venerdì 18 aprile 2025
Nell'itinerario quaresimale del Servizio Cei per la tutela dei minori, le parole di mamme e papà che hanno vissuto in famiglia la tragedia dell'abuso da parte di un prete. Parla la presidente Griffini
Il Calvario dei genitori con figli abusati. «La Chiesa dia segni di giustizia»

foto Siciliani

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Ai piedi della croce di Gesù c’è anche la sofferenza delle vittime di abusi e dei loro familiari. Ci sono le madri, «tutte le madri, anche le madri di tanti figli abusati, violati nelle carne e violentati nella fiducia». Ci sono famiglie segnate dalla sofferenza che disintegra le relazioni e apre squarci di incomprensione, come quelle che portano nella propria identità il sigillo di un abuso subìto da due figli per mano di un sacerdote, una piaga che non annienta soltanto i minori ma sconvolge le dinamiche familiari e rende impossibile, anche in famiglia, tornare alla normalità dei rapporti. «Da anni stiamo provando senza sosta a ricostruire la nostra relazione, ma finora non è stato possibile». C’è anche questo strazio infinito davanti al patibolo del Venerdì Santo.

Il Servizio nazionale Cei per la tutela dei minori ha infatti preparato un itinerario quaresimale con il contributo delle vittime di abusi e dei loro familiari, lo stesso gruppo che si incontra periodicamente con i vescovi della presidenza della Cei. Nelle cinque domeniche di Quaresima è stata proposta una rilettura della storia di Giuseppe e dei suoi fratelli, la stessa icona utilizzata per la Giornata di preghiera a favore delle vittime di abusi che si celebra in novembre. Un altro contributo prezioso, “Maria vittima impegnata”, mette a fuoco il senso della Settimana Santa e della Domenica di Resurrezione. Mentre riflessioni toccanti, forse quelle che interrogano con maggiore drammaticità e maggior forza emotiva, sono dedicate al Venerdì e al Sabato Santo (si possono leggere integralmente sul sito del Servizio tutela minori della Cei).

«Ci piace leggere questi contributi per il Triduo come una nuova chiamata alla maternità perché si parla di madri e di donne – osserva Chiara Griffini, presidente del Servizio nazionale Cei per la tutela dei minori – che stanno ai piedi della croce dei loro figli crocefissi dalla Chiesa stessa». Potrebbe sembrare la celebrazione di una sconfitta senza rimedio ma, anche in questo caso, la caduta più atroce deve preparare la rinascita più luminosa perché, osserva ancora Griffini, attraverso questa sofferenza può davvero nascere una nuova fase ispirata al sentimento e impegno materno, quello di una Chiesa che sa prendersi cura sia dei genitori, sia dei figli feriti da parte di altri figli e di altre figlie della Chiesa stessa e generare una formazione permanente per prevenire ed educare».

Un rimando di simbolismi, quello evocato dalla presidente del Servizio Tutela – che non a caso di mestiere fa la psicologa – che caso tocca la carne viva delle persone, il loro vissuto più profondo, le loro sofferenze più inconfessabili. C’è anche da dire che tutto il percorso quaresimale, con la scansione dei vari sussidi, è stato pensato in prima battuta per la rete degli operatori dei Centri d’ascolto e dei Servizi diocesani per la tutela dei minori, per tre quarti proprio rappresentata da donne e madri. «Ecco perché rileggere le ore della Passione con lo sguardo di Maria e quindi della maternità di tutte le donne impegnate nel nostro Servizio – aggiunge Griffini – apre la strada a quella nuova espressione di maternità che la Chiesa intende esprimere nei confronti di tutti coloro che hanno vissuto l’esperienza atroce dell’abuso».

Nel sussidio preparato per il Venerdì Santo, “Volti che implorano compassione”, una coppia di genitori che portano ancora nella carne il segno di una sofferenza indicibile, racconta la vicenda dei due figli, «abusati sessualmente da un sacerdote carismatico, amico e guida spirituale della nostra famiglia e della nostra comunità, parroco e leader di un’aggregazione laicale». Un episodio sconvolgente che non ha soltanto lasciato solo «traumi esistenziali e sofferenze fisiche e psicologiche nei nostri figli, in noi genitori e nella comunità», ma ha anche provocato conseguenze spirituali devastanti, come «perdita della fede, abbandono della Chiesa, turbe nel sistema di credenza”. E, infine, ma non certo meno gravi, le ferite nella salute mentale, nelle relazioni interpersonali, le difficoltà psicosociali, i sensi di colpa. A dimostrazione che l’abuso in tutte le sue forme perpetrato da un uomo di Chiesa nei confronti di ragazze o ragazzi affidati alle sue cure diventa uno tsunami che travolge e annienta ogni aspetto dell’esistenza, sbriciola l’interiorità, sconvolge le relazioni. Questi nostri figli, scrivono ancora i genitori nel sussidio quaresimale, vivono in una condizione di instabilità, sospesi tra la rabbia e la disperazione. Un’incertezza che ha minato profondamente le relazioni familiari e che ancora oggi impedisce a genitori e figli di tornare a uno sguardo di reciproca fiducia. Da qui la speranza che la Chiesa – da cui in questo caso, sottolineano i genitori, non è arrivata alcuna offerta di aiuto – possa prendere ispirazione dal gesto di Gesù verso il cieco Bartimeo: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. Una richiesta di giustizia che davvero non può essere più ignorata.

Altrettanto forte il contenuto del sussidio per il Sabato Santo, “Per Maria, dalla croce di Gesù, una nuova chiamata alla maternità”. La riflessione, scritta da una madre il cui figlio è stato vittima di abusi, è un parallelismo di grande impatto tra il dolore di Maria e quello di tutte le mamme che vivono le sofferenze dei figli abusati. Gesù tace nella solitudine della croce, ma anche i figli abusati per sfiducia o per pudore «non consentono neppure ai familiari di raggiungerli sullo loro croce, forse perché non riuscirebbero a reggere la portata del proprio dolore, amplificato in quello dei propri cari». Sarebbe facile lasciarsi cogliere dalla disperazione, ma alle madri dei figli abusati viene chiesto di «non rassegnarsi a subire quanto accaduto, di non smettere di combattere gli abusi e le ingiustizie per i propri figli, ma anche per gli altri».

Infine “Maria vittima impegnata”, sussidio per la Settimana Santa e per la Domenica di Resurrezione, è una profonda lettura in controluce delle ferite visibili sul corpo del Risorto come richiamo delle ferite inferte da ogni abuso al corpo della comunità cristiana. «Un testo splendido – riprende Chiara Griffini – che apre uno squarcio nuovo che nasce dalla Parola di Dio, perché se la parola è qualcosa di cui l’abusatore si serve proprio per compiere gli abusi spirituali e di coscienza che precedono quelli sessuali, attraverso la testimonianza di una persona vittima di abusi, mostriamo come la Parola di Dio rappresenti quella risorsa, quella forza attraverso cui la Chiesa può curare e contribuire alla guarigione di chi, al suo interno, è stato ferito nella carne e nello spirito».


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