi l’istituto milanese comprende i primi tre cicli d’istruzione: primaria, secondaria di primo grado e liceo (classico, scientifico e linguistico) e accoglie oggi 750 studenti.

In particolare l’occasione di questo incontro con la comunità dello Zaccaria è scaturita da due necessità legate proprio alla figura di san Carlo: l’intitolazione al santo della rinnovata sala lettura della biblioteca e la chiusura della ricognizione canonica delle numerose reliquie del santo che i Barnabiti conservano nel convento di San Barnaba da oltre 400 anni.

Come già detto, infatti, negli anni del proprio episcopato nella Chiesa Ambrosiana (1564-1584), san Carlo fu grande estimatore dei Barnabiti: coltivò una grande amicizia con i padri Alessandro Sauli (poi preposito generale della Congregazione, vescovo di Aleria in Corsica, quindi vescovo di Pavia e santo nel 1904) e Carlo Bascapè, suo stretto collaboratore e principale biografo; si avvalse della loro opera pastorale per la riforma della diocesi ed elesse il convento di San Barnaba a una sorta di ‘eremo’ di preghiera e silenzio presso il quale, ogni anno, trascorreva anche settimane intere a pregare e digiunare, facendo vita comune con i religiosi.

San Carlo aveva presso il convento una propria camera da letto (ora non più esistente) che utilizzava a necessità e presso la quale conservava oggetti e abiti di uso quotidiano che, alla sua morte, sono rimasti custoditi e venerati dai padri Barnabiti fino a oggi. Oltre a questi, l’archivio storico dei Barnabiti raccoglie qui oltre cinquanta scritti autografi del santo, tra lettere e minute.

In occasione della visita dell’arcivescovo tutte le reliquie sono state pulite e restaurate (le spese dell’intervento sono state sostenute dall’Istituto Zaccaria, dall’associazione di volontariato dei ragazzi ‘Zaccharis’ e da alcune famiglie benefattrici) e ricollocate nelle rinnovate nicchie della cripta della chiesa di San Barnaba. L’intervento di ricognizione è stato presieduto, per delega dell’arcivescovo, da monsignor Giordano Ronchi, arcidiacono del Duomo e custode delle sacre reliquie dell’Arcidiocesi.

Per questa occasione l’ex alunno Alessandro Giugni, fotografo, ha omaggiato l’Istituto di una mostra fotografica dal titolo ‘Sulle tracce di san Carlo’: un viaggio nei luoghi della vita del santo (dal 4 novembre al 4 dicembre presso la veranda del convento – ore 9.00-17.00). È disponibile il catalogo con la presentazione di Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano.

A dicembre, infine, sarà pubblicato un testo scientifico che conterrà anche la prima edizione critica degli autografi di san Carlo conservati a San Barnaba dal titolo ‘Splendor sanctitatis – memorie e reliquie borromaiche a San Barnaba in Milano", con contributi di Stefano Bodini, Emanuele Colombo, Emanuele Ghelfi e Marco Navoni e con la prefazione dell’arcivescovo Mario Delpini.

Il Rettore dell’Istituto Zaccaria, ricomprendendo l’evento in un ambito squisitamente culturale, rileva come “la cultura è qualità della vita. Perciò vogliamo offrire ai nostri ragazzi iniziative e incontri stimolanti che li accompagnino a credere nel loro talento e nelle loro capacità: saper ragionare bene e saper fare bene – insieme ai valori forti che sono trasmessi con la cultura – sono un tesoro prezioso che non risentirà mai di alcuna crisi, pandemia o restrizione. Di questo siamo convinti, ma siamo anche ottimisti: crediamo che l’entusiasmo che quotidianamente mettiamo nel nostro lavoro sia un piccolo seme pronto a germogliare al tempo opportuno e un valido passaporto per l’avvenire dei nostri ragazzi”.

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