sabato 29 gennaio 2022
Il 6 gennaio scorso si è concluso a Bologna il Giubileo dedicato al grande santo, morto 800 anni fa
Il 6 gennaio 2021 l’inizio del Giubileo a Bologna con Zuppi

Il 6 gennaio 2021 l’inizio del Giubileo a Bologna con Zuppi

COMMENTA E CONDIVIDI

Il 6 gennaio scorso si è concluso a Bologna il Giubileo per gli 800 anni dalla morte (1221-2021), la “nascita al cielo” di san Domenico di Guzmán (1170-1221). Un evento e un anno di grazia per tutta la Famiglia domenicana che ha avuto come cuore e apice ideale delle celebrazioni proprio il convento e la Basilica patriarcale di Bologna dedicata al santo spagnolo, originario di Caleruega, dove spirò in una “semplice e anonima cella” – “presa in prestito” da un confratello fra’ Moneta da Cremona – il 6 agosto 1221.


«Un evento che ci ha aiutato a risvegliare uno dei nostri carismi: la predicazione»

L’anno giubilare dal titolo “A tavola con San Domenico” – che ha visto tra gli altri la partecipazione alle celebrazioni più solenni e significative l’arcivescovo di Bologna il cardinale Matteo Zuppi e il maestro dell’Ordine dei predicatori il filippino fra’ Gerard Francisco Timoner – ha avuto un inizio e una fine quasi simbolica proprio nel giorno dell’Epifania.

«Non è un caso che l’anno giubilare sia iniziato il 6 gennaio 2021 e si sia concluso nel giorno dell’Epifania dell’anno successivo – è l’argomentazione del bresciano fra’ Fausto Arici da poco eletto come priore del convento patriarcale di San Domenico a Bologna – perché per noi frati questa data ha un grande significato: la liturgia dell’Epifania ci riporta alle origini del nostro Ordine mendicante. Si racconta infatti attraverso una delle nostre antiche fonti interne le Vitae fratrum che il Signore apparve a dei giovanissimi frati delle nostre prime comunità e consegnò loro la liturgia del giorno: quella dell’Epifania che è divenuta così da allora il “modello liturgico ideale” per eccellenza per il nostro Istituto». E annota su questo particolare un dettaglio sconosciuto ai più: «Non è un caso che il nostro santo patriarca Domenico sia spesso raffigurato con una stella sul capo che rievoca in fondo la stella cometa che ci conduce verso la Mangiatoia di Betlemme: cioé quasi ad indicare a tutti noi frati la via di incamminarci verso il Verbo incarnato....».

Un «anno di grazia e di prova» ma anche «travagliato» – a causa del Covid-19 – secondo padre Arici teologo moralista per formazione che per ben 8 anni (2013-2021) ha guidato da priore la provincia di San Domenico (composta da circa 140 frati del Nord Italia e con una sezione distaccata in Turchia) – che ha permesso di fare memoria delle origini ma anche di ripensare al carisma dell’Ordine nato in contemporanea con quello del Poverello di Assisi. «Il Giubileo come ci suggerisce la Scrittura non è solo un anniversario, una festa da celebrare ma è il fare memoria di qualcosa di speciale per la nostra storia. Come ci indica il libro del Levitico un “Giubileo” deve servire a “tornare in possesso di ciò che serve per vivere”: cioè di ridare slancio e vitalità alle nostre vite, nel caso specifico di noi frati e figli di san Domenico, per liberare così nuove energie, attraverso i nostri carismi più tipici come lo studio, la predicazione la vita comune, a favore degli altri».


Momenti clou delle celebrazioni, incominciate con l’Epifania dell’anno scorso,
sono state le Eucaristie alla presenza del cardinale Zuppi e del maestro dell’Ordine dei predicatori
il filippino fra’ Timoner

Un “anno speciale” dunque vissuto con gratitudine e gioia proprio dai membri del convento patriarcale di Bologna che è la più numerosa comunità religiosa dell’Emilia-Romagna. «In effetti tra i doni più grandi di questo Giubileo – sottolinea fra’ Arici – è anche nel numero dei frati in formazione che sono 25. Si tratta di un nucleo di giovani che hanno deciso di spendere la loro vita nel solco di Domenico. Il mio augurio? È che perseverino fino al sacerdozio e ai voti solenni e che possano sperimentare in questi anni un’esperienza di vita religiosa significativa che non tradisca le loro aspettative di vocazione».

Vero motore di queste celebrazioni e autentico filo conduttore del Giubileo – oltre alla Lettera di papa Francesco “Domenico, predicatore di grazia” – è stata la riattualizzazione, in chiave evangelica, del dipinto della “Tavola della Mascarella” a Bologna dove sorse la prima comunità dei frati, ai tempi di Domenico. «Quel dipinto, ora in restauro all’opificio delle pietre dure di Firenze – osserva il religioso che dal 2021 è anche preside della Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna (Fter) – ci racconta il miracolo della moltiplicazione dei pani da parte del capostipite del nostro Ordine. Una “tavola” che ci riporta idealmente al banchetto eucaristico ma che ci rievoca anche il senso dell’agape fraterna». E osserva a questo proposito: «Nell’immagine iconografica di questa tavola presieduta da Domenico i convenuti sono seduti due a due proprio come due sono gli apostoli inviati in missione dopo aver spezzato il Pane insieme». Nella convivialità e nell’agape fraterna come ha sottolineato il maestro dell’Ordine Timoner può risiedere il senso più intimo e più significativo di questo Giubileo.

«Credo di sì – è la riflessione finale di fra’ Arici – perché in fondo nel momento della refezione per noi frati e in particolare per questo “Anno di grazia” – abbiamo fatto memoria dei nostri confratelli defunti e abbiamo recitato, come tradizione prima di ogni pranzo, il “De Profundis” volendo ricordare chi ci ha preceduto nella nostra missione di frati predicatori. Lo stare a tavola insieme, come ci ha ricordato Timoner, non è stato per noi solo il consumare il pasto di tutti i giorni, ma un momento alto quello di partecipare già da ora al pasto della vita eterna».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: