Il corpo del giudice Livatino, assassinato il 21 settembre 1990 - Archivio Ansa
Papa Francesco firma la prefazione al libro Rosario Angelo Livatino. Dal “martirio a secco” al martirio di sangue, a cura dell’arcivescovo di Catanzaro-Squillace Vincenzo Bertolone, edito da Morcelliana, sul giudice vittima della mafia che il 9 maggio sarà proclamato beato ad Agrigento.
«“Picciotti, che cosa vi ho fatto?”, riuscì a domandare, prima che il suo viso da Gesù bambino, come lo definì un suo amico, fosse deturpato dai proiettili» scrive il Papa, «erano le parole di un profeta morente, che dava voce alla lamentazione di un giusto che sapeva di non meritare quella morte ingiusta. Parole che gridavano contro gli Erodi del nostro tempo, quelli che, non guardando in faccia all’innocenza, arruolano perfino gli adolescenti per farli diventare killer spietati in missioni di morte. Grido di dolore e al tempo stesso di verità, che con la sua forza annienta gli eserciti mafiosi, svelando delle mafie in ogni forma l’intrinseca negazione del Vangelo, a dispetto della secolare ostentazione di santini, di statue sacre costrette ad inchini irriguardosi, di religiosità sbandierata quanto negata».
Il Pontefice auspica che «il buon odore di Cristo che si spande dal corpo martirizzato del giovane giudice diventi allora seme di rinascita – come già avvenuto per alcuni dei suoi sicari e mandanti, oggi sulla via della penitenza e della conversione – per tutti noi, in particolare per coloro che ancora vivono situazioni di violenza, guerre, attentati, persecuzioni per motivi etnici o religiosi, e vari soprusi contro la dignità umana».