mercoledì 10 marzo 2021
Fondati nel 1121 da san Norberto di Xanten, si chiamano ufficialmente «canonici regolari premostratensi».
San Norberto di Xanten, fondatore dei canonici regolari premostratensi

San Norberto di Xanten, fondatore dei canonici regolari premostratensi - .

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Mondaye ( Normandia) Di bianco vestiti, sono finiti da 9 secoli nel mirino dei peggiori sconquassi della storia europea, come le guerre alle frontiere fra l’Europa latina e quella di ceppo sassone, o le persecuzioni della Rivoluzione francese.

Eppure, da quel lontano 1121 in cui san Norberto di Xanten scelse la Francia del Nord per fondare un ordine sotto la regola di sant’Agostino, i canonici premostratensi proseguono la loro aratura spirituale.

Al punto che, com’è esistito un farsi di radice francese dell’anima cristiana continentale ad opera dei monaci cistercensi e cluniacensi, l’Europa è dal Medioevo pure norbertina.

Basti pensare che nel Duecento, l’ordine contava ben 600 case, dal Portogallo alla Danimarca, dalla Bretagna fino a Cipro, toccando tangenzialmente anche l’Italia. Eppure, fra gli itinerari culturali d’ispirazione spirituale recentemente istituiti, manca l’Europa norbertina.

Per le celebrazioni dei 900 anni, lungo tutto il 2021, è appena uscita in Francia una storia organica dell’ordine che vuole colmare tanti vuoti, intitolata sobriamente L’ordre de Prémontré (Salvator) e scritta da padre Dominique-Marie Dauzet, canonico regolare premostratense.

«In 900 anni, imperialismi, conflitti, rivoluzioni di ogni sorta hanno minacciato di distruggere i premostratensi», sottolinea il presbitero, che visitiamo all’abbazia di Mondaye, in Normandia, oggi principale cuore pulsante della Francia norbertina e luogo ideale per rievocare la storia dell’ordine, la cui geografia dall’Ottocento è divenuta intercontinentale, grazie a fondazioni in Paesi come Stati Uniti, Brasile e India.

Dal 1937 la sede centrale dell’Ordine è a Roma dove risiede l’abate generale, il belga Jos Wouters che per l’occasione ha inviato un messaggio per i 900 anni dalla nascita dei norbertini. Da questi orizzonti lontani, Covid permettendo, giungeranno in estate a Mondaye tutti i giovani premostratensi, per un incontro speciale che prevede celebrazioni pure presso il sito d’origine norbertino: la valle cruciforme di Prémontré (non lontano da Reims), dove san Norberto istituì la prima comunità nel Natale 1121.


Nati in Normandia, hanno nell’abbazia di Mondaye il centro principale
Sono presenti anche in Brasile, Usa e India

«Rispetto all’estensione passata, giungiamo a quest’anniversario modestamente, ma con molta riconoscenza per la bellezza dell’intuizione della vita canonicale», nota padre Dauzet, riferendosi all’ordine odierno, che vede fiorire vocazioni principalmente fuori dall’Europa. All’abbazia, incontriamo anche padre François-Marie Humann, abate di Mondaye, che osserva: «Quelli che fanno più cose non sono necessariamente quelli che fanno più rumore ».

Un riferimento ai tanti tesori poco noti dei premostratensi, compresi quelli che brillano di luce riflessa, come ricorda la statua di santa Teresa di Gesù Bambino, nel chiostro dell’abbazia.

Nel 1897, dopo la decisione di farli leggere fuori dal Carmelo di Lisieux, i manoscritti della futura santa furono affidati, un mese dopo la morte, proprio al priore dell’epoca di Mondaye, Godefroy Madelaine, che firmò nel 1898 la prefazione della prima edizione di Storia di un’anima.

Ma solo 5 anni dopo, durante una nuova fiammata transalpina di virulenza anticlericale, lo stesso Madelaine fu espulso dalla Francia e dovette riparare in Belgio, potendo tornare a Mondaye solo dopo la Prima Guerra Mondiale.

Quest’ultimo susseguirsi rapido di colpi di scena, fra luce abbagliante e buio profondo, ricorda in scala ridotta pure gli altri secoli premostratensi, segnati da «pagine gloriose e momenti estremamente difficili», ricorda padre Dauzet.

Scegliendo il bianco per l’abito, san Norberto non volle solo distinguersi dai cistercensi vestiti di scuro del suo amico san Bernardo di Chiaravalle: «Il bianco simboleggia la povertà, dato che i primi norbertini erano vestiti con lana grezza non colorata, ma pure gli angeli della Risurrezione», sottolinea il presbitero, ricordando la potenza simbolica di questo messaggio di speranza, capace di convincere decine di comunità religiose locali già esistenti, in tutta Europa, ad aggregarsi ai norbertini: «Nei testi premostratensi medievali e in descrizioni di altri autori dotti, il nuovo ordine di Norberto è percepito come il luogo in cui vivono gli angeli che pregano cantando, il luogo del desiderio d’una vita angelica. Dal Medioevo, questa liturgia cantata contribuisce all’unità dell’ordine».

Nella California dei supercalcolatori, i norbertini conoscono oggi un’espansione che colma di stupore il volto di padre Dauzet, reduce da una tournée statunitense, presso comunità anche femminili dedite all’insegnamento: «Proprio nel nuovo mondo, una forma di vita così antica torna ad attirare tanti giovani. E sa a cosa hanno pensato per prima cosa costruendo una nuova splendida chiesa a Orange? Hanno chiesto a un ebenista di disegnare gli stalli del coro».

La fecondità di vocazioni è forte pure in India, dove invece l’ordine svolge spesso funzioni ospedaliere, nel quadro di una spiccata adattabilità premostratense nell’assumere missioni diverse.

All’abbazia di Grimbergen, in Belgio, i canonici premostratensi hanno persino appena ripreso a produrre fra le proprie mura la birra al luppolo, famosa nel mondo intero, che porta il loro nome: «Anche così, la Chiesa piena di vita sognata da san Norberto continua a parlare al mondo».

Padre Humann: «Coniughiamo spirito e azione»​

Istallarsi. Ovvero, letteralmente, insediarsi in uno stallo del coro ligneo. Quello della chiesa che si è scelto di servire fino alla morte, facendo voto di stabilità e promettendo solidarietà a una data comunità locale di presbiteri dediti ad evangelizzare il territorio circostante.

Per comprendere la specificità della vita dei canonici sotto la regola di sant’Agostino, talora confusa con quella monacale con cui presenta aspetti comuni, occorre rifarsi a una spiritualità in cui l’altare della chiesa è compreso, oltre che come cuore del culto divino, pure come luogo di partenza dell’opera apostolica quotidiana di una comunità di consacrati impegnati nell’irrigare la fede, assumendo la guida di parrocchie o il cappellanato di carceri e altre istituzioni, organizzando ritiri spirituali o svolgendo altre missioni richieste dai vescovi.


Il ruolo della comunità. «Ci ispiriamo alla prima che sorse a Gerusalemme»

Padre Humann, abate di Mondaye, sottolinea: «La nostra pastorale è vissuta in comunità nello spirito degli apostoli. La vita apostolica è prima di tutto una vita come gli apostoli, superando la frontiera fra vita contemplativa e apostolato attivo. Cerchiamo di conservare lo spirito della prima comunità di Gerusalemme. Quegli apostoli che avevano un solo cuore e una sola anima e mettevano tutto in comune. Risuona così nella vita canonicale l’annuncio dell’invio delle prime coppie di apostoli per predicare il Vangelo».


«Rispetto al mondo monacale, a cui la regola di san Benedetto ha conferito
l’ideale supremo di una vita solitaria per Dio,
l’ideale di Agostino è un’esperienza di Dio
tramite i fratelli. Mai nulla da soli»

Padre Dauzet conferma che «un canonico regolare si riconosce anche dall’attaccamento al coro di una chiesa». A proposito delle differenze rispetto ai monaci, osserva: «Rispetto al mondo monacale, a cui la regola di san Benedetto ha conferito l’ideale supremo di una vita solitaria per Dio, l’ideale di Agostino è un’esperienza di Dio tramite una comunità che prega e canta, la quale mediatizza il rapporto con Dio.

L’esperienza di Dio tramite i fratelli. Mai nulla da soli». Ciò implica un’importanza molto spiccata del capitolo in ogni abbazia di canonici, così come quella del capitolo generale per ogni ordine di canonici.

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