La Madonna di Fatima sta attraversando le carceri italiane
È un viaggio silenzioso, quasi intimo quello che la statua di Maria sta compiendo nei penitenziari italiani. Don De Paoli: abbiamo accolto l'invito di papa Francesco di portare un raggio di sole

Si sta svolgendo in queste settimane un viaggio silenzioso, quasi intimo e carico di umanità che sta portando la statua della Madonna pellegrina di Fatima nelle carceri italiane. L’iniziativa, promossa dall’Apostolato mondiale di Fatima, ha preso avvio il primo luglio dall’Arghillà di Reggio Calabria. Attraverso numerosi luoghi della sofferenza, si snoderà lungo tutto il Paese per terminare domenica 31 agosto alla Giudecca di Venezia.
«Con questa proposta pastorale e spirituale – spiega don Vittorio de’ Paoli, assistente nazionale dell’Apostolato – vogliamo portare un raggio di sole nel buio delle carceri, illuminati da papa Francesco che, poco prima di morire, espresse il desiderio di condurre la statua laddove esiste dolore e afflizione, celebrando così il Giubileo della Speranza».
Infatti nella Bolla di indizione dell’Anno Santo 2025, “Spes non confundit” lo scomparso papa Francesco scriveva: «Siamo chiamati a essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio. Penso ai detenuti che, privati della libertà, sperimentano ogni giorno oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo e le restrizioni imposte. Offriamo loro un segno concreto di vicinanza che trova nella Madre di Dio la più alta testimone della speranza».
E poi non va dimenticato che l’attenzione di papa Bergoglio lo ha portato ad aprire una Porta Santa nel carcere di Rebibbia a Roma il 26 dicembre 2024, la seconda in ordine di tempo in questo Giubileo.
La statua è una delle immagini ufficiali realizzata secondo le indicazioni di suor Lucia, una dei tre pastorelli di Fatima, concessa dal rettore del Santuario portoghese appositamente per questo pellegrinaggio. Dal 1947 viaggia per il mondo, portando con sé un messaggio di pace, amore e preghiera. Ad accompagnare il cammino della Vergine è la “chitarra del mare”, usata anche dal musicista inglese Sting in alcuni dei suoi concerti. Si tratta di uno strumento realizzato dai detenuti del carcere di Secondigliano di Napoli con il legno delle barche cariche di migranti naufragati e morti in prossimità di Lampedusa.
«Vogliamo così ricordare – spiega don Vittorio – le persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo alla ricerca di un futuro migliore ma anche offrire un’opportunità per riflettere e pregare per loro».
Oltre a quelli di Reggio Calabria e Venezia, gli altri penitenziari coinvolti nel pellegrinaggio sono: Vibo Valentia, Saluzzo, Civitavecchia, Ferrara, Ancona, Pesaro, Varese, Padova e Verona. Tra le tappe del percorso si trovano anche i luoghi del disagio giovanile. Sono realtà collaterali al carcere come la comunità “Il cenacolo” di suor Elvira a Saluzzo; la clinica “Caminiti” di Villa San Giovanni; la casa-famiglia “Nazareth” di Vibo Valentia; la comunità per detenute “Don Guanella” a Barza d’Ispra sul lago Maggiore, la “Piccola città dell’Immacolata” di Genova. In alcune date saranno presenti anche i vescovi diocesani.
«Oggi posso testimoniare che davvero Maria sa parlare al cuore di ciascuno – prosegue don Vittorio – e che un figlio resta tale anche quando ha sbagliato». Durante il pellegrinaggio mariano saranno organizzate all’interno delle strutture detentive: celebrazioni eucaristiche, confessioni, recite del Rosario e catechesi sui messaggi di Fatima. «Finora abbiamo riscontrato una grande partecipazione e commozione dei detenuti, delle detenute e di tutti i soggetti coinvolti nell’ambito lavorativo carcerario – conclude don Vittorio - tutte persone che svolgono compiti difficilissimi ma fondamentali. Per questo ci teniamo a ringraziare gli agenti della polizia penitenziaria, il personale educativo e amministrativo, i direttori, i cappellani e i numerosi volontari. Abbiamo portato dietro le sbarre tanto amore ma altrettanto ora lo porteremo all’esterno».
«Con questa proposta pastorale e spirituale – spiega don Vittorio de’ Paoli, assistente nazionale dell’Apostolato – vogliamo portare un raggio di sole nel buio delle carceri, illuminati da papa Francesco che, poco prima di morire, espresse il desiderio di condurre la statua laddove esiste dolore e afflizione, celebrando così il Giubileo della Speranza».
Infatti nella Bolla di indizione dell’Anno Santo 2025, “Spes non confundit” lo scomparso papa Francesco scriveva: «Siamo chiamati a essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio. Penso ai detenuti che, privati della libertà, sperimentano ogni giorno oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo e le restrizioni imposte. Offriamo loro un segno concreto di vicinanza che trova nella Madre di Dio la più alta testimone della speranza».
E poi non va dimenticato che l’attenzione di papa Bergoglio lo ha portato ad aprire una Porta Santa nel carcere di Rebibbia a Roma il 26 dicembre 2024, la seconda in ordine di tempo in questo Giubileo.
La statua è una delle immagini ufficiali realizzata secondo le indicazioni di suor Lucia, una dei tre pastorelli di Fatima, concessa dal rettore del Santuario portoghese appositamente per questo pellegrinaggio. Dal 1947 viaggia per il mondo, portando con sé un messaggio di pace, amore e preghiera. Ad accompagnare il cammino della Vergine è la “chitarra del mare”, usata anche dal musicista inglese Sting in alcuni dei suoi concerti. Si tratta di uno strumento realizzato dai detenuti del carcere di Secondigliano di Napoli con il legno delle barche cariche di migranti naufragati e morti in prossimità di Lampedusa.
«Vogliamo così ricordare – spiega don Vittorio – le persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo alla ricerca di un futuro migliore ma anche offrire un’opportunità per riflettere e pregare per loro».
Oltre a quelli di Reggio Calabria e Venezia, gli altri penitenziari coinvolti nel pellegrinaggio sono: Vibo Valentia, Saluzzo, Civitavecchia, Ferrara, Ancona, Pesaro, Varese, Padova e Verona. Tra le tappe del percorso si trovano anche i luoghi del disagio giovanile. Sono realtà collaterali al carcere come la comunità “Il cenacolo” di suor Elvira a Saluzzo; la clinica “Caminiti” di Villa San Giovanni; la casa-famiglia “Nazareth” di Vibo Valentia; la comunità per detenute “Don Guanella” a Barza d’Ispra sul lago Maggiore, la “Piccola città dell’Immacolata” di Genova. In alcune date saranno presenti anche i vescovi diocesani.
«Oggi posso testimoniare che davvero Maria sa parlare al cuore di ciascuno – prosegue don Vittorio – e che un figlio resta tale anche quando ha sbagliato». Durante il pellegrinaggio mariano saranno organizzate all’interno delle strutture detentive: celebrazioni eucaristiche, confessioni, recite del Rosario e catechesi sui messaggi di Fatima. «Finora abbiamo riscontrato una grande partecipazione e commozione dei detenuti, delle detenute e di tutti i soggetti coinvolti nell’ambito lavorativo carcerario – conclude don Vittorio - tutte persone che svolgono compiti difficilissimi ma fondamentali. Per questo ci teniamo a ringraziare gli agenti della polizia penitenziaria, il personale educativo e amministrativo, i direttori, i cappellani e i numerosi volontari. Abbiamo portato dietro le sbarre tanto amore ma altrettanto ora lo porteremo all’esterno».
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