mercoledì 5 giugno 2019
Domani avrebbe compiuto 91 anni. Era nato in provincia di Ancona nel 1928 e ordinato sacerdote nel 1952
Il cardinale Sgreccia (Siciliani)

Il cardinale Sgreccia (Siciliani)

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Non ha fatto in tempo a compiere 91 anni: è morto oggi, alla vigilia del suo compleanno, il cardinale Elio Greccia, il padre della bioetica cattolica italiana e uno dei maggiori bioeticisti a livello internazionale.

La parabola del seminatore (Mt 13) si presenta come una buona chiave di lettura della sua vita, narrata nel volume autobiografico «Contro vento. Una vita per la bioetica» (Effatà Editrice, pp. 200, € 14), pubblicato da pochi mesi. A proposito della parabola, più volte citata, Sgreccia sottolinea «la presenza di un particolare che spesso sfugge ai commentatori: la condizione di tutto è che il seminatore apra bene le mani quando semina e torni a casa con le mani vuote». Il vero seminatore «torna a casa la sera con le mani vuote perché ha donato tutto ciò che aveva, senza trattenere». Leggendo il libro si comprende che l'esplicito invito a seminare a braccia distese e mani aperte rivolto agli uomini e alle donne del nostro tempo Sgreccia lo ha rivolto anzitutto e a se stesso.

Nei diciassette capitoli che compongono l'autobiografia il cardinale ripercorre le tappe fondamentali della sua lunga vita: dall'infanzia nella campagna marchigiana (era nato a Nidastore, frazione di Arcevia, provincia di Ancona, il 6 giugno 1928) all'ordinazione sacerdotale nel 1952, dalla laurea in Lettere alla guida del seminario regionale di Fano, sino alla chiamata, nel 1973, a Roma, alla Facoltà di Medicina e Chirurgia «Agostino Gemelli» dell'Università Cattolica in qualità di assistente spirituale. È qui, negli anni della contestazione studentesca e degli accesi dibattiti sull'aborto, che Sgreccia, già impegnato nella rivista «Medicina e Morale», si dedica con passione alla fondazione di un Centro studi sulla famiglia.

E quando, dopo la nascita della prima bimba in provetta, il Consiglio d'Europa costituisce il primo «Comitato ad hoc di esperti sui problemi etici e giuridici della genetica umana» Sgreccia segue i lavori a nome della Santa Sede. Nei primi anni Ottanta, epoca nella quale non vi è alcuna facoltà in Europa che prepari i bioeticisti, inizia a insegnare bioetica tenendo una serie di seminari, sempre presso la Cattolica di Roma. Nel 1984, lavorando giorno e notte durante le vacanze estive, compone il celeberrimo «Manuale di Bioetica», un'opera che ha formato centinaia di bioeticisti in Italia e nel mondo (è stata tradotta in una ventina di lingue).

Schieratosi «per il personalismo di Paolo VI, del Concilio Vaticano II, di Maritain, di Mounier e di una serie di altri autori», rammentando le riflessioni di quell'estate, scrive: «Mi pronunciai per una fondazione metafisica dell'etica secondo cui l'uomo è uomo dal primo momento in cui si costituisce l'esistenza, e cioè dal concepimento: da quel momento in poi quello che verrà fuori sarà uomo e non avrà altro destino che l'uomo; da quel momento lì è uomo in tutto il suo valore. Quello che conta non è il fare, non è l'avere (inteso anche come avere le facoltà intellettive, fisiche, ecc.) ma l'esserci, perché tutto il resto presuppone l'esserci, sono sviluppi successivi. Da qui formulai la fondazione filosofica che stavo cercando e che inserii nel Manuale: il personalismo ontologicamente fondato. Tutto quello che andavo dicendo e tutto quello che scrissi nel Manuale prendeva origine da questo presupposto filosofico».

Alla Cattolica si decide di istituire la cattedra di bioetica: è la prima, in Italia, e Sgreccia è il docente. Nel 1993 viene ordinato vescovo da Giovanni Paolo II il quale lo nomina segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia e, successivamente, vicepresidente della neonata Accademia per la Vita (di cui è stato presidente emerito sino alla morte).

Sgreccia, che nel 1994 è tra gli organizzatori del primo Meeting internazionale delle famiglie, continua a insegnare, scrive saggi e articoli, tiene conferenze e corsi ovunque nel mondo. Nel 2010 viene colpito da un infarto. Non si ferma: crea la Fondazione «Ut vitam habeant» (era il suo motto episcopale) e, con l'Associazione Donum Vitae, si dedica alla promozione della «pastorale della vita», tema che gli stava particolarmente a cuore.

Nel restituire il cammino di una vita e di una vocazione, la sua autobiografia racconta anche le trasformazioni del costume avvenute negli ultimi decenni in Italia e il generoso impegno della Chiesa a favore della vita. Sgreccia, nel delineare le molteplici sfide che oggi attendono la bioetica, invita a seminare a mani larghe e si dice convinto che, «quando sorge un ostacolo, un problema al cammino dell'uomo, non ci si deve arrestare né nascondersi, né piegarsi agli eventi, ma opporre e dispiegare la vela alla ricerca di un approdo più valido, per una soluzione umanamente più piena e più alta di valore».

Ci lascia un padre e un maestro: restano i molti figli della sua anima e del suo pensiero, uomini e donne la cui strada nei diversi ambiti della bioetica è stata aperta dalla sua passione contagiosa per «portare frutto».

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