sabato 16 settembre 2017
Il vescovo segretario del C9, fa un bilancio del lavoro compiuto. «Esaminati tutti i dicasteri, ma non per tutti sono già state formalizzate proposte».
«Riforme? Curia ora adeguata ai nostri tempi»
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In quattro anni 21 sessioni, la più recente delle quali si è svolta questa settimana. Cioè 63 giorni di lavoro e 122 riunioni. Già da questi numeri si può comprendere l’ampiezza dell’impegno del C9, il gruppo di cardinali consiglieri del Papa per la riforma della Curia e non solo. «Siamo a tre quarti del cammino», afferma il vescovo di Albano, Marcello Semeraro, che dell’organismo è il segretario. Ma con una precisazione: «Tre quarti quanto alle proposte da presentare al Santo Padre. In sostanza il Consiglio dei cardinali ha già esaminato tutti i dicasteri della Curia, ma non per tutti sono già state formalizzate delle proposte».

Vi siete dati dei tempi per portare a termine il lavoro?
Abbiamo programmato incontri fino al dicembre del 2018. Di dicasteri per i quali non è stata ancora fatta alcuna proposta al Papa ne rimangono due o tre. In qualche caso la proposta dovrà essere rivista. E infine occorrerà sicuramente dare uno sguardo di insieme, un po’ come quando si finisce di scrivere un testo e si rilegge il tutto. I passi successivi per la completa attuazione spettano naturalmente al Papa. Ricordo ad esempio che Giovanni Paolo II, prima di promulgare la sua riforma della Curia, consultò le conferenze episcopali.

Nel frattempo si andrà ancora avanti con la metodologia dell’attuazione per stralci?
A me piace parlare di rodaggio, che in qualche modo è tipico di una Chiesa sinodale, cioè di una Chiesa che ascolta, come disse papa Francesco nel discorso del 17 ottobre 2015. Il C9 si è messo subito in questo atteggiamento di ascolto, non solo dei documenti, ma anche delle persone, coinvolgendo gli attuali capi dicastero. I singoli cardinali, inoltre, nelle loro sedi hanno sentito vescovi, sacerdoti e laici e raccolto ulteriori suggerimenti. Insomma siamo di fronte a un work in progress.

Rodaggio significa che anche quelle parti della riforma già in vigore potrebbero subire ulteriori cambiamenti?
Nel comunicato dei lavori della XXI sessione, diffuso mercoledì, si afferma che «i cardinali hanno eseguito una rilettura degli Statuti del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, nato il 1° settembre 2016». Ecco il rodaggio. Verificare se tutto funziona bene ed eventualmente intervenire. Ma questo non deve stupire, perché è in linea con la tradizione della Santa Sede. Francesco ha scelto di non aspettare la fine dei lavori di revisione, ma di avviare nuove realtà, ritenute più urgenti. Ma anche le grandi riforme del secolo scorso, varate con un solo atto legislativo (Pio X dopo l’unità d’Italia, Paolo VI dopo il Concilio, Giovanni Paolo nel 1983) hanno avuto il loro rodaggio. E anche quei Papi che non hanno riformato la Curia hanno apportato singole modifiche. Pio XI istituì per esempio la Congregazione per i Seminari. Benedetto XVI il Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. La Curia Romana è da sempre un organismo vivo. E i cambiamenti non sono dogmi, ma una risposta alle esigenze dei tempi.

Finora sono nati il Consiglio e la segreteria per l’economia, la segreteria per la comunicazione, il dicastero per i laici, la famiglia e la vita e il dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, frutto di accorpamenti di precedenti organismi. Ci saranno altri accorpamenti da qui al termine dei lavori?
È probabile che ce ne siano, ma naturalmente l’ultima parola spetta al Papa. Il Consiglio dei cardinali sta procedendo secondo i criteri che egli stesso ha indicato: fedeltà alla storia e continuità con il passato, innovazione per rispondere alle mutate esigenze dei tempi, concentrazione al fine di individuare ciò che è davvero necessario per la Chiesa universale.


Perché per varare i nuovi organismi si è preferito chiamarli segreteria, consiglio o genericamente dicastero?
Paolo VI nella sua riforma introdusse i segretariati, che con Giovanni Paolo II divennero Pontifici Consigli. Il termine congregazione è invece più antico, più classico. Qual è oggi la differenza? Teoricamente le Congregazioni esercitano una giurisdizione normalmente vicaria, talvolta anche con una potestà delegata, in ogni caso sempre in nome del Santo Padre. I Pontifici Consigli sono invece organismi di promozione pastorale, di studio e di consultazione. Tuttavia la distinzione non è sempre così netta. Prima, ad esempio, già il Pontificio Consiglio per i laici approvava gli statuti di associazioni e movimenti ecclesiali. Anche al Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione Benedetto XVI ha affidato la facoltà di emanare norme riguardo all’insegnamento della catechesi. Così si è scelta la più comprensiva parola dicastero, peraltro già usata da Pastor bonus all’articolo 1. Essa, per di più, abolisce efficacemente la falsa convinzione che vi siano dicasteri di serie A (le Congregazioni) e di serie B (i Pontifici Consigli). Pastor bonus oltre tutto già dice chiaramente che i dicasteri sono giuridicamente pari tra di loro. Ogni dicastero ha quella autorità che il Papa dà a ciascuno all’atto della sua costituzione.

E la parola segreteria?
La parola segreteria è intermedia e al momento la si è scelta per dare il nome a realtà nuove con maggiore operatività. Prendiamo per esempio la Segreteria per la comunicazione. Essa ha il compito di unificare in una realtà strutture molto diverse tra loro. Ha assorbito il Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, ereditandone i compiti teologico-pastorali e sta mettendo in atto la concentrazione di Radio Vaticana, Ctv, Libreria editrice vaticana, Osservatore Romano, tipografia vaticana, Sala Stampa della Santa Sede e altre realtà. Anche in questo caso siamo di fronte a "lavori in corso".

Alcuni sono rimasti sorpresi per il fatto che il Papa abbia per il momento riservato a se stesso la responsabilità riguardo ai migranti.
Si meraviglia solo chi non conosce la storia. Qui siamo proprio nell’ambito della tradizione. Ad esempio, fino a Pio XII, e ancora con Giovanni XXIII, il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede si chiamava segretario del Sant’Uffizio, perché il prefetto era il Papa. C’è stato un periodo in cui il Papa era anche prefetto della Congregazione per le cause dei santi. Che Francesco si sia riservato questa più diretta responsabilità significa dunque che pur non essendoci più un Pontificio Consiglio ad hoc ciò non vuol dire che la Chiesa non presti più attenzione al fenomeno. Anzi.

Cambierà qualcosa all’interno della struttura della Segreteria di Stato?
La riflessione è in corso. C’è stata un’ampia consultazione e del resto la presenza nel C9 del cardinale Parolin è segno che la Segreteria di Stato è un punto di riferimento, in quanto organismo precipuo (ma non l’unico) di consultazione da parte del Papa. È ipotizzabile qualche cambiamento soprattutto al fine di rendere più efficace il suo servizio. Inoltre il Consiglio dei cardinali è più volte tornato e continua a riflettere sulla figura, il ruolo e i compiti dei nunzi apostolici.

Qualcuno tempo fa aveva parlato di un moderatore di curia. Che esito ha avuto questa proposta?
La denominazione forse non è appropriata, perché questa figura è prevista dal diritto canonico per le curie diocesane e la Curia Romana non è una curia diocesana. Del resto alcuni compiti di coordinamento la Pastor Bonus già li attribuisce al sostituto della Segreteria di Stato. Ma l’esigenza c’è soprattutto in ordine alla gestione del personale.

Servirebbe dunque una sorta di capo del personale come nelle aziende?
Mutatis mutandis, penserei di sì. Come chiamarlo, dove collocarlo e altro sono questioni aperte e deciderà il Papa, ma certo il problema resta. Serve cioè una figura di sollecito e di coordinamento, perché la Curia oggi non può lavorare con i tempi e le modalità del passato.

Qual è stato in questi quattro anni il ruolo del Papa all’interno del C9?
Ascolto attento e partecipe. Tra l’altro egli è stato vescovo di una grande città dell’America Latina e quindi ha uno sguardo sulle cose spesso diverso da quello di noi europei. Questo sguardo "altro" è molto utile. Dunque la sua non è una presenza del tipo "sto a sentire tutti, ma poi decido io a prescindere". E’ un ascolto rispettoso. Talvolta interviene dicendo la sua esperienza oppure manifestando il suo pensiero dopo quello dei cardinali: "Anch’io sarei di questo parere". Il Papa non è un burocrate, ma un pastore. E finora per tutto ciò che è stato fatto, ha recepito quello che hanno detto i cardinali.

Il C9 continuerà anche dopo la conclusione del lavoro di riforma?
Il compito primario del C9 non è la riforma della Curia, ma quello di consigliare il Papa nel governo della Chiesa universale. Dunque penso che il suo lavoro continuerà anche oltre.

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